Non stupitevi se i toni della recensione si riveleranno molto, molto alti. Stiamo parlando di uno di quegli album che, in una ipotetica classifica degli album preferiti del sottoscritto, finisce sempre, comunque e inesorabilmente fra i primi 3, senza pensarci più di tanto. Non solo: a mio parere, l'album di cui state per leggere la recensione è il migliore del quintetto inglese, per vari motivi ai quali vi imando successivamente. Concentriamoci ora alla recensione vera e propria...

"Somewhere In Time" è un album svolta per la Vergine di Ferro. Un cambiamento di sonorità così palese è secondo solo a quello avvenuto tra il 1981 e il 1982, quando, complice l'addio di Di Anno e l'arrivo di Dickinson, il gruppo è passato da un sound più hard-rockeggiante a quello che sarà poi il puro e semplice Heavy Metal tipico della NWOBHM. La grande novità di questo album sono infatti gli strumenti synth; già altre band hanno ceduto alla tentazione di provare questi ultimi ritrovati in fatto di tecnologia e adattarli al loro stile, come ad esempio i loro stessi "rivali" Judas Priest con l'album "Turbo", ma il successo non è neanche lontanamente paragonabile a mio avviso. Così il quintetto inglese si ritrova in sala di registrazione con le idee ben chiare: questi strumenti dovevano solamente rappresentare una ventata d'aria fresca per il loro sound, e spingersi ancora più in là di quanto, in un certo senso, non avessero già fatto con "Powerslave", pur mantenendo sicuramente intatto il loro sound caratteristico. Il rischio era alto: la paura dei fan di vedere i loro idoli realizzare un probabile primo passo falso dvuto, peggio ancora, alla voglia di attirarsi una più ampia e casuale fetta di pubblico, si faceva sicuramente sentire; dobbiamo infatti pensare che all'epoca i synth in ambito Heavy Metal non erano sicuramente ben visti dai puristi del genere.

Un piccolo appunto sulla copertina. Una delle mie preferite, con un Eddie versione assassino colto di notte in un futuro indefinito, mentre nel retro i riferimenti ai precedenti lavori della band si sprecano (tanto per dirne un paio, il pub Aces High e l'orologio puntato alle 23:58, quei famosi 2 Minuti a Mezzanotte...). Una copertina che non ha comunque solo funzione estetica di richiamo, ma che ci introduce immediatamente all'atmosfera futuristica, quasi spaziale che ci aspetterà al nostro ascolto...

Pronti, via. L'ascoltatore inserisce il disco nel lettore e viene proprio accolto da questi strumenti synth con la title-track, perfetto tappeto sonoro per le chitarre dell'accoppiata Smith/Murray, ma anche per il solito, pregievole lavoro al basso di sua maestà Steve Harris. Pochi secondi e via, anche McBrain si aggiunge dietro le pelli; ancora un pò di pazienza e arriva l'esplosione che tutti aspettavamo, con il solito ingresso in grande stile di Bruce Dickinson. A mio parere un inizio così sfavillante e ben riuscito si è verificato solo in altre due occasioni: col precedente "Powerslave" (ovviamente parliamo di "Aces High") e con "Moonchild", traccia d'apertura del successivo e altrettanto fortunato "Seventh Son of a Seventh Son". Col senno i poi possiamo già intuire il significato della title-track, la perfetta sintesi di cosa ci avrebbe proposto l'album: al riffing più duro e in un certo senso immediato dei precedenti lavori in studio si sostuisce un lavoro volto a rendere il sound più evocativo e maestoso, con il tono delle chitarre leggermente più morbido e riecheggiante, e con un Dickinson meno imperioso in fase di estensione vocale, ma più ispirato e concreto. Una nota di merito personale va fatta all'assolo centrale, uno dei duetti più riusciti da parte dei due axe men.

La traccia successiva è un'atra, graditissima novità un singolo firmato da Adrian Smith. "Wasted Years" sembra infatti fin troppo immediata ed orecchiabile per gli standard Maideniani, ma con un impatto notevole ed un testo struggente e malinconico nel quale possiamo identificarci senza troppi problemi. In questo caso Adrian si improvvisa vera chitarra solista della canzone, lasciando la ritmica interamente al collega Murray. Impossibile non apprezzare il riff veloce e trascinante, così come non possiamo non rimanere estasiati dall'assolo di Adrian, con un'esecuzione stilistica che rasenta la perfezione....

