29 settembre 1994.
Ultimo passo, ultimo disco. Dopo essere andati oltre col precedente concept "Cosa Succederà Alla Ragazza (C.S.A.R.)", pubblicato nel 1992, Battisti e Panella non si capiscono più: il primo prosegue verso la discesa delle vendite per via dei dischi bianchi, mentre il secondo non ne può più e da il via al sodalizio con Amadeo Minghi che, come riportato in una recente intervista rilasciata su Rolling Stone, in seguito gli frutterà molta più grana rispetto al solidalizio con Battisti. Nell'intervista, inoltre, si capisce come il Poeta e l'Artista non avessero stima reciproca. Il loro era quasi un gioco meccanico: Panella scriveva piccoli capolavori come i testi de "L'Apparenza" in meno di una settimana, mentre Battisti - sin da "Don Giovanni" - decideva di capovolgere il concetto di musica leggera che gli era stato attribuito, dando spazio alla propria arte e abbandonando gli stilemi del passato. Qui, perciò, si presentano due artisti dadaisti - fra i due più Panella che Battisti - i quali per otto anni hanno sconcertato sia il pubblico medio dell'artista stesso sia quello intellettuale che, di lì a poco, avrebbe colpito nel gioiellino di "Hegel".
Può Battisti far sposare il concetto filosofico del teologo Hegel al suo sulla musica e sull'amore? Egli non hai smesso di parlar d'amore. Semmai ha abbandonato quel metodo da "canzonetta" che gli continuano a dare spesso e volentieri tutt'oggi. Difatti, Battisti per molti è morto con "Una Giornata Uggiosa", del 1980. Non esistono nè "E Già", nè gli album bianchi. Questo continuo rimurginarsi, da parte di Battisti, sulle vendite ha portato, però, alla realizzazione di musiche e testi realmente alternativi (letfield) quali i già citati "L'Apparenza", "C.S.A.R." ed "Hegel". Con quest'ultimo si chiude un circolo vizioso: si finisce in bellezza con pezzoni poco ricordarti come la title track, "Tubinga", "Stanze Come Questa", "Estetica", ovvero l'ultimo capolavoro dell'artista, e "La Voce Nel Viso". Tutti pezzi discreti se confrontati col precedente "C.S.A.R." che, a detta di molti, è "danneggiato" per via degli arrangiamenti criptici e ossessivi ma che, al contempo, risulta superiore.
Per il suo ultimo disco, Battisti rilascia due cose importanti:
1) La copertina. Una lucida e sincera "E" interpretabilissima. Può essere la "E" mancante della scritta "C.S.A.R.", che farebbero riferimento ad un certo Cesar. Che possa essere Cesar Monti? Fotografo e pittore, in primo luogo realizzò moltissime copertine durante gli anni 70' di gruppi prog/psichedelici minori e non (Museo Rosenbach, PFM, Dedalus, Dik Dik, Perigeo, Equipe 84, Banco Del Mutuo Soccorso, Cervello), ma fu soprattutto l'autore di celebri copertine dello stesso Battisti, fra cui quelle dei singoli "La Canzone Del Sole/Anche Per Te", "Innocenti Evasioni/Il Leone E La Gallina" e "Il Mio Canto Libero/Confusione" e degli album "Umanamente Uomo: Il Sogno", "Anima Latina" e "Lucio Battisti, La Batteria, Il Contrabbasso Eccetera". Tuttavia, vista la natura dell'album e la precedente risorsa esoterica di "CSAR", il mistero è ancora irrisolto, sebbene c'è chi allude ad un riferimento medio-orientale, legato all'Egitto.
2) Le svariate influenze elettroniche fra cui, possiamo trovare, la dance alternativa e l'elettropop (Almeno L'Inizio,Tubinga), la dub e il synth pop (Hegel, La Bellezza Riunita, Estetica), il funk (La Moda Nel Respiro), la jungle e la folktronica (Stanze Come Questa) e l'europop (La Voce Nel Viso). Il brano facilmente più arrivabile, ma anche il più bello del disco, è sicuramente "Estetica", una ballata di stucco rientrante nella sua dimensione onirica: basti pensare al verso "E' successo quello che doveva succedere" per vedere la profonda partecipazione di Panella alla realizzazione del concept: il pensiero del teologo Hegel, infatti, affermava che ciò che è reale è razionale, ovvero che, in una determinata situazione, ciò che è accade deve accadere perché la ragione e ciò che è esiste (ovvero un concetto astratto e ciò che è reale) vanno a braccetto. Tutto va oltre il surrealismo stesso, tantoché Battisti decide di incorniciare il tutto con melodie alternanti: tristi, allegre e ancora felici e rabbiose.
