Dopo il grande successo di "Images And Words" i Dream Theater erano praticamente obbligati a produrre un album che fosse degnamente in grado di raccoglierne la pesante eredità. Il risultato è l'ottimo "Awake". Un disco che conferma tutte le caratteristiche che avevano contribuito a fare di "Images And Words" un successone: tecnica, potenza e ricerca espressiva. Ma si tratta allo stesso tempo di un album che presenta numerose differenze.

Innanzitutto l'album presenta un sound decisamente più pesante dei precedenti, merito soprattutto di John Petrucci che per la prima volta si permette il lusso di inscenare una stupenda chitarra a sette corde e proprio quella corda in più dà tonalità più cupe e distorte. I brani sono più brevi rispetto al precedente album e quindi richiedono meno pazienza per essere ascoltati ma presentano strutture altrettanto complesse. Forse un po' sotto le aspettative Kevin Moore, che sembra abbandonare il virtuosismo con il quale suonava le sue tastiere in "Images And Words" in favore di melodie più orientate all'accompagnamento e a creare l'atmosfera, ma comunque diciamo che anche qui si è comportato bene. Non a caso Kevin Moore chiuderà i battenti con i Dream proprio dopo le registrazioni dell'album: secondo molti sarà un brutto colpo, che inflluenzerà negativamente la carriera del gruppo negli anni successivi, secondo me no visto che Jordan Rudess mi sembra comunque un maestro, ma sta di fatto che le sue perle le concede anche qui.

Le vendite non raggiungono quelle di "Images And Words" ma si possono reputare molto soddisfacenti.

"6:00" dà subito una superba lezione di tecnica: molto bene il modo in cui gli strumenti entrano uno ad uno; un brano tecnico in tutti i sensi, chitarra, tastiera e compagnia bella sembrano non darsi un attimo di respiro, suonando con determinazione in tutto il brano. Ed ecco che si passa all'accattivante "Caught In A Web", una prima dimostrazione di come il sound della band si sia inasprito: chitarre estreme e un Kevin Moore molto tetro, ma anche una buona dose di tecnica nella parte centrale.

Più melodica e atmosferica, invece, "Innocence Faded": chitarre e tastiere dalle melodie sognanti per un sound che sembra addirittura ispirato alle soap opera, ma nel finale Petrucci conclude con potenza. Altro esempio di tecnica sopraffina è la strumentale "Erotomania" che alterna ottimi passaggi di chitarra ad originali e creative melodie di tastiera nonché ottimi cambiamenti di tempo. Da notare anche il solo di Petrucci prima del finale.

Più sperimentale la numero 5 "Voices" che alterna momenti aggressivi con chitarre a mille ad altri più soft e più sperimentali. Ed ecco subito "The Silent Man" una ballata acustica assolutamente necessaria a spezzare, seppur per un attimo, le cupe sonorità del disco. E voglio vedere quanti si accorgeranno che queste tre canzoni sono unite in una suite dal titolo "A Mind Beside Itself": le canzoni sono unite da un unico flusso e il ritonello di "The Silent Man" è anticipato in "Erotomania".

Ma si riparte subito con "The Mirror", il brano forse più potente dell'album: ritmo ossessivo e martellante, uno stile quasi thrash, ma senza dimenticare la melodia; Kevin Moore si mette in luce con ottimi passaggi con le tastiere che danno l'idea di qualcosa non già sentito. Il brano confluisce poi in "Lie" altro brano molto heavy caratterizzato da riff di chitarra frenetici e un Kevin Moore limitato piuttosto al sottofondo; nel finale Moore suona la stessa melodia del brano precedente e Petrucci ci delizia con un assolo capolavoro.

E giustamente ci vuole un brano che se proprio ballad non si può definire è comunque un brano più soft: "Lifting Shadows Off A Dream", con Kevin Moore molto atmosferico e una sensibilità vocale di LaBrie in perfetto stile U2. "Scarred" si nota soprattutto per i contrasti: momenti di rabbia che si alternano a momenti di melodia e sperimantalismo. Bel solo di Kevin Moore prima dell'ultimo ritornello e notevole il finale, molto ben sfumato.

E si conclude in bellezza con "Space Dye-Vest" una delle ballate obiettivamente più suggestive mai realizzate dal gruppo, anche se devo dire personalmente, che a me questo brano sembra decisamente insipido (non lo ascolto quasi mai): un ottimo piano con un pizzico di sperimentalismo, così si può definire l'ultima perla di Kevin Moore; probabilmente proprio per rispetto nei suoi confronti non la suonano mai dal vivo, anche se certe scelte a volte non si comprendono.

Nel complesso un ottimo album, certo un gradino sotto I&W ma sicuramente un pallino importante nella discografia della band. Peccato per Moore che non darà mai più sfogo al suo estro con i Dream...

...Non facciamo altro che augurargli buona fortuna.

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