Con Hegel Battisti è al capolinea, a meno che negli anni trascorsi tra la pubblicazione di questo disco e la morte, il nostro cantautore abbia avuto la forza di andare oltre. E il punto è proprio questo: fin dove Battisti poteva arrivare dopo Hegel? Il disco è infatti l'approdo finale della fase più criptica del Battisti sperimentale.

Qui non si ammica più agli anni sessanta, che ancora emergevano nel precedente CSAR. Qui si va oltre: ascoltate i 4 minuti de La voce del viso, una canzone sparata a un bpm prossimo ai 180, un falsetto che ondeggia intorno a frequenze sconosciute anche ad interpreti donna, un testo contorto eppure clamorosamente chiaro, chitarre e tastiere effettate che si fondono le une con le altre. Gli strumenti tradizionali in tutto l'album sono meramente decorativi, le chitarre di CSAR sono sommerse dai loop elettronici, gli arrangiamenti orchestrali de La sposa occidentale sono tappeti di tastiere, la batteria fuoriesce oramai da un sintetizzatore.
Eppure questo disco non è un disco senz'anima, anzi, è una musica nuova, roboante, ridondante di sovrapposizioni di suoni, indissolubilmente invischiata in liriche praticamente perfette. Panella, il paroliere, fa il suo lavoro senza più porsi alcun problema sulla musicabilità del testo; sa che il Battisti degli anni '90 può scrivere la colonna sonora anche di un elenco telefonico, e quindi non scrive più rime ad effetto, non cerca assonanze assolutamente musicali, spesso ignora anche la fluidità del testo. I classici escamotage degli autori sono questa volta quasi elusi, anzi ingannati:

Ti spadroneggia allora il tuo godio,
disincantato in quanto,
più è restio al racconto lenitivo,
al riassunto giulivo, e non è riso appunto,
e non è pianto il tuo perché racconta il riso e il pianto è il suo riassunto

"riassunto" arriva quando ormai sembra troppo tardi, ma è una rima così nuova e azzeccata che l'aggancio riesce in pieno! Esempi del genere abbondano pressocchè ovunque e quando la musica non riesce ad inseguire il testo è il testo che si piega, col cantato, alla musica.
Hegel non è il capolavoro di Battisti e neanche un capolavoro in seno alla musica italiana.
E' più che altro un esperimento estremo, forse irripetibile, un limite massimo, un picco, irraggiungibile anche solo nel semplice livello tecnico-compositivo.
Non è un disco indispensabile, perchè non serve a capire nient'altro che il disco stesso. Se quindi siete coraggiosi compratelo. Se siete anche pazienti, ascoltatelo almeno venti volte. Se inoltre amate la musica al ventunesimo ascolto amerete anche questo disco.

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