Pillole della NOSTRA Storia (28)

Come un orologio rotto segna due volte al giorno l'ora giusta, così i destri, i conservatori, i fasci e i rossobruni (sempre fasci sono, che si fanno le seghe con la Russia putiniana in cameretta, vedasi
@[macaco] ) che desiderano per i loro propri interessi o illusioni un cessate il fuoco in Ucraina, si trovano a concordare con la posizione di classe di un comunista. Non per questo però la posizione comunista ne viene intaccata o diventa ambigua. Ogni azione fa sempre, per quanto giusta e ideale, gli interessi di qualcuno che di giusto e ideale ha ben poco. Certamente però una posizione che un comunista non può prendere è quella di ARMARE ulteriormente un conflitto che presenta solo i caratteri del nazionalismo e dell'imperialismo.
Questo lo si scrive perché sul Deb (vedasi @[G] che mette sul sito la bandiera di una nazione in guerra per gli interessi di altri) come fuori da qui regna l'assoluta confusione e l'arroganza di prendere le parti in qualcosa che in senso stretto, come classe, non ci riguarda se non sotto forma di un doveroso umanitarismo (penso a chi lavora con i profughi o chi assiste semplicemente le vittime di questo conflitto), data l'attuale situazione, ben lontana dalla liberazione sociale del popolo ucraino: perché i russi quando avanzano non si trovano davanti forze popolari come i partigiani spagnoli contro i francesi, i vietcong, i partigiani comunisti come in Italia, Yugoslavia, Albania (etc...), non si trova un popolo intero oppresso DIRETTAMENTE dall'imperialismo schiavistico come in Palestina o in Yemen, ma solo un popolo disilluso da tempo sia da Euromaidan che dalle ingerenze russe, un popolo che non ha ancora trovato la propria strada e che subisce direttamente l'oppressione di classe (dal proprio paese) o internazionale (Russia o Europa/USA) non dall'invasione russa ma da molto prima.

In soccorso, per chiarire ogni dubbio, ci viene Karl Liebknecht, invocato da @[lector] :

" "Dal momento che siamo stati incapaci di prevenire la guerra, dal momento che è giunta a nostro dispetto, e dal momento che il nostro paese sta facendo fronte a un'invasione, dobbiamo lasciare il nostro paese privo di difese? Dobbiamo lasciarlo nelle mani del nemico? Il Socialismo non chiede il diritto delle nazioni a determinare il proprio destino? Ciò non significa che ogni popolo è legittimato, anzi in dovere di proteggere le sue libertà? Quando la casa è in fiamme, non si deve innanzitutto spegnere l'incendio prima di accertarsi di chi è l'incendiario?"
Questi sono gli argomenti che sono stati ripetuti tante e tante volte in difesa dell'attitudine dei Socialdemocratici (NdT: oggi il nostro centro-sinistra sulle note di "non dimentichiamoci chi è l'invasore", "c'è un aggressore e un aggredito" "gli ucraini sono come i partigiani")...ma c'è una cosa che il pompiere davanti alla casa in fiamme ha dimenticato: che in bocca a un socialista la frase "difendere la propria patria" non significa diventare c
 
Pillole della NOSTRA Storia (25)

Se di fronte al controllo delle vite di centinaia di migliaia di persone da parte di un oppressore che non solo pretende di governarle politicamente ed economicamente, ma che le riduce di fatto in schiavitù al punto di decidere la loro possibilità di determinarsi non solo come popolo, ma come individui, finendo addirittura per massacrarli sia ufficialmente che ufficiosamente quando lo trova più conveniente, si decide di tacere e non fare nulla, l'unica soluzione che resta agli oppressi è la violenza. Chi oggi è per la Pace in Palestina sta con Israele e non c'è di mezzo discussione su Hamas che possa tenere.
Le provocazioni e la violenza perpetrate a Gerusalemme in primavera e il massacro di Jenin passati sotto silenzio sono solo la punta dell'iceberg dell'arroganza assassina degli israeliani in quest'anno tremendo che ha visto il silenzio e l'indifferenza più totali anche nei confronti di un altro popolo oppresso, quello armeno. Così scriveva nel 1988 un sincero internazionalista e socialista armeno, morto combattendo in favore dell'annessione dell'Artsakh all'Armenia, disilluso a causa del silenzio dell'Unione Sovietica (ormai alla frutta) e di tutta la comunità internazionale rispetto a quanto stava accadendo (l'Artsakh ha smesso di fatto in questi giorni di esistere):