Proseguiamo con l'evocativa "Sea Of Madness", col riff di Murray a farla da padrona per buona parte della canzone e con un lavoro davvero pregievole da parte di Harris, in formissima come al solito. Ottimo l'assolo cetrale che fa da introduzione ad un bridge da lacrime agli occhi per l'emozione che trasmette, per poi ritornare alla strofa e chiudere in seguito un'altra traccia davvero ben fatta.

Con "Heaven Can Wait" probabilmente raggungiamo il punto basso dell'album. In mezzo a cotanta bontà parliamo piuttosto di una song meno ispirata, ma personalmente non ho paura di andare controcorrente e dire che si tratta di una buona idea realizzata in maniera non altrettanto brillante, dando la sensazone di essere stata tirata forse un pò troppo. Non male il coro di Dickinson nella parte centrale, ottima l'intro di basso di Harris, buon riffing ma niente di più purtroppo.

Niente paura comunque. A fare da contrapposizione a questo momento di lieve calo arriva quella che, a mio avviso, resta una delle canzoni più sottovalutate dell'intera discografia del gruppo, ovvero "The Loneliness of the Long Distance Runner". Ottima intro, ritmo incalzante, eccellente amalgama tappeto sonoro/testo, buon riffing e un Dickinson che ci regala un chorus tutto da cantare, ottimamente continuato dalla solita ma estremamente ben fatta melodia a due chitarre della premiata ditta Smith/Murray. Una canzone davvero brillante, peccato siano probabilmente i sei minuti e mezzo più trascurati dell'intera carriera del quintetto inglese.

Harris e McBrain scandiscono il tempo e ci introducono nella canzona più evocativa dell'intero album: "Stranger in a Strange Land". Giocando sulla contrapposizione ritmo lento/uso maggiore dei synth, gli Irons ci regalano quella che è probabilmente la canzone che più rappresenta questa volontà di spingersi oltre i canoni tipici del genere. Nota di merito non da poco: l'assolo centrale. Anche qui come in "Wasted Years" l'assolo viene relegato interamente a Mr. Adrian Smith, che contribuisce in maniera definitiva a creare quello che può seriamente concorrere al titolo di miglior solo della sua carriera. il tappeto sonoro costituito dagli strumenti synth e dai brillanti tocchi di Harris esaltano la vena estrosa del chitarrista, che si lancia in una melodia da brividi per poi esplodere in una sezione più energica e tecnica ma non meno priva di emozione. Applausi a scena aperta.

Sempre Adrian ci introduce con breve solo di chitarra alla penultima traccia del disco, la controversa "De Ja Vu". Il ritmo è incalzante, le linee vocali di Dickinson sono ispirate come al solito, il riffing è preciso e diretto come in "Wasted Years", ma il tutto viene in un certo senso rovinato da un testo banalotto, fin troppo considerando gli standard ai quali i cinque inglesi ci hanno abituato. L'assenza poi di un vero e proprio assolo di chitarra contribuisce a rendere ancor più controversa questa canzone, ma da qui a parlare, come spesso sento dire, di riempitivo, ce ne vuole. Piacevolissimo ascolto in ogni caso, con un pre-chorus da pelle d'oca.

Tuto questo è però niente. Uno dei motivi per qui ritengo questo album il più riuscito del gruppo in questione è proprio l'ottava ed ultima traccia: "Alexander the Great". Non esagero affatto nel dirvi che si tratta di una song seriamente candidata al titolo di miglior canzone del quintetto inglese. Dovrei scrivere una recensione a parte solamente per questi otto minuti e mezzo di pura atmofera, perfezione stilistica, varietà, complessità, gusto, estro e amalgama fra un testo ottimamente scritto (ovviamente si parla dell'ennesima song targata Harris) e un riffing evocativo ed incalzante che impegna seriamente Dickinson, esaltandone però le dote vocali e facendo capire anche al più scettico il perchè venga considerato uno dei migliori cantanti in circolazione. I duetti, sia nelle melodie che nel solo presente nella seconda parte della canzone, della coppia Smith/Murray raggiungono una maestosità che prima d'ora ho notato solo nella title-track del precedente album ("Powerslave", per la cronaca). Assolutamente degno di nota inoltre il bridge scandito dalla marcietta di McBrain e il solo in controtempo di Adrian Smith, apoteosi della creatività di uno dei migliori chitarristi in campo Heavy Metal degli anni '80.

