"Guccini" (1983): un album parco, sottile (30 minuti, 6 canzoni, 3 per lato). Stretto fra due album "maggiori" (il precedente "Metropolis", 1981, che per me rimane il suo migliore, pur non essendolo obiettivamente e il successivo "Signora Bovary", 1987, che ne definisce al meglio le coordinate jazzistiche del nostro), appare come un opera minore, certamente meno "musicale" della precedente (sorprendente, per certi aspetti) nonostante una manciata di brani assolutamente inattaccabili (e molto amati dai fans). Mi piace recensirlo perchè è il primo album che ho ascoltato, molti anni fa, di Guccini (poi l'ho recuperato in ordine cronologico: scelta più saggia) e, nonostante tutto, ne conservo immemore un piacevole ricordo (mio papà aveva due miti musicali, completamente agli opposti: i Rolling Stones e Guccini, e le MC che giravano a casa mia negli anni '90 sono state la mia iniziale fonte di conoscenza).
"Guccini" apre le danze con "Autogrill". Un tizio, un sedicente critico musicale, una volta ne azzeccò una (forse), e disse che "Autogrill" era come "Find the river" dei R.E.M., nel senso: pensi che la conoscano in pochi, e poi scopri che è la canzone più amata del gruppo (o dell'artista) in questione. "Autogrill" è una meraviglia, c'è poco da dire: riprendendo le parole del Professor Paolo Jachia "splende di luce vivissima ed è in tutto e per tutto una epifania, una breve apparizione del magico nell'altrove". In essa il dettato del pensiero pare sovrapporsi all'analisi analitica e funzionale della realtà risultando così estremamente surreale". La ragazza dietro al banco; bionda senza averne l'aria (BELLISSIMO); sentirsi come in un film vecchio della Fox; come accade spesso cambiò il volto di ogni cosa; le lasciai un nickel di mancia, presi il resto e me ne andai (l'anno scorso scrissi una recensione circa "Osteria delle Dame", un live gucciniano ritrovato anni dopo, risalente al 1983 in cui il nostro, durante una serata all'Osteria delle Dame, a Bologna, prima di cantare questa canzone intrattiene una divertente disquisizione su quanto effettivamente sia un nickel di mancia al netto della svalutazione del dollaro, del cambio italiano e così via).
"[...] Anche i temi di fondo sono quelli consueti della sua poetica, la malinconia del presente, il desiderio di fuggirvi, il caso che poi impone la definitiva frantumazione di ogni tentativo" (D. Salvatori, Il Dizionario della Canzone).
"Autogrill" sta lì, impassabile, da ormai 42 anni, una specie di amica malinconica e sognante che ogni tanto ci viene a fare compagnia, con quella coda finale di sax a firma Claudio Pascoli (ah, il sax, che strumento celestiale). In effetti, va ricordato che in questo album tutto il cosiddetto "clan" gucciniano è al completo: Ares Tavolazzi, Ellade Bandini, Vince Tempera, Massimo Luca e Juan Carlos Biondini che sarà (forse) l'artefice principale della successiva "svolta" gucciniana di "Signora Bovary" (anche in questo caso l'ascolto dell'Osterie delle Dame pare illuminante).
I due pezzi migliori, dopo "Autogrill", sono, a mio avviso, i due brani finali del lato B: "Inutile" e "Gli amici". La prima è una canzone che a me pare più telepatica che altro, nel senso che io stesso ho vissuto un'esperienza se non simile quasi uguale a quella raccontata nel brano, e ci sono frasi che ho stampate sulla pelle come un tatuaggio ("E dire che volevo regalarti un compleanno un po' diverso"; "Però malgrado tutto si era stati bene insieme, così senza un futuro") e quella rima nembi/cumulonembi che poteva riuscire (e venire in mente) solo a Guccini. "Gli amici", invece, è un pezzo divertente, allegro, quelle botte di allegria che, ogni tanto, al nostro venivano: "i miei amici veri, purtroppo o per fortuna, non sono vagabondi o abbailuna", e su un ritmo molto "saxoso" si racconta che "se e quando moriremo, ma la cosa è insicura, avremo un paradiso su misura", che consiste "nel solito locale", ma qui "il bere non si paga e non fa male". Ora, dite quel che volete, ma a me il Guccini così spiritoso, e irriverente (ne ha anche per l'Altissimo), piace un sacco, soprattutto quando usa questi brani in chiusura, perchè riesce a miscelare in modo impeccabile la malinconia del brano precedente all'ironia di una chiusa pressoché perfetta.
