Un guanto da bambini bianco appeso ad un filo ad asciugare, sfondo blu ciano e pallido...

Aprite l'album e scoprite che la tracklist è formata solo da due lunghissimi brani: "Too Many People" e "Nihonjin"

Iniziate ad ascoltare... rintocchi simili a lancette che si staccano dall'orologio e rimbalzano per terra lasciano spazio a un vento atomico che lentamente si dirada... a questo punto giunge un mesto fraseggio chitarra acustica, e magari vi cominciate a chiedere chi sono questi musici e quale sia la storia di questo album inopinatamente giunto fino alle vostre orecchie del Terzo Millennio...

I Far Out erano una comune di musicisti giapponesi in continua espansione radunati da Fumio Miyashita, tastierista della prefettura di Nagano, una delle aree più naturali e verdi dell'arcipelago nipponico... costui, in cerca di musicisti a lui affini, aveva rastrellato il meglio disponibile nel Giappone alternativo di quegli anni per poi stabilire il quartier generale delle operazioni "Far Out" nella tenuta agricola dei suoi genitori.

Da quell'idillio agreste scaturirono dopo interminabili e convolute improvvisazioni i due brani che compongono questo album edito nel 1973.

In "Too Many People" dopo la lunga introduzione atmosferica la chitarra introduce un tema triste e solitario, su cui si innesta la voce meditativa e drammatica, e l'ascoltatore nota per la prima volta la curiosa tendenza del cantante ad allungare i suoni vocalici a fine verso, spezzettandoli. Quasi senza accorgercene, la chitarra, da timido sottofondo, sale in cattedra e si produce in suoni orientaleggianti e distorti, intinti di diluente e wahwah.

Eiichi Sayu passa senza apparente difficoltà da un incedere marziale a svolazzi affilatissimi non dissimili da quelli dell'altro eroe chitarristico giapponese Hideki Ishima.Conclusasi questa lunga ed affilata parentesi chitarristica a là Ash Ra Tempel, in cui talvolta la chitarra assume suoni sitareggianti, ritorna la sequenza iniziale per canto e chitarra, e tutta la massa sonora scivola pian piano verso la conclusione, che chiude il brano con una veemente esplosione enfatizzata da urla e scintillanti cimbali.

"Nipponjin", sulla seconda facciata, è uno dei brani più significativi della scena nipponica, tanto da essere stato pure reinterpretato dalla seconda incarnazione del gruppo di Miyashita, i Far East Family Band. Dopo un iniziale crash percussivo, una chitarra salterellante e distorta introduce dopo un discreto tambureggiare la parte vocale.

Il mood del cantato è simile a quello del primo brano, ma il canto (in inglese) è maggiormente evocativo e sofferto. A un certo punto, dal nulla, quel figlio di buona donna di Sayu tira fuori dal taschino un break chitarristico molto elettrizzante ma allo stesso tempo dal sapore nostalgico, con Gilmour in mente.

Dal settimo minuto la chitarra e il sitar si lanciano con la batteria nella parte mediana della canzone, che accelera intorno a un vorticoso solo per poi rallentare lasciando posto a sonorità ancora più orientali e meditative, sulle quali intervengono voci corali che ripetono parole in giapponese creando un curioso effetto di mantra elettrico, che si intensifica prima del gran finale con le percussioni in gran spolvero, prima che tutto sfumi lasciando solo un bordone di organo dal sapore celestiale.

 

Di lì a poco, molti membri del gruppo sarebbero cambiati e Miyashita avrebbe riformato sullo stesso modello i Far East Family Band...

ma questa è un altra storia...


riguardo il disco dei Far Out... ACCATTATEVILL'!

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