Friedrich Nietzsche tradito da se stesso. Übermensch, profezia della ricostituita umanità, soggiogato nell'abbozzo di un'esistenza insufficiente. La malattia continua, gli affetti traditi, l'angoscia ne limitano l'autosufficienza. La vita come antagonista strutturale della filosofia, la sconfitta della sapienza dinanzi all'esistenza.

"In effetti dovrei avere intorno a me una cerchia di persone profonde e dolci, che mi proteggano un po' da me stesso e che mi sappiano anche rallegrare, perché per uno che pensa cose come quelle che sono costretto a pensare io è sempre vicinissimo il pericolo di autodistruggersi. " (F. Nietzsche, Frammenti Postumi, 1885-86, I)

È una guerra aperta con se stesso, la lotta cieca che vuole emancipare la propria miseria corporale da uno sguardo filosofico su di essa. Apatia. Pazzia. Perdita di memoria. Paralisi. Vincitori e vinti. Agone in cui non può sottrarsi lo spirito inquieto di Georg Trakl. L'equivoco affettivo con la sorella Grete, inganno al pari del tradimento di Rée a Friedrich negli anni meno sospetti: il tormento nell'accezione comune. È l'esistenza quella a cui si relaziona Trakl, lotta ad armi impari contro il tumulto che lo assoggetta. In brevità realizza attraverso l'orrore della guerra.

"Umanità schierata dinnanzi a bocche di fuoco, / rullìo di tamburi, fronti di oscuri guerrieri, / passi nella nebbia di sangue; nero ferro tintinna; / disperazione, notte in tristi cervelli: / qui l'ombra di Eva, caccia e rosso denaro/" (G. Trakl, Poesie, 1913)

Soggiogato cede alla vita di cui da vivo amò la natura. Lotta per la sopravvivenza di cui Frank Herbert si fa investigatore, l'applicazione della scienza alla filosofia, trasfigurazione attraverso cui la stirpe degli Atreides combatte con sacrificio umano per procacciarsi l'eterno sul suolo di Dune. Evoluzione darwiniana che pone di fronte le specie umane: principio dell'homo homini lupus che partorisce lo Übermensch nietzschiano. Lo scotto è la morte. Profezia nella speculazione. L'uomo diventa farmakòs di una natura ostile. La costruzione fittizia dell'arte: letteratura e musica emancipano l'uomo dalla propria fisicità. Contrasto nietzschiano in Wilhelm Friedemann Bach. La leggenda di una vita dissoluta, la certezza di un'ombrosità borrominiana. Promanazione incoerente del padre, conclusione dello sfacelo nella povertà più laida. Esistenza che getta nel conflitto artista e uomo: la musica vittima scarificale dell'etica. Scissione tra morale e istinto che riduce Ludwig II Von Bayern in libagione per la divinità cattolica, l'autoimposta censura dell'omosessualità. Il dominio trasposto nell'idea di una reggenza illuminata, il mecenatismo, governo del monarca-vate. Perpetua aspirazione che cozza aspramente con l'es, frustrazione perenne che è al contempo presagio di emarginazione: Ludwig ghettizzato dai burocrati e se stesso. Esistenza che non può assurgere alla condizione di equilibrio formale, dannazione proveniente dall'amore per il piacere, voluttà che consegna nelle mani della scienza della psiche il caso critico di un'umanità gaudente in forma mentis, trucida de facto. È il dissidio a governare la vita di Heinrich von Kleist. La poesia come cura del tormento, la disperata ricerca di un equilibrio stabile, eccitazione plenaria che nella parola scritta trova il suo palliativo. Scissione tra forma e contenuto. Slancio pre-romantico verso l'infinito, esigenza formale del pieno esercizio delle passioni più violente: l'illusione di un dominio dell'istinto. Vita raminga che nel viaggio non cerca la transizione, ma l'esizio, e nel viaggio rinnova l'idea di un conflitto insanabile tra ragione e sensibilità. Perisce di morte infausta, consegnando alla terra i suoi affetti febbrili.

"Ho compiuto il massimo cui riescono forze umane - tentato l'impossibile. Ho messo come posta tutto ciò che è mio. Il dado che decide, è tratto. Questo devo capire - e che ho perduto. " (H. von Kleist, Pentesilea, 1808)

Ora tutto questo, e non meno di questo, è "X", Klaus Schulze, 1978.

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