Parcheggio l'automobile a Maglioggio, piccola frazione del comune di Crodo in Valle Antigorio. Zaino sulle spalle e si parte; anche oggi "In Perfetta Solitudine" (cit. Diaframma) per apprezzare al meglio questi luoghi così cari, così necessari al sottoscritto. In silenzio, accompagnato dal rumore dei miei passi lungo il sentiero ricolmo di foglie; il percorso si snoda all'interno di un fitto bosco e devo fare attenzione a quel segnale costituito da alcune piccole pietre sovrapposte. Ecco ci sono lo vedo, devo a questo punto svoltare a destra, abbondonare la strada maestra e procedere nel bosco seguendo una minima traccia per alcuni minuti. Arrivo alla parete rocciosa e mi arrampico senza difficoltà per raggiungere la cengetta, il passaggio semi nascosto da percorrere con la massima cautela perchè è stretto, basso, scomodo. Poche decine di metri e giungo alla meta: La Balma dei Cervi e le sue antichissime pitture rupestri. Un qualcosa di unico qui in Ossola; graffiti simbolici di colore rosso disegnati nella preistoria dalle antiche popolazioni. Un uccello stilizzato, una figura umana tratteggiata, linee e punti che sembrano messe li a caso, ma non è così.

Graffiti e segni nella roccia; presenti in queste forme da millenni, con evidenti riferimenti ad un passato remotissimo...d'improvviso la folgorazione. Un lampo e mi vengono in mente i Firebird e la copertina del loro terzo album. Bill Steer, il leader fondatore del gruppo, disegnato, tratteggiato da abilissima mano; seduto ed intento a suonare la chitarra, a piedi nudi...Come un graffito della Balma; la stessa intensità, la stessa evocativa forza, la medesima emozione. Musica e Montagne: un binomio perfetto per me.

Ora, soltanto ora posso iniziare a parlare del disco.

Bill Steer è uno dei padri del Grindcore e del Death Metal; ha suonato nei primi Napalm Death, ha contribuito alla nascita dei Carcass. E' un cultore, un profondo conoscitore della musica degli anni sessanta-settanta. Ama l'Hard-Rock-Blues ed ha messo in piedi alla fine degli anni novanta i Firebird.

No.3 esce nel 2003; è il terzo e riuscito capitolo. Ancora una volta impressionanti i termini di paragone che si ricavano, che balzano all'orecchio nell'ascolto del lavoro. Si guarda al passato ed a quelle magiche annate che hanno visto la comparsa sulla scena musicale di centinaia di band passate alla storia. Un suono quello dei Firebird del tutto derivativo, già udito appunto un numero infinito di volte; però c'è classe, c'è competenza, c'è tanta passione nei dieci brani presenti. Una produzione perfetta che cerca di mettere in evidenza il lavoro alla chitarra di Bill ed anche la sua cristallina voce, ben lontano dal growl ossessionante e pauroso che lo ha reso famoso per chi apprezza l'estremismo metallico.

Classica formazione a tre; basso e batteria che si prodigano a sostenere le cavalcate chitarristiche messe in piedi da Bill. Un organo, che profuma di Deep Purple, ed un'armonica rendono ancora più corposo ed efficace il sound.

Si parte a passo di carica con "Cross The Line" e sullo stesso piano ci mettiamo anche "End of the Day": una scapigliata irruenza senza freni, fatta di selvaggi ed assolati riff della sei corde. Un giusto omaggio ad Hendrix si può ricavare nella breve "Tumbling Down"; la slide guitar di "Station" sembra uscita dalle mani di Eric Clapton. La lunga e crepuscolare "Long Gone" non sfigurerebbe nel repertorio dei Free, grazie ad un andamento mesto e riflessivo. Ascoltatevi il finale del brano e mi darete ragione!!

Rispetto ai primi due album si avverte una maggior controllo, una certa orecchiabilità soprattutto nelle linee vocali. Meno ruvidi ma pur sempre irresistibili.

Chiude la raccolta la tenue semplicità di "Friend", uno dei vertici di tutta la produzione dell'Uccello di Fuoco.

Bravo Bill, altro centro quasi perfetto.

Ad Maiora.

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