Che Lawrence Muggerud, al secolo Dj Muggs, fosse un produttore estremamente eclettico, oltre che un immenso genio, era cosa assai nota, è ovvio citare le prime produzioni per la sua crew Cypress Hill (il capolavoro "Temples Of Boom" su tutti), e i suoi cd-solisti incentrati sulle collaborazioni coi nomi più illustri dell'Hip Hop, (come non citare la validissima saga "Soul Assassins").

Era altrettanto semplice notare come il dj italo americano viaggiasse constantemente anni luce avanti rispetto alla fitta schiera di colleghi, che in quel periodo si limitava ai ben collaudati clichè della doppia H. Lui? Campionamenti lirici, beat al limite della follia, skit indecifrabili a metà strada tra elettronica, sperimentale, ambient, TRIP HOP. Ecco, proprio il famigerato Bristol Sound è il genere che il carismatico Muggs abbraccia nel 2003 con la pubblicazione di "Dust". Tali composizioni non sono certamente nuove per quest'ultimo, a Muggs piace il genere, e si era capito da un pezzo, sia con le già citate skit strumentali che illuminavano gli album di B-Real & soci, che (e sopratutto) con l'album Juxtapose (progetto a due mani con il leggendario Tricky).

L'album, puo essere a grandi linee inquadrato sul genere di quest'ultimo, ma sarebbe quantomeno limitativo, conoscendo il personaggio era lecito aspettarsi sperimentazioni di ogni genere, sterzate su altri mondi, completamente differenti dal glorioso genere che tanto rese ai vari Massive Attack, Portishead. Non è difficile infatti imbattersi in episodi psichedelici quali "Dead Flowers", frangenti mirati al rock ("Faded", "Rain"), ma anche beat Hip Hop (leggasi "Fat City") che ci ricordano che comunque nasce prima di tutto come produttore HH. Atmosfera minacciosa e plumbea, stramazzi di dolori, accordi deprimenti, beat ossessivi, campionamenti disturbati, voci fatate, atmosfera esageratamente Dark, pane quotidiano per il nostro eroe, tutte scelte stilistiche espresse in gran parte dei suoi lavori, e che lo hanno reso senza dubbio il beatmaker più insolito della storia dell'Hip Hop. La sempre presente matrice elettronica ricorre anche su questo lavoro solista, e brani come "Shadows", "Cloudly Days" con i loro suoni spaziali, o la suadente glitchambient "Niente", ne sono la prova più concreta. I grandi ospiti non mancano, Everlast (già parte degli House Of Pain, progetto che per un certo periodo ha visto coinvolto anche Muggs nelle vesti di dj), mette la firma su "Gone For Good"), Josh Todd dei Buckcherry appare nei brani più rockeggianti, Amy Trujillo, presta la sua voce sensuale in ben 6 dei 14 brani (zoom per "Tears", che mette in luce tutta la stramberia mentale dell'autore, e "Believer" in cui convivono tranquillamente rock,trip hop,hip hop, glitch.

E come non rimanere ipnotizzati dalla meravigliosa "Morta" (l'incorrere di questi titoli italiani è un omaggio alle sue origini italiche), in cui Amy, si supera con una prestazione vocale di altissimi livelli, che ben si sposa con le percussioni misteriose, lo xilofono, l'inquietante frullato di risate e pianti infantili, gli archi evocativi messi insieme da Lawrence. La passione per gli skit deviati ricorre invece su "Blip", brano dalle chiare tinte noise. Il Trip Hop lo si gusta appieno su "I Know", e "Far Away", che tuttavia non rimangono esenti dalle solite esplorazioni di Muggs (basti pensare alle influenze gotiche della prima, e quelle prog della seconda.) 

E' impresa ardua elencare tutti i generi che trovano spazio in questo egregio lavoro, Muggs ha trattato di tutto nella sua ormai quasi ventennale carriera, c'è da scommettere su altri colpi di scena in futuro, abbracciando altri generi e nuovi mondi, ormai non mi stupirei più di nulla.

Vorrei in conclusione riportare alcune sue frasi tratte da un interessante intervista sul magazine Pig :

"La musica psichedelica la ascoltavano i miei fratelli negli anni '70. Ho sempre ascoltato di tutto sia a casa sia fuori. L'hip hop ti aiuta ad essere aperto a tutte le influenze. Ho sempre adorato i Pink Floyd e spero che il loro suono si senta in questo disco"

"Ci sono molti generi e molta libertà da voi in Europa. Mi sembra un po' lo stesso spirito dell'hip hop delle origini. Non ci sono restrizioni nè barriere. Anche con i Cypress Hill abbiamo sempre cercato di non rientrare negli schemi."

Signori un inchino, come si fa a non provare profonda ed illimitata stima per questa divinità della musica? La sua linea di pensiero è la stessa del sottoscritto, una simbiosi di idee che con gli anni ha contribuito sempre più a farmi apprezzare questo valoroso producer, e molti di voi, sia che si tratti di ragazzini in fissa con il metallo, o di rappettari che si sparano le commercialate di MTV dovrebbero imparare, e tanto, da quest'uomo. 

Credetemi, se avete voglia di ascoltare un disco che esca fuori da ogni sorta di schematizzazione, "Dust" è il titolo adatto. Impossibile non rimanerne folgorati, impossibile non chiedere altre 5 stelline per la valutazione, un lavoro affascinante quanto intenso, il sample-collage parla da se, se solo fosse uscito 10 anni fa, "Mezzanine" e "Dummy" avrebbero tremato!

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