Personaggio schivo e riservato, John Weldon Cale è uno dei musicisti più importanti portati alla ribalta dagli anni '60-'70. Poco avvezzo alle apparizioni in pubblico, è riuscito ad ottenere un seguito piuttosto nutrito di fan soprattutto grazie alle sue prestazioni su disco. Attivo già al crepuscolo degli anni '50 pubblica una manciata di 45 giri a nome Johnny Cale passando però inosservato fino al 1970 quando l'allora "God" Eric Clapton incide la sua "After Midnight", precedentemente singolo di Cale nel 1965. Il bluesman dell'Oklahoma ottiene in seguito al successo di "Manolenta" un contratto discografico con la Shelter, per la quale esordisce con "Naturally", strepitoso album seminale che firma a nome JJ Cale. Il disco presenta già tutti gli elementi che saranno poi caratteristici della carriera del polistrumentista, che fonde il blues col country senza rinunciare a tinte folk e rock. I due dischi successivi confermano (pur senza notevoli picchi) quanto di buono espresso nell'Lp d'esordio, ma è con Troubadour (1976) che la produzione del bluesman conosce una nuova impennata.

"Hey Baby", incipit del disco, introduce un nuovo tema, quello del jazz, finora sconosciuto alla produzione di Cale, che segna quindi un parziale momento di rottura rispetto ai vecchi lavori. Il viaggio prosegue tra i suoni latineggianti di "Travelin' Light", uno dei momenti più entusiasmanti dell'opera, blues sussurrati ("You Got Something") e i grandi rhythm & blues "The Woman that Got Away" e "Let Me Do It To You", arricchiti il primo da ottimi inserti di piano e il secondo (pressochè strumentale) dalla spinta dei fiati. La ballata "Cherry" aggiunge poi nuovi colori al disegno dell'artista con le sue tinte etniche. Ma sono soprattutto i jazz a rubare la scena: oltre all'apripista "Hey Baby", pezzo jazzato con in primo piano i fiati a sostenere un dolce arpeggio dell'acustica, "Hold On" e la conclusiva "You Got Me On So Bad" sono due brani in pieno stile jazz che mettono in luce le capacità interpretative di Cale, mentre in "Super Blue" vocals tipicamente blues si adagiano sulla melodia jazz del brano in uno degli episodi più creativi dell'album.

Alle tante perle si affiancano due brani leggermente sottotono: "I'm A Gypsy Man", unica cover (Sonny Curtis) inclusa nell'Lp, è il pezzo debole del disco, col suo incedere aperto e guidato da una chitarra piuttosto ruvida e inusuale per il musicista americano; "Ride Me High" è invece una buona canzone coi suoi suoni caldi ma (complice anche una durata fuori dagli standard del musicista) cade nella ripetitività.

Discorso a parte merita poi "Cocaine", brano divenuto il più celebre tra gli altri anche e soprattutto grazie all'interpretazione di Clapton appena un anno dopo nel suo "Slowhand". Il pezzo è un rock-blues tirato sicuramente inusuale per il classico stile di Cale, un grande brano che lancia un messaggio anti-droga, spesso misinterpretato dai più, che pur nella sua bellezza mal si lega al filo conduttore dell'album, e probabilmente avrebbe trovato la sua dimensione naturale come singolo apripista dell'Lp senza però essere incluso al suo interno.

Quarto album dell'allora trentasettenne musicista, "Troubadour", pur discostandosi parzialmente dalle precedenti uscite di JJ Cale, traccia ancora una volta splendidi paesaggi coi suoi suoni caldi che rimandano ai tempi andati, riconducibili non al suono ma a certe atmosfere tipiche dei primi dischi di "The Band".

Se non sapete da che punto partire nella scoperta di questo artista, "Troubadour" fa al caso vostro.

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