Voto:
...bravo bravo, c'è niente da fare...
Voto:
Questa recensione mi dice che sono vecchio e che il mio stile è antiquariato da mercatino, robetta neanche brutta, forse bella tempo addietro, ma che anche pulendola con prodotti adeguati, oggi rivela irrimediabilmente la sua provenienza (da una bancarella di Porta Palazzo appunto). Questo sono io, questo mi dice il tuo pezzo.
Non che sia un capolavoro (ma d'altra parte neanche le mie recensioni lo sono) , però c'è un'ironia rapidissima, nervosa, una cattiveria ridanciana, una gradevole antipatia (gradevole sul filo del rasoio neh) che fa immaginare una muscolatura (delle mani sulla tastiera, e quindi presumibilmente anche di tutto il resto) giovane e sana.
Non capisco se quell'aria trasandata del fraseggio è raffinatamente studiata o è il risultato di un paio di birre (o altro). In ogni caso non mi dispiace. Nel caso che fossero le birre a determinare l'affascinante trasando, mi chiedo come scrivi quando curi la forma. Sarei curioso.
Che dirti quindi? Bravo e Vai al diavolo. Una stella e cinque stelle.
Voto:
Bene, visto che appartengo ad entrambe le categorie
Voto:
insomma, sono scomparsi i negozi, ma non si tratta di una differenza trascurabile. Un negozio aveva dei frequentatori assidui, un ambiente, una umanità. Il mercatino o la bancarella non consente più l'incontro di questa umanità, costituita da personaggi come quelli descritti nella recensione.
Voto:
Sono anche io di Torino e mi sono doppiamente divertito alla lettura della brillantissima recensione, ma anche dei commenti.
Ho rivisto un mondo che non esiste più, e cioè il mondo dei dischi di vinile usato, quell'ambiente di ex fricchettoni e nerd sfigatissimi ma competentissimi. Un mondo che è scomparso pressappoco con i primi anni del 2000, a causa dell'avvento del digitale. Ho riso a rivedere molti personaggi mitici della mia città e della mia adolescenza, la vecchia odiosa proprietaria di Rock and Folk, Maurizio Blatto di Backdoor (un altro bel caratterino), di cui ho letto persino un libro intitolato "l'ultimo disco dei mohicani". Comunque pare che il vinile, mai scomparso del tutto, stia ritornando in auge. Io lo spero. Sogno una convivenza tra vinile e digitale.
Dieci minuti di divertimento spassionato, grazie a imasoulman, odradek e altri.
Quanto al disco, si tratta di una di quelle "opere contenitore", in cui una band, per farsi conoscere o per altri motivi non noti, mette in un disco tutte le sue competenze, abilità, tendenze o anche semplici fascinazioni per tutto ciò da cui sono circondati. Il risultato è di opere "enciclopediche" contenenti di tutto e di più. Opere che danno una fotografia panoramica della loro epoca. Il primo del Chicago è uno dei migliori esempi.
A chi interessa, consiglio la miglior "opera contenitore" che abbia mai sentito, e cioè "escalator over the hill" della musicista Carla Bley (moglie del grande pianista Paul Bley), inciso nel 1971.
Anche lì troverete di tutto e di più, realizzato a livelli qualitativi altis
Complimenti. Cinque e cinque senza esitazione.
Voto:
recensione dignitosa.
Non sono daccordo con Twiggy Trace.
Concordo con emandelli che Caputo sia stato un artista colpevolmente sottovalutato. Alcune sue canzoni i miei coetanei (classe 1965) se le ricordano ancora, nonostante siano trascorsi praticamente tre decenni.
In genere, di tre decenni fa si ricordano le cose più brutte e le cose più belle. Caputo non sta sicuramente tra le cose più brutte.
Quella frase del "sabato italiano": "...il peggio sembra essere passato..." dice sugli anni ottanta molto più di quanto si pensi. Si riferisce alla settimana di lavoro, ma l'ho sempre considerata una frase riferita alla fine di un'epoca: agli anni settanta, di sprangate piombo e tritolo. Quella frase, a ritmo di swing, raccontava dell'inizio di un decennio nuovo, fatto di notti lunghe, edonismo, divertimento, cocktails, jazz, moda e glam.
Voto:
Leggendo, ho ripercorso quegli anni '80 italiani. Ovviamente li ricordo con profonda nostalgia perchè ero adolescente e me la spassavo. Ma poi ho pensato di quanto gli italiani erano ridicoli.
MA COME ABBIAMO POTUTO ESSERE COSI'? Questa è la domanda.
Secondo me hai preso un caso che rende perfettamente la chiave di quell'epoca, e cioè il caso di un personaggio costruito al tavolino.
Tutto completamente falso, tanto che quando è emerso il VERO Luis Miguel, ci si è accorti che era tutt'altro che "il vero amico che tu non hai" ma un poveraccio così stupido da rovinarsi la carriera con una truffaccia.
Anni di regime, falsi, costruiti. Rivisti oggi, brutti e ridicoli.
Ma era la mia adolescenza. Tornerei indietro se potessi.
Complimenti, ho apprezzato non poco.
Voto:
ah, dimenticavo un altro aggettivo importante: personaggio misterioso.
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Luludia, tieni conto che il mio artista preferito è Bill Evans, quanto di più lontano da Monk ci possa essere. Comunque, ripeto, personaggio e artista straordinario, unico e indimenticabile.
Voto:
amo il Monk musicista. Come potrei non amarlo? Invece il Monk pianista era, secondo me, non sempre "in bolla". Quel suo stranissimo modo di suonare il piano, in certi dischi dove accentua la sua originalità, non posso nasconderti che mi imbarazza. Per farti un esempio, lo ricordo in un disco con Art Blakey del 1957 dove è veramente imbarazzante. Poi esistono incisioni anche bellissime (ad esempio quelle con Coltrane). Insomma, grande compositore, pianista unico e originalissimo ma ondivago. Questa è la sintesi. Inoltre trovo la produzione discografica dei suoi ultimissimi anni un pò noiosa. Certo, è stato un personaggio straordinario.
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