Sottotitolo: "il passaggio dai '70 agli '80, ascoltando tre dischi di Gianna Nannini molto diversi tra loro. California, però..."

Mi propongo di riparare ad un lungo disinteresse per Gianna Nannini, e provo a farlo con questo scritto.
E' un'artista che ho a lungo rifiutato, da giovanotto sprezzante, forse perchè l'ho iniziata a subire a partire da Fotoromanza (1984), canzone che ai suoi tempi era martellata continuamente da radio e tv, divenendo così molto famosa ma per me insopportabile. Rifiutare e parlare peggio possibile di un prodotto pop di enorme successo, faceva sicuramente figo. Funziona così, è il pop degli adolescenti: riconoscersi e rifiutare, è un lavoro sull'identità. Ma non è obbligatorio essere adolescenti per sempre. E' facoltativo, così mi hanno detto.
In vecchiaia mi accorgo che il pop ("popular", come categoria che comprende anche il rock, quindi non si offenda nessuno) deve per forza diventare un prodotto prima di essere distribuito e, solo a quel punto, può realizzarsi proprio se conquista popolarità. Ma prima della cellophanatura può esserci molta realtà, quella di un artista autentico e delle sue opere di valore.
Il talento di Gianna Nannini, lo dico adesso ma non l'avrei mai detto prima, è enorme. Una dote rarissima da avere addosso in quella quantità. Enorme talento in quello che dice, nel bisogno che ha di dirlo, in come sa dirlo, nella musicalità, nella voce che sembra non trovare mai un limite. Ci si stupisce continuamente sentendola roca e credendo che sia sempre vicina ad un margine insuperabile, che invece supererà. Enorme il talento nella presenza scenica e nella capacità comunicativa.

Il fatto che questo talento sia toccato ad una persona benestante, secondo me, non è un'informazione utile nel darne un giudizio artistico. Ma è emblematico per parlare di un momento di transizione della società e della cultura, quindi per la musica popular. Momento che lei ha vissuto in pieno e, forse proprio per condizione famigliare, in anticipo sulla massa.

La transizione dai '70 agli '80 è stata molto delicata, non solo per gli aspetti riguardanti la musica. In quel periodo l'immaginario italiano si sposta dai totem della solidarietà, dell'emancipazione tramite il lavoro (di fabbrica), dell'uguaglianza, dell'unità, verso altri valori. I nuovi totem a volte sono contrari ai precedenti, come il distinguersi nella società, magari con un impiego ad alto reddito, esibendo tutti gli status del caso; altre volte si tratta semplicemente di temi diversi, che magari c'erano anche prima ma a quel punto diventano centrali, come quello dell'identità sessuale.
Il disagio da esprimere diventa quello della sfera personale, che a partire da lì si scopre collettivo; in precedenza, invece, era un macrodisagio collettivo e di classe ad essere riconosciuto come fonte del disagio personale. Tutto questo nuovo sentire si lega al diffondersi di una situazione, o almeno di un immaginario, che fino a poco prima si sarebbe stigmatizzato con il termine "borghese".
Tratteggiato al volo, chiudo questo argomento lestamente, perchè è sconfinato, fuori portata... e si perde di vista la musica.
Generalizzando, vediamo a quel punto la canzone italiana passare dalla trattazione di questioni socializzanti e collettive, all'approfondimento di argomenti intimi e personali.

La Nannini, oggettivamente, parla di intimismo già dall'inizio della sua carriera, quindi dal pieno degli anni '70. E' oggettivo che sia negli anni '80, che ottiene il più grande successo. In realtà non è del tutto lei a trasformarsi. Le concessioni che i suoi testi fanno per andare verso il pubblico sembrano poche, a parte una progressiva raffinazione che è probabilmente la crescita professionale a portare. Quello che cambia, e che le darà il successo, a mio parere è la sensibilità del pubblico stesso nel decennio successivo, mentre l'artista all'incirca mantiene il suo punto. Questo, parlando dei testi, dei temi e dei valori espressi.

Musicalmente non è la stessa cosa, perchè avviene una trasformazione del suono e della produzione, che seguono, secondo una propria strada, l'andamento del periodo.
Trovo emblematici da ascoltare dal punto di vista del suono e delle scelte produttive i tre album California (1979), G.N. (1981), Latin Lover (1982), perchè c'è, chiarissimo e ignudo, questo passaggio progressivo dall'approccio e dal sound '70, a quello degli '80.
Il disco intermedio, G.N., a me pare un Frankenstein cucito a forza, come se la cantautrice continuasse a scrivere per un certo esito finale, quello vecchio, e in fase di produzione ci avesse voluto appiccicare a forza ritornelli o cmq soluzioni e suoni più nuovi, più '80.
In Latin Lover percepisco invece che si ricompone tutto l'insieme nella versione nuova, quella degli anni '80, in armonia con la nuova onda che va per radio. Questo, sia in senso compositivo che di arrangiamento e realizzazione. Negli '80 Gianna Nannini stravincerà sul mercato, cartina di Tornasole della perfetta sintonia fra la sua produzione ed il proprio tempo. E' il momento del successo davvero prepotente che inizia da là in poi, quindi nei lavori da Latin Lover a seguire. Prima di quel momento, non è tanto così: la troviamo in cantiere, che passa fasi intermedie da acerba a pioniera, a matura pioniera, poi a Frankenstein. Per un percorso musicale in quella transizione, consiglio di ascoltare i tre dischi citati sopra. C'è il cambiamento e lo si vede quasi in trasparenza.

Per il mio gusto California è, dell'artista, il punto più alto di genuinità (già ottimamente matura) del suono e dell'insieme: molto spontanei sono gli argomenti dei testi, i suoi tipici, qui già bene elaborati e sviluppati, ma particolarmente vitali entusiasti e ruspanti. In salsa '70, però! E per me è l'unico suo caso di maturità nei '70s, che finirà subito, e per questo lo trovo particolarmente prezioso. Mi piace, insomma, questa è la sintesi estrema.
Album prodotto da Michelangelo Romano, che era il produttore di Roberto Vecchioni. Vecchioni ha collaborato ai testi.

Gianna Nannini suscita sentimenti contrastanti, come è normale: se ogni artista è discutibile, questa la è molto. Piena di talento, portatrice di argomenti difficili di disagio personale, egocentrici e per alcuni "rifluenti", che riflette e anticipa uno sconvolgimento sociale, diventando addirittura uno stereotipo. Sbeffeggia col suo atteggiamento e strascica le parole. Ma il rock non è uno sberleffo? Un urlato "Kiss my ass"? Perfetto!
Per tutte queste qualità credo che sia un'artista verso la quale essere aperti e ben disposti, oltre che interessati. Se lo merita ed ha rappresentato il suo tempo.

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