È un po' bizzarro fare la recensione di un album del quale non si sa neanche il titolo, ma, come disse Robert Plant alla vigilia dell'uscita, l'intenzione era quella di focalizzare l'attenzione del pubblico esclusivamnte sulla musica che contenteva.
Ma contrariamente all'intento della band, "l'oscurità" di questo album - sul quale non compariva né un titolo, né il nome della band, ma comparivano solo quattro strani simboli e una riproduzione dell'Eremita dei Tarocchi - diede ancora piú importanza e un certo velo di mistero e curiosità al lavoro.
Per comodità, venne intitolato semplicemente "Untitled", ma anche "IV", in quanto seguiva a "III", o "Four Symbols" (per il fatto che anche all'interno della copertina comparivano quattro simboli dal significato talora magico, talora mistico, talora diabolico che rappresentavano ciascun membro della band), o "Zoso" (il simbolo che rappresentava Jimmy Page, nonché l'unico a cui si potesse dare un nome).
Venerato, contemplato dalla critica e dal pubblico, premiato con l'entrata nella Grammy Hall Of Fame, "IV" è l'evoluzione e la consacrazione della sperimentazione e delle inclinazioni piú soft iniziate con i precedenti lavori e soprattutto con "III".
Attivo, energico, volubile, "IV" è un misto di elegante hard rock ("Black Dog", "Rock'n'Roll", "Missy Mountain Hop"), di blues (la ending track "When The Levee Breaks", ripresa del brano di Memphis Minnie del 1928), di acoustic-folk ("The Battle of Evermore", tenebro e tragico duetto tra le dinamiche doti vocali di Plant, talmente potenti da fondersi egregiamente con gli altri strumenti e da diventare a loro volta un quarto strumento - la fusione è talmente ben riuscita da non riuscire a volte a distinguere lo strumento dalla voce - e Sandy Denny dei Fairport Convention, accompagnato solo dal suono del mandolino di Page) - e molto, moltissimo rock'n'roll.
Dopo l'ascolto delle prime tre canzoni - bellissime - ci si rende conto che non sono niente meno che un elegante tappeto rosso, confezionato con il piú raro e raffinato tessuto, da percorere prima di arrivare alla maestosa, leggendaria "Stairway To Heaven": intersezione del puro hard rock con un suono a volte macabro-medievale (del resto Plant ha sempre manifestato il suo fascino per il mistico-religiso).
Anche chi li preferiva da duri, si ferma, ammira, e crede di essere sulla scala per il paradiso. "E noi passiamo come un soffio sulla strada, con le ombre piú grandi dell'anima, e là cammina una signora che tutti conosciamo, che risplende di luce e vuole dimostrare che tutto ancora si trasforma in oro".
Led Zeppelin IV, Runes, Zoso, Untitled, Four Symbols, Stairway to Heaven o come lo volete chiamare, non ha importanza, perché un disco perfetto come questo non ha bisogno di essere chiamato, deve essere ascoltato.
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