La mia convinta preferenza, a proposito della lunga carriera di questo duo Blue Eyed Soul di Filadelfia, va a quella fase degli anni ottanta in cui intesero di contaminare il loro rhythm & blues di base con la disco, l’elettronica ed anche un poco di rock. L’opera in questione (1984) è emblematica proprio di quel periodo.

E d’accordo con Robert Fripp tengo Daryl Hall nella mia top five dei cantanti rock, pop, blues, quello che si vuole: voce eccelsa, piena di soul, mobilissima ma senza quell’eccessiva enfasi che spesso fa gigioneggiare i cantanti di colore, aspetto equilibrato probabilmente dal rigoroso sangue teutonico trasmesso a Daryl dai suoi avi tedeschi (suo vero cognome: Kohl).

E John Oates? Il due di briscola; no dai, facciamo il cinque. Qualche grande canzone l’ha indovinata pure lui (non su questo disco), ma insomma lui è il Garfunkel della situazione, prezioso ma marginale.

Abbiamo quindi una base rhythm & blues potente e danzereccia, variegata da chitarre distorte, botti elettronici, batteria pesante ma sempre corroborata da squisita vena melodica, intelligenza e misura.

Le cose migliori sono proprio ai due estremi del disco: l’iniziale “Out of Touch”, preceduta da un breve e percussivo preambolo strumentale dominato dal Synclavier e la conclusiva “Possession Obsession”, cantata da Oates; la prima è più intensa, l’altra più suadente coi suoi deliziosi coretti in risposta in stile doo-woop. Viaggiano bene anche “Method of Modern Love” e “Some Things Are Better Left Unsaid”, meno ricche melodicamente ma sempre ballabili di classe.

Gli anni ottanta sono stati una buona decade per il pop e questo duo diede il suo forte contributo alla causa, insieme a Prefab Sprout, Tears for Fears, Level 42, Men at Work, Howard Jones, Cutting Crew, Thompson Twins, Freur, Missing Persons, Propaganda, Talk Talk…

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