Sono usciti praticamente negli stessi giorni. I Radiohead, capitanati dal vocalist e frontman Thom Yorke, hanno appena pubblicato il loro ultimo disco, 'A Moon Shaped Pool' (XL Recordings). Prodotto al solito da Nigel Godrich, quello che potremmo definire come il sesto Radiohead, la band è giunta al nono disco in studio. Uscito lo scorso 8 maggio il disco era chiaramente particolarmente atteso dalla moltitudine di fan della band e questo anche perché sono passati sette anni dalla pubblicazione del disco precedente, 'King of Limbs' (2011), nel quale la band aveva al solito sperimentato un sacco nel campo dell'elettronica e in genere come il dub-step e forse anche per questo aveva in qualche modo deluso i duoi ascoltatori, che evidentemente preferiscono maggiormente altre sonorità.

Non ho ascoltato questo nuovo disco, ma sembra che suoni in maniera completamente differente da 'King of Limbs', così ci sono serie possibilità che questo possa essere considerato una specie di 'ritorno', un ritorno a sonorità che hanno reso questa band incredibilmente famosa e seguita nel corso degli anni. In ogni caso il disco ha subito raggiunto il primo posto della classifica degli album nel Regno Unito e sta già ricevendo ottimi critiche e recensioni con la conseguenza inevitabile che alla fine dell'anno potrebbe benissimo essere considerato come uno dei 'best of the year' secondo critica e pubblico.

Negli stessi giorni, e precisamente lo scorso sei maggio, il cantante e scrittore di canzoni e produttore inglese James Blake ha pubblicato via Polydor Records il suo terzo album in studio. 'The Colour In Everything'. Il disco è stato registrato agli Shangri La Studios con il celebre produttore Rick Rubin e con la collaborazione con altri artisti famosi come Justin Vernon (Bon Iver, Volcano Choir), Frank Ocean e Cannon Mockasin. A quanto pare per poco è venuta a mancare una collaborazione con Kanye West, che doveva essere coinvolto nel progetto, ma la cosa è saltata.

In ogni caso, sono sicuro che questo sarà il disco che consacrerà definitivamente James Blake come uno degli artisti pop più popolari e acclamati dei nostri giorni e questo non solo per quello che riguarda il Regno Unito.

Nato il 26 settembre del 1988, il ventisettenne artista di Londra, UK, è stato da subito acclamato come la next big thing dell'anno 2011 in occasione della pubblicazione del suo primo disco, universalmente acclamato come uno dei più interessanti 'debutti' dell'anno. Due anni dopo, 'Overgrown', uscito nel 2013 e prodotto da Brian Eno, ha forse ottenuto ancora maggiori riconoscimenti, tra cui il Mercury Prize e la nomina ai Grammy Award. Parliamo, è evidente, di un ragazzo che sta ottenendo una popolarità sempre crescente e che in questi anni si è speso anche in collaborazioni rilevanti nel mondo della musica pop più commerciale, non ultima la collaborazione con Beyoncé per il disco 'Lemonade', e che ora si appresta a essere consacrato come uno degli artisti più rilevanti di questi anni.

Il nuovo disco appare da subito come qualche cosa di pretenzioso, lo è sicuramente a mio parere, anche perché ha una durata di lunghezza totale superiore ai settanta minuti ed è composto da ben diciassette canzoni. In pratica ha una durata complessiva pari al doppio di quelli che sono i suoi lavori precedenti. Si tratta in ogni caso di qualche cosa di insolito per un disco di musica pop e per un artista che se vogliamo in un certo senso è sempre stato acclamato e considerato per avere un approccio, come dire, 'minimalista'. Non saprei, ma credo che abbia fatto comunque una scelta specifica in tal senso e se il suo obiettivo era sconvolgere o comunque 'sparare alto', credo sia riuscito nel suo intento. Il disco contiene diciassette canzoni, ma nessuna di queste appare essere un riempitivo. Il disco ha una sua solidità, è un solido disco di musica liquida elettronica pop e con venature rhythm and blues.

A questo punto non direi che ci sia una qualche traccia che sia più rilevante delle altre. La collaborazione con Justin Vernon in due canzoni è qualcosa comunque di interessante e da menzionare e specialmente per l'ultima traccia del disco, 'Meet You In The Maze' (l'altra è 'I Need A Forest Fire'), dove i due sperimentano un sacco nell'utilizzo delle voci. Ed è indubbio che Justin Vernon, piaccia oppure no, abbia una voce sicuramente particolare e molto espressiva. 'My Willing Heart', la canzone frutto della collaborazione con Frank Ocean e influenzata da sonorità soul è probabilmente quella che preferisco tra tutte quelle contenute dal disco in questo momento.

Sarebbe riduttivo considerare questo disco come un altro episodio come tanti nel mondo della musica pop elettronica e influenzata da sonorità soul e rhythm and blues. Alcune canzoni, la title-track ad esempio, 'The Colour In Anything', ha le stimmate del pezzo pop che potrebbe benissimo entrare in rotazione alla radio oppure in televisione. Mentre altri episodi, perché no, mi hanno fatto pensare proprio ai Radiohead. Provate ad ascoltare, 'Choose Me', potrei sbagliarmi, ma ditemi se non suona in una maniera incredibilmente simile a come potrebbero suonare alcune canzoni dei Radiohead.

I Radiohead sono stati tra gli anni novanta e i duemila sicuramente la più grande pop band in circolazione. Non sono mai stati acclamati solo da un ristretto numero di supporter o comunque da chi è appassionato specificamente di musica, ma anche da ascoltatori che potremmo definire 'occasionali' o più superficiali. Piacevano a tutti e li si poteva definire, nonostante l'atteggiamento sicuramente mai sopra le righe o comunque in qualche maniera glamour, delle vere pop star. Siamo in una fase storica completamente differente oggi e sono cambiate un sacco di cose e lui viene fuori da un background differente da quello dei Radiohead, ha una storia differente alle spalle, ma possiamo dire che stia accadendo ora lo stesso a James Blake? Perché faccio un confronto tra questi due artisti? So che molti dei loro fan e in particolare i fan dei Radiohead, potrebbero storcere il naso per questo confronto. Quello che sento tuttavia è che entrambi abbiano un approccio e una attitudine, una sensibilità simile per quello che riguarda la musica e i contenuti e i testi delle loro canzoni.

James Blake non è il nuovo Thom Yorke. Non voglio dire questo, ma penso che per le nuove generazioni significhi o possa significare forse quello che Thom Yorke e i Radiohead abbiano significato per la generazione precedente. Questo può essere in qualche modo 'difficile' da accettare, molti della generazione precedente sicuramente avranno una considerazione di questo James Blake decisamente inferiore a quella che per Thom Yorke e i Radiohead, ma non è questo il punto. Del resto gli anni passano e le cose cambiano e questo disco, potete benissimo non considerarlo un capolavoro, io stesso non lo considero in quanto tale ma semplicemente una buona 'collezione' di canzoni di musica pop elettronica e con un'anima soul, ma non sarei sorpreso se per caso questo diventasse uno dei dischi più significativi usciti in questi anni.

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