Al termine di un periodo fecondissimo in quanto a creatività, Battiato pubblica l'ennesimo capolavoro forse l'ultimo; Caffè de la Paix.

Il senso di sacralità che ha permeato gli ultimi lavori viene filtrato attraverso felicissime suggestioni etniche (forse grazie anche ai missaggi effetuati negli studi Real World di Peter Gabriel) dove agli strumenti tradizionali del rock si affiancano elementi di musica araba e indiana, creando un ponte ideale tra oriente e occidente.
L'album apre le danze (è proprio il caso di dirlo) con la vibrante title track, ma tutte le altre tracce sono eccezionali, come il tradizionale iracheno "Fogh In Nakhal" (già eseguito l'anno precedente a Baghdad) che sembra far catapultare di colpo nei racconti delle "Mille e una notte".

Una musica ricercatissima, ma mai di difficile ascolto che ci spalanca verso altri mondi senza mai farci sentire intrusi. Il Battiato migliore è proprio questo; colto ma non snob sempre aperto verso nuovi orizzonti musicali.

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