Panella stesso disse in un'intervista che solo chi è stato al liceo può comprendere Hegel, mentre se chi ascolta l'album è un idiota allora ammetterà che chi ha scritto i testi ha scritto idiozie. Ebbene, avendo frequentato il liceo e avendo avuto a che fare con la figura controversa del filosofo e teologo, devo ammettere che del disco ho ancora capito due quarti e che, probabilmente, non arriverò a capirlo mai. Tuttavia, la commistione di sonorità fortemente elettroniche con testi avanguardistici lascia tutt'oggi basiti. Ci si chiede come mai Battisti abbia voluto lasciarci con questo ultimo disco ancora non capito nè da me nè dai suoi vecchi fan.
Girano voci riguardo questo fatto, ovvero che l'artista in realtà volesse realizzare un ultimo album ma che, per via delle scarse vendite di Hegel (60.000 circa), non fu possibile. Ci fu in seguito un pesce d'aprile organizzato da un giornalista Franco Zanetti nel 1998: lo scherzo tendeva a far credere che lo stesso Battisti avesse pubblicato un album online, "L'Asola" (in romanesco "fregatura"), sul suo sito appena creata. La notizia si diffuse e Zanetti disse che era uno scherzo ma, nonostante ciò, per pochissimi ancora oggi "L'Asola" è considerato l'ultimo album di Battisti.
"Hegel" è, quindi, il testamento di Battisti. Che fosse un ultimo tentativo di libertà musicale da parte dell'artista? Che fosse in grido d'aiuto verso le case discografiche - non a caso questo fu l'ultimo album pubblicato con la "Numero Uno"? Non lo sapremo mai. Sappiamo solo che gli album bianchi sono stati una fonte di emozioni uniche. Molti le giudicano fredde ma, per citare un commento su YouTube, sono terribilmente calde.
Elenco tracce testi e video
02 Hegel (05:15)
Ricordo il suo bel nome: Hegel Tubinga
ed io avrei masticato
la sua tuta da ginnastica.
Il nome se lo prese in prestito dai libri
e fu come copiare di nascosto,
fu come soffiare sul fuoco.
Cataste scolastiche: perché?
Quando tutto è perduto non resta che la cenere e l'amore;
e lei nel suo bel nome era una Jena.
Chi di noi il governato e chi il governatore
son fatti che attengono alla storia.
Chi fosse la provincia e chi l'impero
non è il punto:
il punto era l'incendio.
Erano gli esercizi obbligatori estetici,
le occhiate di traverso, e tu guardavi indietro;
c'eravamo capiti, capiti all'inverso.
Ci diventammo leciti per questo.
D'altronde, d'altro canto.
A volte essere nemici facilita.
Piacersi è così inutile.
Un bacio dai bei modi grossolani
sfuggì come uno schiaffo senza mani.
Talmente presi ci si rese conto
d'essere un'allegoria soltanto quando
ci capitò di dire, indicando il soffitto col naso,
di dire "Noi due" e ci marmorizzammo.
La corda tesa, amò l'arco
e la tempesta la schiuma,
il cuore amò se stesso,
ma noi non divagammo.
L'animo umano è nulla se non è
una pietra da scalfire ricavando
i capelli e il suo bel piede.
Era la collisione, il primo scontro epico,
perché non scritto ma cavalcato a pelo,
ed ognuno esigeva
la terra dell'altro,
le mani, la terra, la carne, il terreno.
03 Tubinga (04:54)
Da qualche tempo è recente anche l'antico.
Il disco del Discobolo è cromato.
Nella testa di Seneca si sente
il motorino di un frullatore.
Nelle piramidi continuamente
scatta un otturatore.
E in te Tubinga, in te non c'è un juke-box e non un tostapane.
Tu mi risparmi d'essere testimone antico e recente
delle istruzioni lette attentamente.
Non un tasto in comune, non un percorso,
passando per bi e ci dalla a alla di.
non un cablaggio, non una connessione.
Non la contemplazione, nemmeno l'esperienza.
Ma una delicata, leggera confusione
perché mi sfugga come una stoltezza
l'invocazione a te, mio generale, mia generalessa.
E al posto del carattere.
E al posto del carattere, mia cara,
poniamo una tempesta, un caso esterno,
un alto mare che i giorni, i mesi e gli anni
inseguono e non possono afferrare.
