"Questo album sarà qualcosa di realmente nuovo. Se ti basi solo su un unico schema non fai altro che ripeterti". Parlava così Page nel 1972, illustrando quello che sarebbe stato il quinto album dei Led Zeppelin, allora probabilmente la band più famosa del pianeta. I Led erano infatti arrivati a un punto della loro carriera in cui era necessario intraprendere strade nuove: i primi quattro fantastici album che li avevano consegnati definitivamente al mito appartenevano ad un troppo recente passato e non permettevano più di ricorrere alle stesse formule utilizzate in precedenza. Ora occorreva un rinnovamento, un cambiamento, che avrebbe inevitabilmente comportato dei rischi che era però necessario prendere.
È con questi pensieri che la band ritorna in studio nei primi mesi del 1972 per la registrazione di "Houses Of The Holy" , la cui uscita prevista per la fine dell'anno venne posticipata all'inzio del 1973 per problemi sorti durante la realizzazione della copertina. In effetti già dal primo brano del disco, "The Song Remains The Same", si sente che qualcosa è cambiato nel sound dei Led: non più grezzo e sporco, ma pulito e cristallino. La canzone è scintillante, e viene scritta da Page inizialmente come uno strumentale; Plant aggiungerà le parole solo all'ultimo momento. "The Song Remains The Same" viene costruita su un eccezionale tessuto ritmico, che Page ricama con continue sovraincisioni di chitarre, sia a 12 che a 6 corde, dando brillantezza al brano. Merito anche di un magnifico Jones in grande spolvero, e di una interpretazione vocale di Plant veramente notevole. Dopo questo inizio folgorante si arriva all'acustica "The Rain Song", un capolavoro. La dolce melodia abbinata al sottile mellotron di Jones e al delicato canto di Plant viene squarciata verso la fine da un cambio di passo che la rende un rock un po' più movimentato, prima di farla ritornare alla sua forma originale. Arriva quindi "Over The Hills And Far Away", brano aperto da un irresistibile riff acustico di Page che sfocia poi nel ritornello elettrico. La canzone ha una sezione ritmica veramente eccezionale, a testimonianza della solidità del legame ritmico tra Jones e Bonham, ed è un brano allegro e solare, il che lo rende ancora più godibile. Dopo questo brillante episodio si arriva a "The Crunge" un divertente brano caratterizzato dal riff funky di Page, che continua a entrare e a uscire dal ritmo suonato da Bonham, rendendo il pezzo non ballabile. Si prosegue con la gioiosa "Dancing Days" che testimonia il periodo particolarmente felice del gruppo. È un brano che trova ancora nella chitarra di Page l'asse portante, ma, nonostante tutto, rimane un episodio minore della discografia dei Led. L'atmosfera scherzosa continua con la trascurabile "D'Yer Mak'er", una divertente parodia del reggae, il cui titolo è un gioco di parole tra l'assonanza di "Da ye make her" e "Jamaica". Dopo questo brano arriva il capolavoro di "Houses Of The Holy": "No Quarter". Qui la voce filtrata di Plant, le tastiere di Jones, e il minaccioso riff di Page conferiscono al pezzo tensione, drammaticità, mistero e intensità avvolgendolo in una nebbia inquietante. La trama oscura e misteriosa sfocia nella parte centrale del brano in un assolo jazz stupendamente interpretato da Page. Il protagonista, nonché l'autore principale del pezzo, è però Jones con la sua tastiera. "No Quarter" infatti nelle esibizioni live diventerà la sua passerella, come lo erano "Dazed & Confused" per Page e "Moby Dick" per Bonham. Dopo questo epico brano si ritorna per una conclusione in bellezza ad un pezzo più solare: "The Ocean" è un bel rock deciso incentrato ancora sul riff efficace di Page, ed il titolo è una metafora per indicare l'oceano di teste di fans che i Led trovavano ai propri concerti.
Il disco venne pubblicato il 28 marzo 1973, e conquistò la prima posizione sia nelle classifiche statunitensi sia in quelle inglesi, ma fu letteralmente bastonato dalla critica, cosa che amareggiò molto il gruppo, soprattutto Page. "Houses Of The Holy" deve essere rivalutato, perché è veramente un grandissimo album, ma tale rivalutazione non è ancora del tutto avvenuta. È il cosiddetto album di transizione che vede i Led alla ricerca di qualcosa di nuovo: canzoni dalle strutture ritmiche più complesse e meno dirette, suoni brillanti e puliti, meno blues e hard-rock. "Houses Of The Holy" inaugura il periodo più luminoso dei Led: quello della loro popolarità, che nei tre anni successivi toccherà il punto più alto, della maturità artistica e delle riflessioni su un futuro ancora incerto.
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