So di essere in minoranza ma per me "Beat" è il miglior studio-album dei KC da 25 anni a questa parte; se il sorprendente "Discipline" ha senz'altro il merito di aver aperto il nuovo corso, "Beat" è più in linea con lo standard produttivo new wave del periodo, grazie sopratutto al discusso apporto del produttore Rhett Davies: il rock-gamelan di "Neal and Jack and Me" e "Waiting man", l'etnofunk di "Sartori in Tangier", l'industrial rock di "Neurotica" ("Pictures of a (New York) city"), la forma pop perfetta di "Tho Hands" e "Heartbeat" (unico video realizzato dai KC) e, per finire, la frippertronics di "Requiem" (un "Prince Rupert's lament part two") trovano quì un'esposizione più concisa e frizzante.

Il brano d'apertura, in particolare, costruito sul contrapputo chitarristico di "Discipline", integrato qui dal pungente sinth di Fripp (se si ascoltano i due brani in sequenza la continuità è evidente), è un omaggio di Belew a due eroi della Beat Generation (per inciso nell'album ci sono altri riferimenti alla cultura Beat, basti citare "Heart Beat", titolo di un libro di Cassidy, e "The Howler" che richiama la celebre poesia di Allen Ginsberg), lo scrittore Jack Keruac e il poeta/cantante folk Neil Cassidy lost in paris in una sfavillante studebaker coupe del 1952. Definitivamente uno dei miei pezzi preferiti dei KC, e poi come si fa a non amare versi in libertà come "Strange spaghetti in this solemn city... Hotel room homesickness on a fresh blue bed... And the longest-ever phone call home..... no Sleep no sleep no sleep no sleep and no mad. Video machine to eat time...).

P.S.: I brani di "Beat" e di tutta la trilogia anni '80 acquistano una nuova dimensione nell'eccellente live "Absent lovers", registrato durante la tournè dell'84, di cui consiglio l'ascolto a chi abbia apprezzato "Beat".

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