Il giudizio non può che ssere chiaramente positivo: stiamo parlando di album che definire capolavoro potrebbe essere persino riduttivo, qui i Maiden hanno fatto qualcosa di davvero clamoroso. Anzitutto alzi la mano chi, dopo cinque capolavori su cinque album registrati alle spalle, un mastodontico tour in giro per il mondo e la consapevolezza di essere una delle realtà più belle del genere in questione del periodo, non avrebbe pubblicato un album sulla falsariga dei precedenti, ma anzi, avrebbe provato qualcosa di davvero innovativo come questo album. da notare inoltre come, nonostante il sound si sia in un certo senso "ammorbidito" (toni meno graffianti e duri, presenza di strumenti syth, melodie più evocative ecc..), questo lavoro trasudi Heavy Metal dalla prima all'ultima nota.

Questo è quanto. Questo è il pensiero che ho maturato dopo aver ascoltato i vari album che compongono la discografia della Vergine di Ferro, in particolare i primi sette, magnifici, strepitosi album. In conclusione, c'è chi pensa che "The Number of the Beast" sia il top, chi asserisce che "Powerslave" sia inarrivabile, o ancora che "Seventh Son of a Seventh Son" sia il capolavoro non di un gruppo, ma della storia stessa di un genere. Per me il quintetto inglese ha fatto di più.

Ha fatto "Somewhere In Time".

Elenco tracce testi samples e video

01   Caught Somewhere in Time (07:25)

If you had the time to lose,
An open mind and time to choose,
Would you care to take a look,
Or can you read me like a book?

Time is always on my side,
Time is always on my side.

Can I tempt you, come with me,
Be Devil may care, fulfill your dream,
If I said I'd take you there,
Would you go, would you be scared?

Time is always on my side,
Time is always on my side.

Don't be afraid, you're safe with me,
Safe as any soul can be ... honestly,
Just let yourself go.

Caught somewhere in time
Caught somewhere in time
Caught somewhere in time ... oh oh

Like a wolf in sheep's clothing,
You try to hide your deepest sins,
Of all the things that you've done wrong,
And I know where you belong.

Time is always on my side,
Time is always on my side.

Make you an offer you can't refuse,
You've only got your soul to lose...
Eternally...Just let yourself go!

Caught somewhere in time
Caught somewhere in time
Caught now in two minds!

02   Wasted Years (05:07)

From the coast of gold, across the seven seas
I'm travellin' on, far and wide
But now it seems, I'm just a stranger to myself
And all the things I sometimes do, it isn't me but someone else

I close my eyes, and think of home
Another city goes by, in the night
Ain't it funny how it is, you never miss it 'til it's gone away
And my heart is lying there and will be 'til my dying day

Chorus:
So understand
Don't waste your time always searching for those wasted years
Face up... make your stand
And realise you're living in the golden years

Too much time on my hands, I got you on my mind
Can't ease this pain, so easily
When you can't find the words to say, it's hard to make it through another day
And it makes me wanna cry, and throw my hands up to the sky

[Repeat chorus x 2]

Face up... make your stand
And realise you're living in the golden years

03   Sea of Madness (05:41)

04   Heaven Can Wait (07:21)

Can't understand what is happening to me,
This isn't real, this is only a dream,
But I never have felt, no I never have felt this way before,
I'm looking down on my body below,
I lie asleep in the midst of a dream,
Is it now could it be that the angel of death has come for me?
I can't believe that really my time has come,
I don't feel ready, there's so much left undone,
And it's my soul and I'm not gonna let it get away.

Chorus:
Heaven can wait,
Heaven can wait,
Heaven can wait,
Heaven can wait til another day.

