Un esordio col botto, inutile negarlo. Non vorrei addentrarmi nella solita polemica riguardante se i Led Zeppelin abbiano inventato qualcosa o no. Forse non hanno inventato nulla ma hanno saputo unire il blues al rock come nessuno aveva fatto prima, reinventando un genere in crisi creativa e rendendolo devastante, viscerale e certamente più complesso. E' un album quasi tutto composto da cover o rifacimenti (specie da Willie Dixon) ma non importa: il risultato è geniale, arriva al cuore, all'anima e al cervello come un fulmine a ciel sereno.
"Good Times Bad Times", dal riff introduttivo memorabile, alza il sipario su questo capolavoro, un perfetta sintesi di come sarà il sound degli Zeppelin da lì in poi, almeno nei successivi 3 albums.
"Babe, I'm Gonna Leave You": brano folk tradizionale caratterizzato da momenti di struggente malinconia e da improvvise esplosioni di chitarra.
"You Shook Me" è il terzo brano, splendido blues di Dixon, il quale, grazie ai virtuosismi di Page e alla sensualissima prova vocale di Robert Plant, viene notevolmente valorizzato.
E veniamo a "Dazed and Confused" uno dei pezzi più sperimentali e all'avanguardia per l'epoca: Jimmy Page suona la chitarra con l'archetto del violino e il brano diventerà in seguito uno dei cavalli di battaglia del grande chitarrista inglese, creando con questa originalissima tecnica suoni demoniaci, angoscianti e suggestivi.
"Your Time is Gonna Come", una ballata con un'impronta folkeggiante, è forse il pezzo meno interessante e più debole dell'intero album, molto gradevole ma nulla di più.
"Black Mountain Side" è una felice parentesi strumentale, un eccellente assolo acustico di Page, a parer mio, il migliore di tutti.
"Communication Breakdown": un classico dal riff devastante e frenetico, accompagnato da una batteria superba. Il canto urlato dell'angelo biondo Robert Plant è grintoso e passionale, come una sorta di Janis Joplin al maschile.
"I Can't Quit You Babe" è di nuovo un mirabile esempio di blues/rock di pregevole fattura.
L'ultimo pezzo, "How Many More Times", basso e batteria mozzafiato, è quello che preferisco. Forse per il suo ritmo crescente e incalzante, per la sua assoluta durezza, per essere così piacevolmente ossessiva.
Fortemente rivoluzionaria e innovativa, quest'opera prima del celebre gruppo britannico è una ventata di aria fresca e nuova, un toccasana rigenerante, un elisir di lunga vita per un rock stagnante e ripetitivo. Lascia intravedere senza ombra di dubbio il futuro roseo dei Led Zeppelin, questa band immensa che tanto ha dato alla musica contemporanea per quasi 4 decenni. Uscì nel '69, stesso anno di "In the Court of the Crimson King" : era iniziata una nuova era e il dirigibile cominciò a volare...
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