Potrebbe sembrare anacronistico parlare dell'Lp Lizard dei King Crimson a 25 anni di distanza dalla sua realizzazione, ma io credo che bisogna rivalutare certi lavori Progressive caduti nell'oblio. Soprattutto quando questi sono dei piccoli capolavori, nonostante all'epoca abbiano ricevuto un'accoglienza freddina, sia da parte della critica che del pubblico.

Con Lizard, i King Crimson sterzano decisamente verso un rock-jazz con ampio respiro sinfonico. Quest'avventura, che oggi sembra anacronistica, fu, ai tempi, il primo coraggioso esperimento compiuto dal movimento rock per entrare nell'olimpo della musica seria con una sua originale specificità. Sino ad allora, c'erano stati dei fallimentari esperimenti di fusione fra rock-bands ed orchestra sinfonica (ricordiamo i Deep Purple ed i Nice di Keith Emerson), che non avevano dato i risultati desiderati perchè entrambe le entità rimanevano sulle rispettive posizioni, senza creare una vera osmosi fra loro. Robert Fripp, invece, capisce che il respiro sinfonico non viene dato dal fatto di suonare con un'orchestra, ma dipende esclusivamente dalla composizione e dall'approccio musicale della rock-band. Essendo un talento in anticipo sui tempi, il geniale chitarrista concepisce l'idea, sicuramente ardita, di creare una mini-sinfonia rock a più movimenti (come una vera sinfonia classica) e le fa occupare un'intera facciata.

Lizard, che ovviamente dà il titolo anche all'intero album, è un vero gioiello musicale che attinge sia alla rigida tradizione romantica, che alla più libera concezione jazz (ed in alcuni momenti addirittura free-jazz). Il primo movimento (Prince Rupert Awakes)colpisce subito l'ascoltatore per la delicata melodia che alterna una strofa in tonalità la-minore ed una in la-maggiore, quasi una metafora dualistica dell'esistenza che dona dolori e gioie. Il tutto è ricamato dalla trasognata e malinconica voce di Jon Anderson, guest-star di lusso in prestito dagli Yes, che riesce a dipingere magistralmente il carattere decadente della composizione. Ma è nel secondo movimento (Bolero) che il genio di Robert Fripp esprime la sua voglia di fare grande musica. Accompagnato dall'ossessionante ritmica tipica del bolero, la melodia si snoda dolce e desolata verso un finale inquietante, dove un insieme di fiati, stile free-jazz, rompe l'incanto dato dal cristallino suono intonato dalla cornetta. Si tratta di un vero e proprio mini-capolavoro, aulico e sperimentale allo stesso tempo, che non ha avuto il riconoscimento meritato. Il terzo e quarto movimento (The Battle Of Glass Tears e Big Top), sono di poco inferiori ai primi due, ma contengono egualmente delle perle di originalità, acutizzate dal finale misterioso ed irrequieto a ritmo di walzer, improvvisamente interrotto proprio nel momento in cui ci si aspettava un "Gran Finale" degno delle migliori composizioni sinfoniche. La prima facciata, al contrario, è occupata da quattro tracks che, più o meno, riprendono le tematiche dei primi due grandiosi LP dei Crimson ("In The Court" e "In The Wake"), sui quali spiccano Cirkus, il cui finale decisamente classico, lascia intuire la voglia di "Musica Seria" del nostro Robert, e la decisa Indoor Games, composta da un lungo intreccio, quasi un dialogo, fra voce e sax. Discreti gli altri due pezzi (Happy Family e Lady of the Dancing Water), martoriati, purtroppo, dalla scadente voce di Gordon Haskell (impietoso il confronto con il Jon Anderson della seconda facciata).

In definitiva, un album che i più non ricordano, ma la cui originalità è fuori discussione. Il tentativo, poi fallito, dei musicisti Progressive di creare la "musica classica" del 2100, ha in Lizard un esperimento ben riuscito e serio, che nell'ambito rock ha un suo fratello, anche se completamente diverso, nel mitico Atom Heart Mother dei Pink Floyd.

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