Nelle note del disco che mi accingo ad illustrare viene subito messa in chiaro una cosa: "Questa è musica da ascoltare, non da ballare, armonicamente e ritmicamente complessa, realizzata per essere il più originale possibile, necessita del massimo dell'attenzione da parte dell'ascoltatore". Mai parole scritte in un booklet sono state più vere: l'esordio omonimo degli Egg, datato 1970, cerca infatti di coniugare composizioni di impronta classica con massicci sperimentalismi, i quali a volte rasentano il limite dell'ascoltabilità. Lo stile che ne esce è un progressive rock melodico con spunti jazz, che non disdegna di addentrarsi in territori cupi e dissonanti, incentrato sui toni d'organo di Dave Stewart, accompagnati dal basso e dalla voce di Mont Campbell (scrittore di praticamente tutti i pezzi) e dai tempi dispari della batteria di Clive Brooks.
Sebbene l'hammond di Dave sia il pilastro sul quale si reggono i brani, è la voce di Mont la protagonista della prima parte dell'album, grazie ad interpretazioni canore veramente convincenti e a testi densi di quell'umorismo che diventerà un marchio di fabbrica della scuola canterburyana. Il cantato si sposa infatti a meraviglia sia con episodi ritmati e mutevoli come "While Growing My Hair" e "The Song of McGillicudie the Pusillanimous (or Don't Worry James, Your Socks are Hanging in the Coal Cellar with Thomas)", sia con altri più delicati come "You're Absorbed". Le tracce strumentali si alternano continuamente a quelle sopra descritte e vanno dal classicismo di "Fugue in D Minor" (cover di "Toccata & Fugue in D Minor" di Johann Sebastian Bach) alla sperimentazione sonora di brevi intermezzi quali "Bulb", "They Laughed When I Sat Down at the Piano" e "Boilk".
Nella seconda parte del disco ci accoglie la suite "Symphony No.2"; Mont e Clive si ritirano nell'ombra a dettare tempi sempre più improbabili, mentre Dave, al centro della scena, libera tutto il suo talento in continue improvvisazioni e divagazioni organistiche che non esitano neppure nel rifacimento di "In the Hall of the Mountain King" di Edvard Grieg, durante il primo movimento. Le arie classiche s'interrompono in seguito con "Blane" e l'aria si colma subito di suoni squilibrati e disarmonici, che contaminano l'atmosfera rendendola oscura e opprimente. Le ultime due parti (di cui la prima presente solo nelle edizioni posteriori al 2004 poiché precedentemente, insieme alle due bonus track finali, non trovava posto nella normale versione dell'album, a causa di possibili conflitti di copyright derivanti dalla rivisitazione di alcuni passaggi di Igor Stravinsky) riportano l'ascolto su toni più familiari, concludendo nel migliore dei modi questo brano di certamente non facile assimilazione.
In chiusura di quest'opera germinale, nella quale vediamo crescere alcuni degli elementi di quel sound di Canterbury che proprio Dave contribuirà ad innalzare ai suoi massimi livelli, troviamo a salutarci le due tracce componenti il primo singolo degli Egg e rimaste pressoché sconosciute, non essendo state pubblicate con l'LP a suo tempo: la bellissima "You are All Princes" e la simpatica "Seven is a Jolly Good Time", nella quale Mont si sente assolutamente in dovere di spiegarci quanta soddisfazione dia scrivere pezzi in 7/4 ("It's such a very good sign to play in seven time!").
Elenco tracce testi e samples
06 The Song of McGillicudie the Pusillanimous (Or Don't Worry James, Your Socks Are Hanging in the Coal Cellar With Thomas) (05:09)
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Altre recensioni
Di score_angel
Cazzo gli Egg erano un gruppo fantastico, unico e innovativo.
Sono riusciti a creare un suono così personale che a distanza di 45 anni risulta ancora attuale e per nulla datato.