"Io credo che gli armeni di buona volontà manterranno rapporti amichevoli con i vicini azeri. Noi siamo consapevoli che nella Repubblica Socialista Sovietica dell'Azerbaijan ci sono veri internazionalisti, genuini comunisti, amici, e non dimenticheremo che questi compatrioti azeri hanno rischiato la loro vita per difendere gli armeni contro gli scatenati sciovinisti a Sumgait (vedasi il pogrom del 1988). E' una vera disgrazia tuttavia che gli ultimi eventi, in coppia con l'opposizione alla volontà del popolo dell'Artsakh da parte degli ufficiali azeri, stiano a indicare come a oggi gli sciovinisti continuino a controllare la repubblica. Per più di 60 anni questi sciovinisti hanno ignorato la volontà del popolo dell'Artsakh.
La loro criminale passività (quando non tacita connivenza) di fronte al massacro di Sumgait indicano che i veri comunisti azeri sono impotenti contro i razzisti"

(Monte Melkonian, 1957-1993)

Quanto scritto da lui vale all'epoca (e oggi) per la situazione armena quanto vale, da quando esiste, per Israele e gli israeliani.
 
Pillole della NOSTRA Storia (22):

Difficile dire se ci rivedremo perché se abbiamo ragione noi finiremo tutti, te compreso, nel nulla da cui non esiste ritorno. Se hai avuto ragione tu invece non sarà escluso un bel rendesvouz infernale.
Quindi solo tanti saluti Joseph; a differenza dei mangiaostie a tradimento venuti a trovarti, noi abbiamo sempre preferito gli Iosif.

"Bisogna vederli quando uno dei loro piccoli grandi uomini è morto; si sentono come a casa loro in quella sublimità di paramenti, di bandiere e di messe. Si recano in folla ai luoghi di esposizione pubblica, uomini, donne, bambini piccoli avidi di buoni esempi. In quelle giornate ci sono grandi greggi nere silenziose condotte dalla polizia; quando cala la sera, quando il numero delle vetture diminuisce, si ode soltanto l’umido scalpiccio degli invitati in chiesa nei giorni di nozze e di funerali. I visi di pietra molle non agitano le labbra, le teste sono chine, il cuore di tutti è pieno di quel marciume chiamato “maestà della morte”. Un’attrazione magnetica e misteriosa li trascina accanto ai cadaveri come gli insetti che pascolano in fila sulle carogne dei piccoli animali; talpe, donnole, topi. Poveri di divinità, si sentono fortunati di aver un morto da adorare tra una ripresa e l’altra del lavoro. Nulla da mettere sotto i denti. Quante carogne. Essi fiutano il dolore pomposo delle famiglie importanti finalmente eguagliate alle schiere anonime. Che godimento avanzare tra ringhiere di legno, togliersi il cappello, fare “Nel nome del Padre”! Quel contatto li ricarica come vecchie pile. Godono dei loro morti e finalmente accessibili, con i loro denti sporgenti, le guance infossate e i sottogola."

Paul Nizan
 
Cosa imparare dal conflitto russo-ucraino?

