Esordisco dicendo che i "Dream Theater" non sono il gruppo perfetto. Anzi dirò di più, non esiste un gruppo perfetto, quindi questa piccola premessa va a coloro che pensano che i "Dream Theater" siano l'unica fonte d'ispirazione in questo nebbiosissimo mondo musicale (si parla di ora), ma soprattutto mi rivolgo a quelli di voi che passano le ore a commentare tutte le recensioni del "Teatro dei Sogni", elargendo giudizi tanto ottusi quanto esaurienti nel far capire a tutti la scarsissima perizia musicale che li avvolge.

Detto questo mi affretto a partire con la recensione di questo disco, che vede la luce nel 1994, 3 anni dopo l'exploit del precendente lavoro degli statunitensi "Images And Words". A detta di molti, questo disco denota una brusca svolta nel cammino musicale intrapreso dalla band in precedenza, ma io mi limito a dire che la scelta di un suono (in questo caso suoni) più limpido e fresco, sia l'unico cambiamento rilevante.

Apre il "risveglio" "6:00", bella l'idea dell'intro affidato alla batteria di Portnoy, poi la song si snoda nell'incalzare del basso di Myung coadiuvato dallo stesso Mike, che formano una solida base ritmica all'accompagnamento "solistico" (se cosi' si può dire) di un Petrucci in ottima forma. Un La Brie abbastanza incazzato accompagna la linea melodica della traccia. Un po'sottotono Moore (come del resto in diversi punti del cd. "Caught In A Web" è un'ottimo brano, bel ritornello, e bello anche l'assolo nel mezzo in unisono tra synth e chitarra, uno dei pochi dell'album, visto che il gruppo ce ne ha abituati a molti. Si prosegue con "Innocence Faded", prima traccia melodica. Bella la chitarra iniziale di Petrucci, poi il resto va in un calando progressivo (per rimanere in tema), con un ritornello abbastanza banale a mio avviso. Davvero poco ispirata. "A Mind Beside Itself" è la summa del "Dream Theater pensiero", cavalcate strumentali di tecnica superlativa ("Erotomania" anche se le tastiere di Moore sono in terzo piano), ballate drammatiche dal sapore epico ("Voices"), e morbidi brani a volte di pregevole fattura come questo ("The Silent Man"), che riescono in qualche occasione a far ricredere anche i più pessimisti che credono che i "Dream" siano fatti solo di inutili vertiginose "frivolezze" strumentali. In poche parole brano tra i loro meglio riusciti, veramente bello. A questo punto si arriva a "The Mirror", che possiamo tranquillamente collegare alla successiva "Lie", brani dalla matrice spudoratamente metal, molto Metallica a mio modo di vedere, ma eseguiti con una buonissima tecnica e abbastanza apprezzabili. Si procede con "Lifting Shadows Of A Dream", brano che non ha suscitato in me gran scalpore, ma caratterizzato da un bel cantato alternato agli onnipresenti (in questo disco) archi di Moore. "Scarred" è una ballata pregevolissima che si ricollega in qualche modo a "Learning To Live" con un ottimo Myung. Grandioso l'assolo di Petrucci intorno al settimo minuto. In conclusione dell'opera, c'è una vera perla, come si dice last but not least. Si tratta di "Space-Dye Vest", dominata dal piano di Moore, di una sensibilità davvero toccante, e sottolineo TOCCANTE. L'intro è avvolto da una drammaticità immensa resa tale dalle fredde note del pianoforte che a primo impatto sembrano quasi estranee al contesto. Bravissimo La Brie, tocca livelli da lui mai raggiunti, neanche in futuro.

Concludo dicendo che ho recensito questo disco perchè i Dream Theater sono entrati da poco nella mia cultura musicale, ma l'hanno fatto con un impatto strabordante, e perchè questo cd l'ho recensito nel giorno in cui l'ho comprato e questo probabilmente significa qualcosa.

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