Nel luglio 2009 due importanti gruppi hanno suonato in Italia, il primo agli inizi del mese (martedì 7 e mercoledì 8), il secondo invece l'ultimo giorno, dunque venerdì 31.

Si tratta rispettivamente di U2 e Killing Joke. Ma perché metterli a confronto?

Che cosa condividono, oltre la casualità di aver visitato il Belpaese all'incirca nello stesso periodo? A pensarci bene, qualche punto in comune ce l'hanno: coeve e coetanee, le due formazioni nascono entrambe, pur con le dovute distanze stilistiche, sotto il segno della new wave, esordiscono su disco nello stesso anno (1980) ed ambedue saranno molto influenti per le generazioni successive. Ma le analogie si fermano qui, poiché un abisso separa il mondo degli U2 da quello dei Killing Joke: oggigiorno, i primi sono dei miliardari patinati e onnipresenti sulla scena musicale, mentre i secondi continuano ad essere un gruppo piuttosto élitario e i loro conti in banca non si avvicinano neanche lontanamente a quelli di Bono e soci.

I fatti più recenti riprovano perfettamente questo enorme divario. I primi hanno si sono esibiti nella solita grande città (Milano), al solito grande stadio (San Siro), su un palco costosissimo e fantascientifico, ben due volte di fronte a un totale di circa 150.000 spettatori. I secondi non hanno nemmeno suonato a Venezia, ma bensì a Tessera, piccolo sobborgo della città lagunare, su un prato (Forte Bazzera) grande anch'esso quanto un campo di calcio... Sì, ma di un paesino in provincia, altroché San Siro! Anche il palco, per quanto ben allestito, era  di modeste dimensioni e l'affluenza è stata di circa un migliaio di persone. Ancora, per vedere gli U2 era necessario  acquistare il biglietto molto tempo prima per non rischiare l'esaurimento scorte, ovviamente pagandolo fior di quattrini. Niente di tutto questo per i Killing Joke, per i quali nemmeno esisteva il biglietto, dacché si pagavano 18 euro all'ingresso della manifestazione.

Ma che cos'hanno da invidiare Coleman, Walker, Youth e Ferguson ai colleghi irlandesi, se non, per l'appunto, i profitti?

Niente, semmai è il contrario. Gli arcinoti "Dubliners", sotto la parvenza di uomini buoni, civilmente impegnati, pacifisti, ambientalisti, ambasciatori, cristiani e chi più ne ha più ne metta, sono degli  affaristi senza tanti scrupoli, attenti più al loro patrimonio che al valore della loro musica, giacché, secondo il mio modesto parere, è già da parecchi anni che non pubblicano qualcosa di decente. I londinesi, invece, sono sempre rimasti fedeli a sé stessi e si sono sempre mantenuti su livelli almeno decorosi , pur tenendo conto delle naturali evoluzioni stilistiche che a volte li hanno portati a sperimentare soluzioni più commerciali dei cupi esordi post-punk.

Allora perché un gruppo così valido continua a non avere la stessa fama di altri molto sopravvalutati?

Domanda certamente retorica, e anche piuttosto banale - del resto non è colpa degli U2 se tanta gente continua ad ignorare lo Scherzo Assassino -, ma che talvolta sorge spontanea da una certa indignazione. La stessa indignazione che ho provato al Forte Bazzera di Tessera, vedendo un afflusso a momenti inferiore di quello che assicurano le solite tribute band di Vasco e Ligabue a una qualsiasi Festa della Birra. Ma  a parte l'amarezza causata da queste iniquità, lo spettacolo ha rivelato una band ancora in forma, in grado di coinvolgere dalla prima all'ultima nota.

Il gruppo entra in scena sulle note introduttive di "Requiem", che Jaz Coleman canta indossando una maschera: volumi altissimi, potenza da vendere e un suono terribilmente moderno, anche a distanza di trent'anni dalla sua comparsa. Alla fine della canzone Coleman toglie la maschera e rivela il volto dipinto come al solito di bianco e nero. Dopodiché avvisa il pubblico con il suo accento inconfondibilmente "british" che una guerra sta per avere inizio, anticipando la leggendaria "Wardance", una delle prime pietre d'angolo dell'industrial. Il repertorio privilegia il primo, mitico album, dal quale vengono escluse solo le complesse "Tomorrow's World" e "S.O.36" , e include anche alcune hit della prima ora, tra cui "Madness" , "Love Like Blood" e "Eighties".

Coleman è sempre lo stesso, la sua voce, priva di particolari slanci, è comunque sempre efficace, talvolta suadente, più spesso aggressiva. Geordie Walker, sempre immobile, sembra voglia preservare la sua energia per trasmetterla solo alla chitarra, ai pochi, basici accordi elevati all'ennesima potenza da una distorsione granitica e al contempo sferragliante, quasi lancinante. Il bassista Martin "Youth" Glover si cimenta ora in linee essenziali e incalzanti ora in ritmiche di funky algido e robotico. Lo stesso si può dire del batterista Paul Ferguson, anch'egli abile a destreggiarsi tra ritmi punk e altri meno aggressivi  di matrice funk, lambendo talvolta, complice uno sporadico utilizzo del doppio pedale nei momenti più sostenuti, i confini del metal.

L'innesto di un quinto elemento non ufficiale, un giovane tastierista - soluzione che mi sembra sia stata adottata a partire da poco tempo fa - rileva Coleman dall'incarico di suonare il sintetizzatore. Ad essere precisi, e volendo anche un po' stronzi, un paio di sbavature ci sono state: Coleman sbaglia le parole su "Love Like Blood", cantando subito la seconda strofa al posto della prima, e il gruppo si confonde per qualche secondo in "The Wait", ma si tratta comunque di piccolezze che non pregiudicano la riuscita complessiva del concerto. Se proprio vogliamo trovare un difetto, forse si può recriminare la durata un po' troppo breve dell'esibizione (neanche un'ora e mezza). Ma forse, con il senno di poi, è stato meglio così, dato che per i due giorni successivi le orecchie fischiavano che era un piacere.  

Tornando al discorso di prima, se l'onore  e la dignità sono praticamente inutili, forse anche deleteri, a chi ha come primo obiettivo il successo, sono comunque due qualità di cui si deve tener conto quando si giudica la sostanza di un artista. Quindi, tornando anche all'improbabile e pretenzioso confronto di cui sopra, in fatto di onore e dignità i Killing Joke vincono a redini basse sugli U2.

P.S. Venni a conoscenza di questo evento un paio di mesi fa tramite la DeNotizia "Killing Joke veneziani per un giorno (orco can)". Quindi grazie Debaser, è anche merito tuo se il 31 luglio 2009 ho trascorso una delle serate più indimenticabili di questa estate.

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