Come suggerisce il titolo, questa terza fatica targata Dream Theater è un dolce (si fa per dire) risveglio per le nostre orecchie. Le sonorità di Awake sono molto lontane dal predecessore Images And Words: infatti, qui ritroviamo sonorità molto più aggressive, accompagnate dall’accuratezza nella ricerca di un suono più chiaro e limpido. La produzione è ottima, e forse la sezione ritmica di basso e batteria traggono maggior beneficio dalla nuova produzione; ottimamente reso anche il suono della chitarra di Petrucci, protagonista assoluto di questo confuso risveglio (è proprio su Awake che il chitarrista usa per la prima volta la famosa 7 corde).
Il primo pezzo “6:00” apre le danze con un intro di batteria su tempo dispari, seguito da un riff di chitarra in tapping: la song si presenta bene, con ottimi arrangiamenti, anche se le tastiere sono un po’ relegate in secondo piano. La successiva “Caught In A Web”, accompagnata da un riff pesante, ci introduce nel cuore dell’album: “Innocence Faded” calma le acque, con il suo riff iniziale molto allegro e giocoso. Pezzo di straordinaria freschezza, questa terza traccia rende in pieno il genio artistico di John Petrucci, sia in campo musicale che lirico.
Proseguendo nell’album, ci imbattiamo nella trilogia “A Mind Beside Itself”: ipnotica nell’apertura, “Erotomania” è uno dei brani strumentali più originali scritti dai Dream Theater, nonché uno dei pezzi più belli di Awake. Un silenzioso passaggio accompagnato dal basso di Myung, ci accompagnano nel secondo capitolo, denominato “Voices”: le tastiere di Moore, che sembrano provenire dal profondo della nostra anima, seguono un LaBrie bravissimo nel ricreare la giusta atmosfera prima del potente chorus: assolutamente emozionante! La terza e ultima parte della trilogia si chiude con “The Silent Man”, ballad acustica ed unico momento di reale spensieratezza dell’album. La tensione sale vertiginosamente di nuovo con le seguenti “The Mirror” e “Lie”, simili sia dal punto di vista musicale che lirico. Nella prima canzone, le profonde distorsioni di Petrucci e un LaBrie incazzatissimo ci suggeriscono di proseguire in questo folle e bellissimo brano, dominato nel chorus da un piano molto incalzante, mentre nel secondo veniamo a conoscenza di un nuovo irripetibile assolo di chitarra, capace di farci sentire piccoli piccoli. La rarefatta atmosfera creata dagli armonici iniziali di basso e dalle tastiere ci fanno immergere ancora una volta nel sogno, grazie a “Lifting Shadows Of A Dream”, brano orecchiabile ma emozionante.
Ci avviamo alla conclusione del full-lenght, imbattendoci in “Scarred” e “Space Dye Vest”: la prima è introdotta da un bel assolo chitarristico in pieno stile blues e l’intera song è sorretta dall’inossidabile duo Myung-Portnoy; “Space Dye Vest” è graziata, invece, dalle dolci note di Moore e da delle ottime linee melodiche. In definitiva, uno degli album più interessanti della band, nonché uno dei classici del prog-metal: ascoltandolo, vi farete trasportare nel Teatro del Sogno, dal quale non vorrete mai più risvegliarvi.
Carico i commenti... con calma