Poi va a gusti. E il massimo dei voti non posso darglielo a causa di tre brani che mi sono sempre sembrati davvero minori (non brutti, per carità, nessuna canzone di Guccini è mai stata brutta): insomma, nonostante la sorprendente chitarra elettrica (che fa un giro armonico neanche male, va detto) in "Gulliver" (è un nano lui o lo sono i lillipuziani? "da tempo e mare non s'impara niente") se lo confronto con altri brani del precedente album, vedi la magnifica "Antenòr", mi pare un brano meno riuscito. Ripeto, poi va a gusti: "Argentina" la amavo molto in gioventù, oggi meno, ma sono gli anni che passano, i tanti ascolti ripetuti, e poi che ne so, sono davvero poche le cose che mi piacciono oggi da pazzi come mi piacevano vent'anni fa da pazzi, tra queste "Autogrill".
Ovviamente, è una recensione personale e un'opinione personale. Che poi a Guccini voglio un mondo di bene, sono stato a 5/6 concerti e ogni volta era uno spettacolo: tra un brano e l'altro chiaccherava smodatamente, e giù battute, e giù aneddoti. Oggi è un po' acciaccato e gli 85 anni li sente tutti (chi non li sentirebbe?), ma è sempre stata una persona adorabile, intelligentissima, coltissima (i suoi testi sono i più belli della musica italiana, non temo smentite) e divertentissima. Alziamo un calice di rosso e viva Guccini: il Maestrone.
Elenco tracce testi e video
01 Autogrill (04:50)
La ragazza dietro al banco mescolava
Birra chiara e Seven-up
E il sorriso da fossette e denti
Era da pubblicita'
Come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill
Mentre i sogni miei segreti
Li rombavano via i TIR.
Bella d'una sua bellezza acerba
Bionda senza averne l'aria
Quasi triste, come i fiori e l'erba
Di scarpata ferroviaria
Il silenzio era scalfito solo dalle mie chimere
Che tracciavo con un dito
Dentro ai cerchi del bicchiere.
Basso il sole all'orizzonte
Colorava la vetrina
E stampava lampi e impronte
Sulla pompa da benzina,
Lei specchio' alla soda-fountain
Quel suo viso da bambina
Ed io, sentivo un'infelicita' vicina.
Vergognandomi, ma solo un poco appena,
Misi un disco nel juke-box
Per sentirmi quasi in una scena
Di un film vecchio della Fox,
Ma per non gettarle in faccia
Qualche inutile cliché
Picchiettavo un indu' in latta
Di una scatola di te'.
Ma nel gioco avrei dovuto dirle
"Senti, senti io ti vorrei parlare...",
Poi prendendo la sua mano sopra al banco
"Non so come cominciare...
Non la vedi, non la tocchi,
Oggi la malinconia?
Non lasciamo che trabocchi
Vieni, andiamo, andiamo via..."
Termino' in un cigolio
Il mio disco d'atmosfera
Si sentì uno sgocciolio
In quell'aria al neon e pesa
Sovrasto' l'acciottolio
Quella mia frase sospesa
Ed io... ma poi arrivo' una coppia di sorpresa.
E in un attimo, ma come accade spesso
Cambio' il volto di ogni cosa
Cancellarono di colpo ogni riflesso
Le tendine in nylon rosa
Mi chiamo' la strada bianca
"Quant'e'?" chiesi, e la pagai
Le lasciai un nickel di mancia
Presi il resto
E me ne andai.
03 Gulliver (04:47)
Nelle lunghe ore d' inattività e di ieri
che solo certa età può regalare,
Samuele Gulliver tornava coi pensieri
ai tempi in cui correva per il mare
e sorridendo come sa sorridere soltanto
chi non ha più paura del domani,
parlava coi nipoti, che ascoltavano l' incanto
di spiagge e odori, di giganti e nani,
scienziati ed equipaggi e di cavalli saggi
riempiendo il cielo inglese di miraggi...
Ma se i desideri sono solo nostalgia
o malinconia d' innumeri altre vite,
nei vecchi amici che incontrava per la via,
in quelle loro anime smarrite,
sentiva la balbuzie intellettuale e l' afasìa
di chi gli domandava per capire.
Ma confondendo i viaggi con la loro parodia,
i sogni con l' azione del partire,
di tutte le sue vite vagabondate al sole
restavan vuoti gusci di parole...
Poi dopo, ripensando a quell' incedere incalzante
dei viaggi persi nella sua memoria,
intuiva con la mente disattenta del gigante
il senso grossolano della storia
e nelle precisioni antiche del progetto umano
o nel mondo suo illusorio e limitato,
sentiva la crudele solitudine del nano,
sentiva la crudele solitudine del nano
nell' universo quasi esagerato,
due facce di medaglia che gli urlavano in mente:
"da tempo e mare, da tempo e mare,
da tempo e mare, da tempo e mare,
da tempo e mare non s' impara niente..."
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Altre recensioni
Di Babel
"La vita è una ruota, non si può far altro che riderci sopra."
"Cacchio, ma questa è la mia storia!"
Di Carlo V.
"Questo album raccoglie quattro momenti importanti della produzione gucciniana."
"L'unico modo per amarsi veramente è amarsi nonostante la noia e le difficoltà quotidiane."