Comincio già subito a dire che questo doppione serve: una rece non parla proprio dell'album ma è una specie di "approfondimento" di esso, un'altra è un testo che per quanto sia carino non parla dell'album e l'ultima è un cazzolino grosso così che non rende per niente giustizia al disco. Detto questo, ecco che mi approccio a parlare de L'apparenza. Uscito nel 1988, per alcuni secondo dei bianchi, per altri il primo (io sono per quelli che dicono che sia il secondo dei bianchi, perchè mi sembra terribilmente e insopportabilmente pignolo escludere Don Giovanni, per il fatto che la copertina sia beige e non bianca), per alcuni il capolavoro dell'ultimo Battisti, per altri il peggiore. Ovviamente rispetto a Don Giovanni gli arrangiamenti si fanno più elettronici con qualche rimasuglio di archi che sbuca qua e là e i testi si fanno più fumosi e impenetrabili. Tutti questi elementi si avvertono già nell'iniziale A portata di mano, che parte a ruota con uno scontro tra batteria e tastiere e che affonda nelle orecchie con un testo che è difficile da seguire; insomma, una corsa in cui se ti fermi un attimo ti perdi. Questo brano è forse quello più difficile tra quelli presenti in scaletta, per il suo sembrare all'apparenza un brano radiofonico ma che è in realtà lontana anni luce dalla canzone tradizionale. Con un incipit così tutte le nostre intuizioni sono spatapocchiate altrove e non resta che proseguire alla cieca nel resto del campionario.

Skippiamo un attimo Specchi opposti e Allontanando (ci torneremo tra poco, non vi preoccupate) per soffermarci sulla title track, L'apparenza: una canzone che sembra parlare d'amore ma non parla effetivamente d'amore, all'inizio una danza lenta e calma che diventa incalzante nella seconda metà, con un pianoforte leggero leggero e una batteria che sorregge il pezzo secondo per secondo, con una spruzzata di tastiere per rendere il tutto più "fuori dal mondo"; all'inizio non ci si capisce niente, poi col secondo ascolto lo cominciamo a somatizzare, al terzo si comprende il fulcro del pezzo, dal quarto in poi si è rapiti, incantati da questa danza elettronica e surreale.

Ora arriviamo al dittico che viene dopo la prima traccia: Specchi opposti e Allontanando. Queste due tracce possono essere tranquillamente una l'opposto dell'altra e insieme formano le due facce della medaglia di questo album: la prima è quella più strettamente legata alle orchestrazioni del precedente Don Giovanni, dove ritroviamo anche qua un testo che può parlare d'amore come non può, con una punta di malinconia; oppure può parlare semplicemente di due persone che non si riconoscono l'una nell'altra, che hanno riflessi opposti ma che però si attraggono, come i poli di una calamita. Allontanando è l'esatto opposto: ancora un testo che parla ma non parla d'amore, sorretto stavolta da un arrangiamento che trasmette allegria, che coinvolge l'ascoltatore con una frase ripetuta più volte e che riesce a rimanere in testa come se fosse un ritornello, solo che un ritornello non è.

All'inizio della seconda parte dell'album troviamo un brano da molti sottovalutato ma che è meglio non lasciare nell'ombra: Per altri motivi può sembrare un riempitivo, un brano aggiunto per allungare il brodo ma sarebbe un'intuizione sbagliata. L'arrangiamento è strutturato in modo sorprendente, predicendo forse certi rimasugli dance che faranno capolino nell'album successivo ma che qua prendono una piega più cupa, affiancato da uno dei testi più belli della produzione con Panella, ripieno di immagini assurde che sarà l'ascoltatore stesso a unire ascolto per ascolto fino a formare questa specie di quadro surreale; un puzzle formato da pezzi che apparentemente non si possono unire ma che prestando attenzione si può trovare un'unione tra tutti questi pezzi.

Per nome si può vedere come l'episodio magna dell'album, sia per durata sia per il pezzo stesso: il testo è quello dove la tematica amorosa viene resa quasi esplicita, con un arrangiamento che riesce a essere sia soave, per gli archi che fanno il loro gioco soprattutto nel "ritornello", che possente per quella batteria dura e precisa. Non avrebbe sorpreso se fosse stata rilasciata come singolo, perchè ha tutte le carte del singolone che con un po' di fortuna può anche avere successo. Purtroppo non è stato così, peccato.

Giungiamo al finale con il duo formato da Dalle prima battute e Lo scenario. Queste due tracce racchiudono l'anima più rock dell'album: la prima è stata resa più morbida nei suoni e non può dare immediatamente l'idea del pezzo rock, ma ha la carica e la grinta di questo genere e ciò rende il tutto trascinante e potente, anche se il testo può apparire romantico a tratti. Lo scenario merita un ascolto attento, soprattutto per il suo testo che può essere senza troppe pretese la chiave per comprendere il senso non solo dell'album ma di tutta la produzione bianca di Battisti; l'arrangiamento invece è formato dall'incontro tra la batteria e il basso e dalle tastiere a fare da cornice al tutto: si può già intravedere qualche sprazzo del genere funk, quel funk che darà tante gioie quattro anni dopo nel mirabolante C.S.A.R.

Ovviamente consiglio a chi non l'ha ascoltato di dargli almeno una possibilità, perchè non ne rimarrà affatto deluso (forse). Posso anche chiudere qui la recensione, come ho già detto non lamentatevi del fatto che sia un doppione perchè è l'unica sul debasio che entra nel dettaglio di questo album e che approfondisce un poco le tracce (almeno lo spero). Ci ribecchiamo.

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