Io decorato di passamanerie come un divano
per dirti siediti, distendi le tue gambe
ed usura il tessuto col tallone,
poi dormici su che poi, quando ti svegli,
parlandoti di me ti dirò "Egli.
Egli è qui. È qui ed ora" e non ti dirò altro.
Non parlerò di stili e di reliquie.
Tutto è recente come uno squillo di sveglia.
La data più vicina è un dormiveglia.
E al posto di cose ci sono le cose.
Poniamo le cose esaurite, le stesse.
E dopo le stesse mettiamo le cose
se le medesime vanno esaurendo.
Un bel poligono al posto della stella
e nel quadrato il tondo andando bene.
Nel coraggio di Achille le rotelle
per fare l'orlo alle pastarelle.
E supplicante l'immagine è morente,
narciso e dalia insetto galleggiante,
come pasto rimastica le spente
nature morte virtuosamente.
Ahi!
C'è qualcosa che cade
e una cosa sta su.
Ahi!
C'è del chiaro e del bruno c'è,
c'è una chiusa cosa in sé
fa un rumore un po' tacito.
Sembrerebbe il sussurro dell'acqua.
Ahi!
C'è qualcosa che odora,
una profumo non ha.
Ahi!
C'è del grande e del piccolo.
Una c'è fintantocché ce n'è un'altra che mormora.
Sembrerebbe il sussurro dell'acqua.
Ahi!
C'è qualcosa che chiude,
una schiude, una resta dov'è;
c'è
dell'asciutto e dell'umido
nelle cose, cosicché piatte l'une altre ripide.
Sembrerebbe il sussurro dell'acqua.
07 Estetica (05:11)
È successo quello che doveva succedere.
Ci siamo addormentati, perché è venuto il sonno
a fare il nostro periodico ritratto.
E per somigliarci a noi
più che noi stessi, ci vuole fermi,
che appena respiriamo,
e mobili ogni tanto,
come un tratto
sicuro di matita. Ecco che siamo
la viva immagine di una
distilleria abusiva che
goccia a goccia
secerne puro spirito.
Noi dietro una colonna ridevamo per l'aneddoto,
e ci contrastavamo amabilmente
su aria, fiato e facoltà vitale,
su brio d'intelligenza,
sull'indole e sull'estro,
soffio, refolo, vento e venticello,
sull'essenza e sulla soluzione,
sul volatile e sulla proporzione,
sul naturale e sul denaturato.
E poi sulla fortuna.
La fortuna non c'entra
quando una cosa
per terra si posa.
E vale sia per l'estetica
che per l'allodola.
E lui continuava a ritrattare.
A ritrattare quindi.
E la reale
e doppia fisionomia nostra
spariva via
come una coppia annoiata di
visitatori da una mostra.
Noi dietro le sue spalle
ridevamo per l'aneddoto
mimetico, drammatico, faceto, ditirambico,
e ci contrastavamo amabilmente
su verde, rosa e viola del pensiero,
su mente giudicante,
su lampo e riflessione,
e sul limpido e il cupo e il commovente,
su coscienza e su allucinazione,
sulla celebre cena e gli invitati.
Colori che divorano colori
se lo spirito s'eccita,
per caso esilarando,
oppure ardendo,
bruciando bruciando.
E chi dei due
ha le parti fredde
cercando le tue.
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Altre recensioni
Di voiceface
Con Hegel Battisti è al capolinea, a meno che negli anni trascorsi abbia avuto la forza di andare oltre.
Se siete coraggiosi compratelo. Se siete anche pazienti, ascoltatelo almeno venti volte.
Di GianlucaGT
«Tutto è racchiuso all’interno dell’anima: l’emozione, la sofferenza, la gioia. Tutto chiuso ermeticamente.»
«Un finale da brivido, l’apice della maturazione umana di un genio, un atto di conclusione che solo chi come lui poteva permettersi di immaginare.»
Di Darius
Hegel, 1994, fu l’ultimo ruggito di un uomo che preferì senza proferire parola il semi-anonimato, l’isolamento, il silenzio stampa.
I brani di Hegel sono dunque un tentativo di immedesimare, palesare, “umanizzare” un complicatissimo poema filosofico vincolato a una figura intellettuale ottocentesca adattandolo al contesto post-moderno di fine millennio.
Di Abraham
"Hegel è una magnificenza di presa per il culo, lo sberleffo definitivo, il commiato disinteressato di Battisti."
"Peccato, perché 'Hegel' è il semplice connubio tra la mostruosità delle parole campate in aria senza posa ma con grazia smisurata da Pasquale Panella e le melodie azzeccate di Battisti."