[Repeat chorus]

I have a lust for the Earth below
And Hell itself is my only foe,
'Cause I've no fear of dying,
I'll go when I'm good and ready,
I snatch a glimpse of the light's eternal rays,
I see a tunnel, I stand amazed,
At all of the people standing there in front of me,
Into the paths of rightness I'll be led,
Is this the place where the living join the dead?
I wish I knew this was only just a nightmare.

[Chorus *2]

Take my hand, I'll lead you to the promised land,
Take my hand, I'll give you immortality,
Eternal youth, I'll take you to the other side,
To see the truth, the path for you is decided.

Oh Oh * lots.

My body tingles, I feel so strange,
I feel so tired, I feel so drained,
And I'm wondering if I'll ever be the same again,
Is this in limbo or in Heaven or Hell?
Maybe I'm going down there as well,
I can't accept my soul will drift forever.
I feel myself floating back down to Earth,
So could this be the hour of my rebirth?
Or have I died or will I wake from dreaming?

[Chorus]

05   The Loneliness of the Long Distance Runner (06:31)

(Harris)

Tough of the track,
With the wind,
And the rain that's beating down on your back.
Your heart's beating loud
And goes on getting louder
And goes on even more till the sound
Is ringing in your head,
With every step you tread,
And every breath you take,
Determination makes
You run,
Never stop,
Gotta win, gotta run till you drop,
Keep the pace,
Hold the race,
Your mind is getting clearer,
You're over halfway there but the miles
Just never seem to end
As if you're in a dream,
Not getting anywhere.
It seems so futile.

Chorus:
Run, on and on,
Run, on and on,
The loneliness of the long distance runner.

I've got to keep running the course,
I've got to keep running and win at all costs,
I've got to keep going, be strong,
Must be so determined and push myself on.

Run over stiles, across fields,
Turn to look at who's on your heels,
Way ahead of the field,
The line is getting nearer but do
You want the glory that goes,
You reach the final stretch,
Ideals are just a trace,
You feel like throwing the race,
It's all so futile.

Chorus:
Run, on and on,
Run, on and on,
The loneliness of the long distance runner.

06   Stranger in a Strange Land (05:44)

07   Deja-Vu (04:56)

(Murray/Harris)

When you see familiar faces,
But you don't remember where they're from,
Could you be wrong?
When you've been particular places,
That you know you've never been before,
Can you be sure?
'Cause you know this has happened before,
And you know that this moment in time is for real,
And you know when you feel Deja vu.

Chorus:
Feel like I've been here before,
Feel like I've been here before.

Ever had a conversation,
That you realise you've had before,
Isn't it strange?
Have you ever talked to someone,
And you feel you know what's coming next?
It feels pre-arranged.
'Cause you know that you've heard it before,
And you feel that this moment in time is surreal,
'Cause you know when you feel deja-vu.

08   Alexander the Great (08:35)

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Altre recensioni

Di  velvetunderground

 Gli Iron sono come un mare, un oceano di suoni, di brividi, e al bagnante non resta altro che tuffarsi e nuotare...

 Alexander The Great... dura roccia, buia, (grottesca) un tunnel cristallino, orrendo...


Di  MetallAro

 Quando un metallaro parla di questi 5 ragazzi (adesso 6 simpatici nonnetti), va in palla!!!

 Il disco presenta molte ed originali sperimentazioni, a partire dall’introduzione delle tastiere in sottofondo.


Di  juve in B

 "Dopo dischi estremamente duri, soleni ed epici come Powerslave e Piece of Mind, la 'Vergine di ferro' pubblica un disco estremamente controverso: abbandona gli scenari faraonici del passato e si butta a capofitto nel futuro."

 "La splendida 'Stranger in a Strange Land' è un altro grandissimo punto per il gruppo, mentre 'Alexander the Great' è il miglior brano del disco, purtroppo mai suonato in sede live."


Di  Kirk89

 È come vivere in questo mondo futuristico, e si ha come la sensazione di non riuscire a uscirne.

 Ogni scritta che vedi, anche le più insignificanti, ti fa inventare un avvenimento della storia che non c’entra niente o che non si è ancora presentato.


Di  pepozzo

 Un disco che ha fatto storia e dal quale è derivato un tour mondiale altrettanto spettacolare.

 Il paradiso può aspettare un altro giorno....