Dicono che abbia trascorso gli ultimi quattro anni da solo da qualche parte nel deserto del Nevada praticando yoga e esercizi di meditazione, prima di ritornare alla vita e alla nostra moderna società e cominciare a registrare il suo nuovo disco, il suo secondo LP dopo 'A Sufi and A Killer' (Warp Records, 2010). Dicono che durante questo periodo, abbia lungamente combattuto contro i suoi demoni. Dentro ognuno di noi c'è un sufi e un killer e per tutti quanti è molto più facile essere un killer ed è per questo che abbiamo sempre bisogno di trovare un compromesso dentro noi stessi per non scadere nella rabbia e nell'uso della violenza. Ma raggiungere uno stato di quiete non è una soluzione. Non può bastare. Può questo però ovviamente essere uno stato intermedio. Magari un punto di partenza. In questo senso una fase intermedia forse necessaria.

Dicono che abbia speso quattro anni nel deserto e che quando è ritornato a San Diego, California, la città dove è nato, avrebbe potuto essere come Gesù. Il leader di un culto per pochi, una specie di santone, quello che possiamo definire un guru straccione. Quindi era esattamente come Gesù. Voglio dire, era un uomo, solamente un uomo, proprio come Gesù, e come tale aveva dovuto superare una lunga lotta e confronto interiore, insomma, voglio dire, quella cosa tra sufi e killer di cui parlavo prima. Dicono che quando nel deserto abbia incontrato il diavolo, non ha avuto paura e il suo cuore e la sua anima si sono rafforzate.

Ha avuto delle visioni. Ha visto il regno perduto di Gonja, i cui eredi e testimonianza di questo regno antico sono ancora oggi una parte rilevante della popolazione dello stato del Ghana, ha assaggiato i sapori e i profumo di quel posto e di quell'epoca lontana e ha visto crollare imperi che nascevano nel centro del continente africano prima ancora che il genere umano lasciasse l'Africa per disperdersi tutto intorno al mondo. Ha visto il passato, il presente e il futuro e ha ascoltato una musica che è senza tempo. Perché questa era la stessa musica proveniente dalle viscere della Terra, quella suonata durante i rituali tribali alle origini dell'uomo e dai bluesman del delta all'inizio del secolo scorso, quella suonata dai buskers sotto le fermate delle stazioni delle metropolitane delle grandi città di tutto il mondo. La stessa musica che sarà suonata sotto la pioggia al buio degli angoli delle strade di un remote e apparentemente buio e oscuro, terrificante futuro che è già oggi, quando le etichette musicali non avranno più alcun senso e la musica sarà definitivamente considerata come una droga lisergica, una esperienza ultrasensoriale.

Sappiamo come vanno le cose. Le etichette discografiche, anche quelle indipendenti, in genere creano delle storie per quello che riguarda i gruppi e gli artisti che fanno parte del loro roster (in molti casi sono ovviamente gli stessi artisti a inventarsi delle storie). Questo avviene sostanzialmente in via generale per ragioni promozionali, e molto spesso ovviamente sono un mucchio di cazzate. Ma quando uno ti sta lì a raccontare un mucchio di cazzate in via generale te ne accorgi. Lo sai che quello che ti sta raccontando è spazzatura. Altre volte invece ci sono effettivamente artisti e gruppi che hanno qualche cosa di eccentrico o comunque dei contenuti e cose da dire che possono esulare i semplici contenuti dei loro dischi. I Goat per esempio hanno creato un proprio mondo fatto di misticismo e influenzato dalla cultura e dalla magia voodoo. Quello che Nonni Dead e i suoi ragazzi fanno durante i loro show (parlo dei Dead Skeletons ovviamente) è semplicemente fantastico. Psichedelia e arte visiva, pop-art allo stesso tempo. Sì, lo so bene, sono sempre di più ovviamente quelli che sono più falsi di Donald Trump che cerca di dimostrare che non porta il parrucchino, ma voglio dire, chi cazzo se ne frega.

In questo senso, Gonjasufi è stato un personaggio molto discusso. Lo è tuttora. Un sacco lo considerano solo una specie di 'personaggio' e che ha funzionato una volta, in occasione della pubblicazione del primo disco, 'A Sufi and A Killer', e che poi è giustamente piombato nell'oblio come tanti altri prima di lui. Magari in fondo non aveva un cazzo da dire a livello musicale.

Non la penso così. In primo luogo, il disco testé menzionato era evidentemente pieno di ottimi contenuti, avrebbe certo potuto essere un singolo exploit (non lo era, basta per questo ascoltare l'EP 'lungo' 'MU.ZZ.LE' uscito sempre su Warp Records nel 2012), ma i contenuti del disco erano concreti e così innovativi da non lasciare di certo pensare a qualche cosa di casuale. Comunque non mi sono posto questa domanda più di tanto. Perché avrei dovuto. Ho ascoltato il disco e mi è piaciuto e quando è uscito il disco nuovo, lo ho ascoltato senza nessuna aspettativa o pregiudizio particolare.

