Ligabue ha scocciato: è semplicissimo. Non se ne può più di vedere sugli scaffali dei negozi di dischi album identici l'uno all'altro. Ora basta, insomma. Il mio giudizio si basa sull'ascolto di alcuni singoli provenienti dagli ultimi album (da "Miss Mondo" in poi) e da diverse recensioni internettiane che parlano di cose che Ligabue dice ormai da vent'anni: rock senza fronzoli, ballate profonde, testi ruvidamente esistenziali. Eh si, l'abbiamo capito. Ma basta.

Mi sono soffermato con più piacere, invece, sui primi album. Certo, si vede subito che il Liga non vuole buttarsi nella mischia del cantautorato nudo e crudo, quello coi testi difficili e gli arrangiamenti ricercati. Ha qualcosa da dire, ma lo dice sempre tenendo bene a mente di fare una bella figura in classifica. Il suo primo album ("Ligabue", del 1990) contiene brani buoni ma tutt'altro che eccelsi, primo fra tutti la ballatona malinconica e notturna di "Piccola Stella Senza Cielo", che a mio parere si trasforma ben presto in una nenia pallosissima, e l'altrettanto amara "Non E' Tempo Per Noi" con la quale, però, non capisco cosa c'entri il banjo. "Lambrusco Coltelli Rose E Pop Corn" (ma da dove cazzo l'hai preso??) prosegue sulla strada del rock anthemico e orecchiabile ("Salviamoci La Pelle", "Libera Nos A Malo") e si lascia andare ad uno degli episodi migliori a mio avviso della carriera del rocker romagnolo: "Camera Con Vista Sul Deserto", allucinazione folk-blues che sconfina quasi nella psichedelia.

Poi c'è questo "Sopravvissuti E Sopravviventi", venuto prima di "Una Vita Da Mediano", prima di "Eri Bellissima", prima di "hai già rotto con sto eppi auar, dei miei coglioni resta solo la metà". Insomma, prima che il Liga si compiacesse del suo status di rocker coi miliardi concedendo un suo classico singolone a uno spot televisivo. Alcune recensioni sparse qua e là per il web lo dipingono come una sorta di "pecora nera" all'interno della discografia del Liga, quello che ha venduto di meno, quello più cupo ecc. ecc. Cosa ci sarà di vero in tutto ciò? Mi sono chiesto. Andiamo ad ascoltare.

C'è di vero che i testi non sono assolutamente banali, nel loro realismo secco ed essenziale. Certo, "AAA Qualcuno Cercasi" soffre di buoni sentimenti sparati in maniera un po' troppo stereotipata, e soprattutto, resta nell'ottica dell'anthem orecchiabile e potente quanto basta per essere urlata ai concerti, ma nulla più. La prima traccia dell'album fa molto meglio: "Ancora In Piedi" sembra quasi smentire quelle recensioni che parlavano di cupezza e malinconia con un'affermazione testarda di sopravvivenza: il tutto al passo di un rock semplice e funkeggiante. Ma si tratta di una falsa partenza, perchè il Liga fa presto a scombinare (abbastanza) le carte in tavola con una serie di brani che sembrano attanagliati da un'angoscia fastidiosa e opprimente: "Ho Messo Via" (con tanto di pianoforte e assolo di tromba del costanziano Demo Morselli) è una ballata speziata di country perfetta per chiunque non riesca a "mettere via" qualcuno. "Walter Il Mago" è un'altra delle sue canzoni-sceneggiatura, alla "Bambolina E Barracuda" del primo album, tuttavia fa molto meglio: intro di pianoforte, tonalità rassegnata che esplode nel ritornello quasi epico e testo ironico-malinconico sulla vita di un mago che ha smesso da tempo di stupire gli amici con i suoi trucchi ma al quale si sorride ancora per simpatia. "Quando Tocca A Te" è quasi il nadir della depressione: chitarra acustica, cadenza lenta, inserti di pianoforte, il tutto per confezionare un brano che va a parare in un finale bandistico surreale e inaspettato. Il Liga non dimentica mai di essere un rocker, comunque, e si concede alcuni pezzi tosti e quasi rabbiosi: il quasi reportage di "Dove Fermano I Treni", la triste "I Duri Hanno Due Cuori" e l'ombrosa "Pane Al Pane", brani che riportano in auge i riff secchi ed essenziali, le cadenze trascinanti e la voce roca delle sue prove più "hard". Come si conclude tutto ciò? Addirittura con una sorta di "requiem" quasi alla Morricone (tromba, kazoo, tastiere) che sconfina nell'ambient. Questa non me lo aspettavo e, a mio avviso, fa onore al rocker di Correggio.

Poi? Mah... so poco o nulla di quello che passa tra quest'album e "Miss Mondo". Il guaio è che un singolo sembra uguale all'altro. E soprattutto, i brani che il Liga decide di far conoscere come singoli non fanno venir voglia di comprare i suoi album, almeno ora non me lo fanno proprio venire in mente, in fondo quando Ligabue irruppe sulle scene italiane io non sapevo nemmeno chi fosse. Per non parlare di "Fuori come va?" e di "Nome e cognome", sempre la stessa solfa, rock puro, ritornelli orecchiabili, testi che cercano di parlare dei disagi e dei desideri dei "ggiovani" non dimenticando di spargere qua e là qualche perla di vita vissuta (o almeno così vuole farci credere lui, chissà). Io però, resto con quest'album. Ligabue non ha mai inventato ne inventerà mai nulla, e gli si potrebbe benissimo chiedere, invece di "quanto costa fare finta di essere una star?", "quanto costa provare la pazienza della gente all'infinito?". Certo, finchè riuscirà a riempire gli stadi, lui continuerà a fare lo stesso album ad libitum. Però mi piace pensare che, probabilmente, un briciolo della sua vera personalità è venuta fuori in quest'album, a dispetto del Ligabue "rocker finto-ribelle da spot televisivo" che deve pensare al mercato e alla casa discografica. Chissà la verità dov'è.

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