In questi giorni tra noi compagni ne sentiamo di cotte e di crude. Chi, spinto da superficiali motivazioni umanitarie, manda aiuti o appoggia in pieno la causa aggressiva, nazionalista e pro-NATO dell'Ucraina senza nemmeno rendersene conto e chi, sia esso stalinista confuso, rossobruno o complottaro, ritiene per davvero che gli interessi russi in quanto anti-imperialisti verso gli yankee siano promotori del progresso sociale e addiritura dell'antifascismo (ahahah). Il tutto si risolve in una visione manichea in cui la giusta critica all'indifferenza di stampo gramsciano si trasforma invece in un tifo da stadio, dove si parteggia per una parte o per l'altra come quando da bambini la maestra ti chiedeva se preferivi Atene o Sparta (io ho sempre tifato la seconda). La grande assente di ogni discorso su questa storia è la coscienza di classe del compagno di turno con cui si parla e in realtà anche la nostra. Inevitabilmente nel discutere del conflitto si mettono sul piatto le ragioni storiche e geopolitiche, nelle quali un compagno attento su questi temi può trovare che un paese in meno nell'orbita imperialista yankee sia comunque un punto in più, ma resta che la politica, quella vera viene lasciata fuori dalla porta. Un vero compagno di fronte ad eventi come questo dovrebbe sempre ricordarsi della lezione di Lenin, che mentre impartiva la neutralità proletaria nel conflitto tra nazioni della prima guerra mondiale, coglieva due piccioni con un fava facendo la rivoluzione proletaria nel suo stesso paese ancora in gran parte feudale.
Quindi la lezione è sempre la stessa e ha più di un secolo: PENSARE A NOI STESSI! E con questo non si intende raggiungere una consapevolezza individuale e sociale da buddhista, ma si intende pensare ai propri interessi come gli interessi della classe sociale di cui facciamo parte. Mentre perdiamo il nostro tempo a crederci gli statisti che possono ragionare di geopolitica (come se fossimo noi a decidere di qualcosa), sarebbe meglio drizzare le antenne e analizzare la situazione presente e le conseguenze che questi fatti possono avere nella nostra vita. I fatti certi per noi sono pochi: un esecutivo (Draghi and Co.) come sempre ormai calato dall'alto, che cerca in tutti i modi una solidità che sia ok per il sistema economico europeo e internazionale, rafforzando l'autorità dei capitalisti nostrani e delle lobbies, che mentre piangono miseria in tv e si fanno portavoce di chissà quali riforme tramite i loro burattini politici, in realtà si fregano le mani per l'assenza di reale conflitto sociale (no vax e no green pass sono solo l'altra faccia del conformismo) che gli scorsi anni hanno imposto e continueranno a imporsi grazie ai vari stati d'emergenza, ormai necessari quanto le richieste di fiducia.
Mentre ci impoveriscono ulteriormente sfruttandoci il doppio pensiamo bene che il primo vero nemico è il salario che non ci manda sotto i ponti (ancora per poco). PENSARE SOLO A
 
Cosa imparare dal conflitto russo-ucraino?