Parliamo comunque, di questo ne sono certo, di una personalità eccentrica e oltremodo interessante. Sumach Ecks nasce a San Diego, California, da madre messicana e padre afroamericano, adotta il nome Gonjasufi come duplice omaggio al regno Gonja e al sufismo. Non è esattamente il tipo di persona che potreste incontrare ogni giorno per strada e non mi riferisco in questo solo al suo look ricercato e stravagante. Affermatosi negli anni come producer e DJ, ma anche come attore, la sua attività principale rimane probabilmente quella di insegnante di yoga, e cui attribuisce il suo particolare modo di cantare, che sostiene derivativo e frutto di quelli che sono i tipici esercizi di respirazione 'di stomaco'.

'Callus' (Warp Records) è il suo ultimo disco, uscito il 19 agosto scorso, e quello che si potrebbe definire come un ideale allucinato e psichedelico manifesto etico e politico suonato in tonalità dark e oscure e con quella che si può considerare una certa devozione allo spiritualismo e alla 'religione', intesa nel senso assoluto di rituali che coinvolgano il genere umano a vivere e sperimentare insieme momenti che abbiano qualche cosa di 'sacro'. In un certo senso, probabilmente, questi contenuti potrebbero coincidere con quelli della cultura hippie, ma c'è qualcosa di diverso qui da quella gioia e lisergica esplosione tipica della psichedelia degli sessanta e il disco è pervaso da un certo pessimismo e influenze derivate dalla musica dark-wave e dalla letteratura cyberpunk.

Non aspettatevi in ogni caso, la copertina potrebbe trarre in inganno (o far pensare semplicemente a Gesù crocefisso con i due ladroni sul Golgota), un disco di musica dark. Niente di tutto questo. Assunto il fatto che il suo particolare e peculiare utilizzo della voce costituisca un elemento centrale delle sue produzioni, sento di volerlo paragonare da questo punto di vista e non solo alla figura eccentrica del grande Dr. John (ditemi se non riconoscete una certa eco schizofrenica di 'Gris-Gris' nel dubstep e groovy blues di 'Maniac Depressant'), ma se allo stesso tempo devo accostarlo a un artista del recente passato, menzionerei sicuramente Mark Linkous (aka Sparklehorse). 'You Maker', 'Afrikan Spaceship', 'The Kill' sono tutte tracce pervase dallo stesso stile e sensibilità artistica di Linkous, così come alcune sonorità, nel mezzo tra musica soul sperimentale e elettronica potrebbero ricordare quello che definirei come un distorto e disturbato da interferenze Danger Mouse. Le tonalità del disco sono a volte solenni, molto spesso apparentemente lamentose, proprio come il vecchio blues, e accompagnate dalle eco della voce urlante filtrata attraverso distorsori del suono. Tutto rimanda a atmosfere remote: l'eco di Gerusalemme la grande e di antiche e oramai perdute sonorità mediterranee ('Devils'), spezzoni di deserto ('Greasemonkey'), distorte esplosioni spaziali accompagnate da voci orrificanti e disturbate ('The Conspiracy'), visioni lisergico prese direttamente dall'immaginario visivo lynchiano ('Elephant Man'), febbrili ninna-nanne dallo spazio esterno ('Caroline Shadows'), il requiem di 'When I Die'. Scene prese direttamente dal mondo della letteratura cyberpunk di K.W. Jeter. 'The Last Nightmare'. L'ombra del Dr. Adder che dopo aver parcheggiato la sua moto, opera disturbanti e artistiche operazioni di chirurgia plastica sui propri pazienti.

Come vogliamo definire il suo sound. È un rapper? La sua è musica hip-hop, dub, sperimentalismo d'avanguardia, soul psichedelico? A quale artista e corrente artistica dobbiamo paragonarlo? È difficile trovare una definizione univoca o descriverlo in poche parole, e secondo me in fondo un riferimento non va cercato in qualche cosa di 'classificato', ma in una specie di sequenza temporale. Da Lead Belly a George Clinton, Gonjasufi rinnova in se stesso e nella sua musica una tradizione suburbana e uno stile underground di approcciare alla materia musicale. Ho menzionato Dr. John. Non è un caso. È il primo nome che mi viene in mente ascoltando questo disco, che in fondo è il rifacimento dei trip e delle sessioni acide del primo Dr. John. So che non tutti accetteranno questo tipo di considerazione, che molti potrebbero considerare blasfema, ma la verità è che se il Night Tripper fosse emerso nella società di oggi, questi avrebbe suonato esattamente come questo disco qui.

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