“Rage In Eden” assume spesso la densità di un canto religioso, spoglio però di archi e colonne, di luce e odori d'incenso.
La luce che filtra è quella del giorno, a qualsiasi ora, ma senza mai un raggio diretto di sole.
Il filtro è il grigio colore del vetro.
Il luogo fisico è la pietra fredda del cimitero.
I quattro musicisti scelgono dei momenti feroci per masticare disperazione.
La loro bravura è glaciale come il ricordo della morte di Lennon o di Marilyn (“I Remember - Death In The Afternoon”).
E tutto è sistematicamente vagliato dall'uso gelido delle tastiere e dalle percussioni elettroniche.
C'è più meditazione e meno improvvisazione, la registrazione dell’album ha richiesto tre mesi.
Billy Currie si sente sempre di più con i suoi influssi classicheggianti, tra Ciajkovskij e Bela Bartók, e col calore della sua viola.
(cit. P. De Bernardin)
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