In questi giorni tra noi compagni ne sentiamo di cotte e di crude. Chi, spinto da superficiali motivazioni umanitarie, manda aiuti o appoggia in pieno la causa aggressiva, nazionalista e pro-NATO dell'Ucraina senza nemmeno rendersene conto e chi, sia esso stalinista confuso, rossobruno o complottaro, ritiene per davvero che gli interessi russi in quanto anti-imperialisti verso gli yankee siano promotori del progresso sociale e addiritura dell'antifascismo (ahahah). Il tutto si risolve in una visione manichea in cui la giusta critica all'indifferenza di stampo gramsciano si trasforma invece in un tifo da stadio, dove si parteggia per una parte o per l'altra come quando da bambini la maestra ti chiedeva se preferivi Atene o Sparta (io ho sempre tifato la seconda). La grande assente di ogni discorso su questa storia è la coscienza di classe del compagno di turno con cui si parla e in realtà anche la nostra. Inevitabilmente nel discutere del conflitto si mettono sul piatto le ragioni storiche e geopolitiche, nelle quali un compagno attento su questi temi può trovare che un paese in meno nell'orbita imperialista yankee sia comunque un punto in più, ma resta che la politica, quella vera viene lasciata fuori dalla porta. Un vero compagno di fronte ad eventi come questo dovrebbe sempre ricordarsi della lezione di Lenin, che mentre impartiva la neutralità proletaria nel conflitto tra nazioni della prima guerra mondiale, coglieva due piccioni con un fava facendo la rivoluzione proletaria nel suo stesso paese ancora in gran parte feudale.
Quindi la lezione è sempre la stessa e ha più di un secolo: PENSARE A NOI STESSI! E con questo non si intende raggiungere una consapevolezza individuale e sociale da buddhista, ma si intende pensare ai propri interessi come gli interessi della classe sociale di cui facciamo parte. Mentre perdiamo il nostro tempo a crederci gli statisti che possono ragionare di geopolitica (come se fossimo noi a decidere di qualcosa), sarebbe meglio drizzare le antenne e analizzare la situazione presente e le conseguenze che questi fatti possono avere nella nostra vita. I fatti certi per noi sono pochi: un esecutivo (Draghi and Co.) come sempre ormai calato dall'alto, che cerca in tutti i modi una solidità che sia ok per il sistema economico europeo e internazionale, rafforzando l'autorità dei capitalisti nostrani e delle lobbies, che mentre piangono miseria in tv e si fanno portavoce di chissà quali riforme tramite i loro burattini politici, in realtà si fregano le mani per l'assenza di reale conflitto sociale (no vax e no green pass sono solo l'altra faccia del conformismo) che gli scorsi anni hanno imposto e continueranno a imporsi grazie ai vari stati d'emergenza, ormai necessari quanto le richieste di fiducia.
Mentre ci impoveriscono ulteriormente sfruttandoci il doppio pensiamo bene che il primo vero nemico è il salario che non ci manda sotto i ponti (ancora per poco). PENSARE SOLO A
 
Pillole della NOSTRA Storia (16)
Tra dentro e fuori non c'è nessuna differenza.

"Abbiamo tutti a che fare con una
difficoltà [...] sociale, di natura culturale e indubbiamente negativa: non siamo stati educati a vivere a lungo le contraddizioni. Una tale capacità, ovvero la resistenza interiore, richiede una forte modestia, un'accettazione cosciente dei propri limiti che cozza puntualmente con l'individualismo di cui i più vengono imbevuti fin da bambini. Può succedere allora che per esorcizzare la paura il cosciente compromesso sul comportamento si trasferisca pian piano in un compromesso della coscienza, spostando la soglia dell'invalicabile. E' l'inizio
della caduta sul cammino della disumanizzazione.
Descriverò ora questa eventuale caduta in modo inevitabilmente astratto. Descriverò cioè i
meccanismi che da un punto di vista ideale portano spesso un individuo a disumanizzarsi ma che, per fortuna, incontrano nella realtà delle resistenze, un andamento tutt'altro che lineare: si cade nel primo pezzo di percorso, ci si risolleva nel secondo...
La falsa coscienza è essenzialmente un far di necessità virtù, una graduale rimozione della
coscienza del conflitto, e della positività della sua esistenza all'interno della coscienza. La perdita dell'equilibrio interiore è una sorta di peccato d'orgoglio; si diventa incapaci di riconoscere i
propri limiti e capaci invece di mentire a se stessi. L'individuo costruisce allora una falsa unità - falsa perché impossibile - tra coscienza e comportamento. Egli si rappresenta così un mondo sempre più fantastico, in una spirale solipsista che credo simile a quella del paranoico, dove gli altri diventano sempre più irreali o surreali, sempre più “strumenti” o “ostacoli”. Il confine tra fantasticheria e realtà si fa sottile e confuso, come quello fra bugia e autoinganno. Per esempio avviene spesso che tra una cella e l'altra il desiderio di qualcuno diventi una «voce» la quale per altri diventerà notizia sicura da diffondere fino a diventare illusione collettiva. In tutte le carceri
di tutti i tempi e paesi si è sempre in attesa di un qualche progetto di clemenza o di un evento
che farà comunque cambiar le cose in meglio. Il bisogno di speranze diventa un atteggiamento
“infantile”, una attesa che affida ad altri il proprio avvenire rendendo sempre più labili i confini
tra la fantasia e la realtà [...] abbiamo a che fare con una regressione infantile, infantile perché deresponsabilizzante, deresponsabilizzante perché autogiustificante:
essa porta infatti il soggetto a trovare in sé una coerenza che può prescindere sempre più dal
comportamento rendendosene conto sempre meno. Il primo, infatti, si autorappresenta come
uno cui si deve molto perché è bravo, il secondo è uno che non deve niente a nessuno perché ha
ricevuto solo del male. E via via che il recluso si allontana dal senso della realtà, ci accorgeremo
che a ciò corrisponde l'accettazione della realtà imposta dal carcere. Mentre la mente c
 
