"12-5-87 -(Aprite i vostri occhi)": un disco live che fin dal titolo è il proclama di una delle più grandi band italiane degli anni '80, i Litfiba. Piaccia o no l'ensemble toscano ha segnato indelebilmente la storia del rock italiano, dando vita a molti cloni di sè senza purtroppo pari carisma e talento (e mi dispiace dirlo, gli stessi Litfiba "nuovo corso" appartengono a tale schiera).

Ma lasciando da parte considerazioni personali su quello che fu ed è tuttora la storia di questa band, mi piace ripetere che il disco recensito è davvero un proclama: di idee, di forza espressiva, di contraddizioni e, soprattutto, di sincerità quasi brutale. E' la fotografia musicale esatta, senza alcuna sovraincisione (come diversamente scelsero per "Pirata"), di quello che erano umanamente e musicalmente i Litfiba del maggio '87: 4 individui reduci da un disco affascinante, discontinuo ma spiazzante e magmatico come "17 Re",  e da un lungo tour che li portò in giro per il mondo, ma soprattutto 4 persone in aperta battaglia sia sonora che di idee. E' palese il contrasto tra l'influenza di una certa new wave "decandentista" per il bassista Maroccolo ed il tastierista Aiazzi, e il rock più classico e fruibile del chitarrista Renzulli unito all'istrionismo di Pelù: in mezzo, ago della bilancia, il batterista De Palma con il suo modo così personale e controtempo di condurre la ritmica. Ma è una battaglia che dà frutti: "Resta", "Re del silenzio", "Ferito", "Apapaia", "Cane", "Tziganata", "La preda", ti prendono letteralmente il respiro, cavalcano veloci sulle note del basso ed i feedback della chitarra, in un equilibrio imperfetto ma efficace, con un Pelù a tratti sbraitante, a tratti sciamano, uno dei cantanti più personali e potenti di quegli anni (prima che il suo timbro di voce unico e riconoscibile diventasse un'ironica "macchietta"). Aiazzi con la sua melodia e le sue tastiere addolcisce questo impasto e Ringo De Palma che di colpo accelera per poi nuovamente rallentare, stordisce e avvolge l'ascoltatore con il suo rullare.

Il vero capolavoro arriva con "Vendette/Luna": un'incredibile commistione tra due canzoni diverse, suoni che si rincorrono e combattono tra loro, una corsa quasi senza fine e senza respiro, con ciascuno strumento che contemporaneamente vuole eccellere ma anche essere al servizio della canzone, canzone che non finisce mai (17 minuti!) ma che nemmeno vorresti finisse. Un ascolto che ferisce il cuore ma che lo fa anche battere forte. Infine, ad aprire e chiudere l'album, le due canzoni "Come un Dio" e "Ballata": la prima ad annunciare un disco in perenne ascesa di tensione sonora e ritmica e l'ultima ad offrire un'inattesa quiete a chiusura del concerto. 

"Aprite i vostri occhi" è finito, scivola fuori dal mio lettore compact disc e, mentre lo ripongo nella custodia, penso che anch'io avrei voluto essere tra gli spettatori del Tenax di Firenze in quel 12/05/1987 ma penso anche che il disco mi abbia fatto sentire idealmente tra loro, sudato e felice. Quale complimento migliore per un "live"?

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