Ci sono alcuni artisti nel panorama della musica americana in particolare con cui vai sempre a colpo sicuro: sai già infatti che non faranno mai e poi mai un disco che possa rivelarsi un buco nell'acqua. Sai che ovviamente potresti non trovarti in tutti i casi davanti a un capolavoro oppure un disco fondamentale, ma allo stesso tempo la loro bravura nello scrivere canzoni li rende vicini a quelli che si possono considerare come i veri e propri "classici" della musica USA. Grant-Lee Phillips, nato a Stockton in California nel 1963, si può quindi considerare per la sua generazione quello che negli anni sono stati i vari Johnny Cash, Willie Nelson, Kris Kristofferson e Merle Haggard... Chiaramente ciascuno ha un suo proprio stile e chiaramente Grant-Lee è cresciuto in una fase storica completamente differente e ha una storia alle spalle diversa, ma è indubbio che sia oggi uno dei cantautori e musicisti più rappresentativi di questa lunga tradizione del cantautorato americano.

Il suo nono disco solista si intitola "Widdershins" ed è uscito lo scorso 23 febbraio via Yep Roc Records. È stato registrato in soli quattro giorni presso i Sound Emporium Studios di Nashville, Tennessee, con Jerry Roe alla batteria e Lex Price al basso. Le canzoni sono ovviamente state tutte scritte dallo stesso Phillips e hanno un carattere e dei contenuti fortemente sociali. L'idea nel suo complesso è peraltro interessante perché le canzoni, che Grant-Lee sul piano dei contenuti ha voluto avvicinare a quelli dell'inizio della sua esperienza con i Grant Lee Buffalo, riconoscendo in giro per il suo paese quella stessa tensione sociale dell'inizio degli anni novanta, raccontano in verità tutta una serie di storie di personaggi che vengono descritti come canaglie e ciarlatani, tiranni e veggenti e dove i riferimenti da Maria Antonietta che guarda con disprezzo al proletariato rabbioso in "Unruly Mobs" ai riferimenti a Mrs Robinson in "Miss Betsy" (dove si parla di lavoro minorile) e guardano a un certo simbolismo tipico della scrittura di Bob Dylan.

"Widdershins" è un disco comunque sostanzialmente di musica elettrica, non vi aspettate da questo punto nulla che possa essere vintage, antiquato o privo di un certo vibe accattivante e di suoni che affondino le radici nella tradizione rock and roll degli anni settanta magari rivista secondo esperienze degli anni ottanta e l'ottica di Steve Wynn oppure Bob Mould. Ma nel complesso è forse proprio in "classici" come un certo Bruce Springsteen, John Mellencamp oppure Bob Seger, un musicista che riprendendo anche pagine e pagine scritte da Lester Bangs al riguardo ha sempre avuto quella stessa "etica" e quello stesso stile che si riconosce oggi a Phillips, che inquadrandolo, lo riconosciamo come un autore e uno scrittore senza tempo.

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