Correva l'anno 1987 e nel plasticoso maistream di allora andavano di moda burinate come l'hair metal, l'electro pop più o meno farlocco, le boy toy dalla vocina esile e puttanesca, gli scaldamuscoli colorati, le acconciature stravaganti, il trucco pesante e i gioielli improbabili.

In una scena musicale di tale (infimo) calibro poteva anche succedere che un chitarrista come Tony Iommi si facesse il culo in 4 per promuovere e mandare avanti la sua musica, ingaggiando cantanti straordinari come Glenn Hughes e Tony Martin e incidendo dischi di rara bellezza venisse ignobilmente snobbato mentre cinque tizi sbucati fuori dai bassifondi della città degli angeli incidessero un disco e diventassero istantaneamente dei megaidoli mondiali, delle rockstars famose a livello planetario e, soprattutto, delle (degne) icone della loro epoca.

Questi 5 tizi erano i Guns n' Roses e avevano tutto quello che ci voleva per sfondare in quegli anni: un look a'la page, una fikissima attitudine stradaiola, un tocco di fascino da bei tenebrosi/bulletti di quartiere che non guasta mai e che rende bene nei servizi fotografici, e, dulcis in fundo, uno stile musicale abbastanza tosto e grezzo da conquistare la fascia di mercato 15-25 e al tempo stesso abbastanza rassicurante, con quel tocco di smielatezza indispensabile per conquistare sia il pubblico femminile dai 30 ai 40 sia l'utente medio da 3 metri sopra il cielo o giù di lì. Quella vecchia volpe di David Geffen fiuta l'affare, ingaggia la boyband e lancia in pompa magna l'album d'esordio: "Appetite For Destruction" dei Guns n' Roses (guns appunto per indicare il loro lato più spavaldo e roses per quello più morbido, tutti e due egualmente trendy). La copertina originale viene ritenuta troppo pruriginosa, inadatta a fare breccia sulla fascia di mercato 30-40, e così si opta per un bel tatuaggio a croce con i 5 Pistoloni rappresentati come teschi su un'elegante sfondo nero, che fa tanto macho.

Il disco, che dire, 53 minuti e 50 secondi di sterco caldo e fumante ben lavorato e condito con un filo d'olio extravergine (e la recensione potrebbe finire qua), con Axl Rose, il Bill Kaulitz degli anni '80 che imperversa con la sua meravigliosa voce, un incrocio tra Gianna Nannini versione casalinga isterica e un tacchino in calore (con tutto il rispetto per i tacchini), ben supportato dai due chitarristi, Slash e Izzy Stradlin' (tutti nomi d'arte incredibilmente fiki)  che scopiazzano e ripropongono a destra e a manca tutto il sentito, lo strasentito e pure il già sentito, compreso il riff di quel piccolo capolavoro di "Zero The Hero" dei Black Sabbath, impropriamente ficcato nell'oscena "Paradise City". I nostri pistoloni continueranno la loro carriera con "GN'R Lies", di cui ho già avuto il piacere e l'onore di occuparmi, il doppio "Use Your Illusion", praticamente uguale ad AFD, solo un po' più sdolcinato e radio-friendly, con la partecipazione di artisti dignitosi e ammirevoli come Alice Cooper e Shannon Hoon (signore perdonali...), e poi il disco di covers "The Spaghetti Incident", prevalentemente pseudopunk con in più una ballata (giusto per non scontentare il target 30-40) e una chicca finale da far scompisciare dalle risate. Poi più nulla, le mode nel frattempo erano cambiate, la loro musica non era più cool, e così si sono sciolti; alcuni di loro hanno avuto modo fondare nuovi pseudo gruppi, avviare delle pseudocarriere soliste, come anche Melanie B e Victoria Beckham in quegli anni e di collaborare con gente come il nostrano Vasco Rossi (per la serie Dio li fa e poi li accoppia).

La pax ganserosiana si infrange bruscamente nel 2008, quando, dopo 15 anni apprezzabile e lodevolissimo silenzio il vecchio Axl torna alla stragrande con uno pseudoalbum annunciato dai tempi di Adamo ed Eva: fanno così il loro trionfale ingresso i nuovi gansenrosis, che vanno così a far compagnia ai Dimmu Borgir con i loro pentacoli e i loro cabrones, ai Metallica che hanno deciso di interrompere con una scarica magnetica di fagioli borlotti la loro noiosa esistenza di miliardari hollywoodiani imbolsiti e nullafacenti, alle caramelle troppo lunghe e dure di miss Ciccone, al circo equestre della Sig.na Spears, ai capelli cotonati dei Tokio Hotel, alle stagioni sfasate della Pausini e a Rihanna, Vasco, Fabi Fibra, Amy Winehouse Jovanotti, Ligabue, Finley, Dari, Jonas Brothers, Mailyn Manson, Hanna Montana e gentaglia varia.

Davvero, grazie tante Axl Rose per questo magnifico ritorno di cui tutti sentivamo il bisogno, questa recensione è dedicata a te e a tutti quelli che, come te, hanno fatto soldi a scapito della musica. E da ora in poi giuro di non parlare più dei Guns, almeno fino alla prossima, attesissima collaborazione con Timbaland e Justin Timberlake (e arriverà, vedrete che arriverà...)

"e intanto il mondo rotola, il mare sempre luccica, domani è già domenica e forse (forse) nevica..."

Carico i commenti... con calma