Correva l'anno 1987, e il principe della canzone italiana, a due anni di distanza dal suo ultimo “Scacchi e tarocchi”, fa uscire uno dei dischi più belli (e sottovalutati) di tutta la sua carriera: “Terra di nessuno”. De Gregori è un autore per molti (ma non per tutti) ormai in fase calante, eppure questo dischetto qua sembra ancora avere qualche ombra del De Gregori gigante, molto di più rispetto al diretto predecessore.

Lo dimostrano momenti di alta poesia come non se ne vedevano da un po’ come “I matti”, descrizione della condizione esistenziale di coloro che si trovano ai margini della società, tormentati dal rumore ma al tempo stesso tranquilli (“I matti vanno contenti sull’orlo della normalità, come stelle cadenti nel mare della tranquillità”). Indubbiamente tra le canzoni più toccanti di tutta la produzione del Principe. Altro struggente momento del disco è “Mimì sarà”, ispirata (e dedicata) a Mia Martini. Il pezzo passa in rassegna le emozioni dell’artista, facendo particolare attenzione a tutti i momenti bui da lei vissuti; non commuoversi è praticamente impossibile. Abbiamo poi il sogno di ogni donna, ovvero l’uomo con le “Spalle larghe”. Il sogno di ogni donna è infatti avere due ‘spalle larghe’ su cui piangere, e l’uomo succitato le ha eccome, dopo essersi portato addosso tutti quei pesi e quelle disillusioni. “Pilota di guerra” invece si ispira alle opere dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry, e racconta in prima persona la solitudine di un uomo che sparge la morte sulle città. È inoltre presente una falsa title-track, ovvero “Pane e castagne”, su come delle persone sembrano dirette appunto verso la ‘terra di nessuno’, dove solamente tramite gli occhi ci si può riconoscere. Con “Nero” si rientra in questioni più sociali: il ‘nero’ è un personaggio immigrato a Latina (ma può essere una qualsiasi altra città italiana...), in cui incontra le tipiche difficoltà di integrazione; ma nonostante ciò il Nero ride e si diverte davanti a tutto. “Capatàz” invece è il pezzo più legato alla speranza di una nuova strada politica: si aspetta (e si spera) che cambi il ‘vento’. Poi c’è il dolce addio di “Vecchia valigia”, un pezzo sul tempo che scorre, cantato sotto forma dell’immagine di un viaggio. Musicalmente invece, la traccia rock di "Scacchi e tarocchi" prende forma ne "Il canto delle sirene".

All’epoca (e ancora oggi) sottovalutato, “Terra di nessuno” è probabilmente il penultimo sussulto del De Gregori gigante, e riesce ad essere più interessante sia del precedente “Scacchi e tarocchi” che del successivo “Mira Mare 19.4.89”. Se credete che l’ultimo capolavoro di De Gregori sia stato “Titanic”, ascoltatevi questo disco: vi ricrederete. Anche se non riesce ad avvicinarne del tutto la qualità, rimane un disco assolutamente da non sottovalutare e da non dimenticare.

Carico i commenti... con calma