"Your only weapons is those you work with, your strength is their strength...go get organized!" Li citavamo giusto qualche giorno fa @[Fratellone] @[imasoulman] @[lector] e direi che non è mai sprecato nominarli dato ciò che rispondono alle sempliciste, ipocrite e attira-gonzi analisi geopolitiche da mentecatti che non vogliono mettersi in gioco. Redskins - Go get organized
 
@[NAB(m-l)] Ben fatto!
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di vedere da una parte poca gente che aveva tanto e dall'altra tanta gente che aveva niente.
Qualcuno era comunista perchè Piazza Fontana, Piazza della Loggia, la Stazione di Bologna, l'Italicus, Ustica etc. etc.
G.Gaber
 
Un mio amico, assistente di storia all'università, mentre interrogava uno sprovveduto si è sentito rispondere che l'11 settembre 1973 sono caduti sia Salvador Allende che le Torri Gemelle (magari se gli avessi detto che compie gli anni pure mia zia lo diceva che pure il suo compleanno cadeva quel giorno): Al di là delle risate, questo aneddoto, mi dà molto da pensare sul tempo e sulla sua relatività, anche nel nostro modo di costruirci una visione coerente del mondo: se non fosse un proposito, ma fosse già vero quel che si dice ogni volta, ogni anno, per un'altra data: 25 Aprile SEMPRE? La lotta per la nostra liberazione, poco ma sicuro, non si è conclusa quel giorno del '45 e si è andati avanti per quanto ancora fortunatamente si festeggi. Oggi, 12 dicembre, da festeggiare non c'è nulla, ma non ci si può non riflettere.
Se commemorarlo fosse solamente un tentativo di far passare gli stati mentali, emotivi e sociali di allora non riusciremmo a far rivivere nemmeno metà di quel vissuto ogni volta che ricordiamo la Strage, simbolo di tutte le altre. La mia e, credo quella di molti, nel ricordare, non è la volontà di creare coscienza, istruire chi non conosce, plasmare persone civili con il rispetto per la democrazia borghese e per le sue leggi, pacifisti in tempo di massacri, peraltro mai finiti. Ogni volta che qualcuno ricorda Piazza Fontana, Piazza della Loggia, la Stazione di Bologna, Reggio Emilia, Reggio Calabria etc...per quanto i liberali e democratici, anche capi di stato e presidenti cerchino di giocarla sporca, mostrandosi dalla parte delle vittime, esattamente come allora, riafferma volente o nolente un'altra verità: un conto non ancora chiuso, al di là di ogni iter giudiziario, al di là di ogni possibile condanna. Perché la Storia non si è mai chiusa, non si chiude e mai si chiuderà coi processi. Non si può chiudere un capitolo i cui protagonisti non hanno fatto altro che passare le loro disgrazie umane o le loro malefatte ai loro figli, come in un buon romanzo familiare che si rispetti. Quei morti non sono vittime di un carnefice, ma caduti nella lotta per la liberazione umana, per quanto alcuni di loro fossero inconsapevoli di starla conducendo. Non a caso altre stragi e soprattutto altre lotte si sono poi profilate all'orizzonte e sicuramente si ripresenteranno e i motivi saranno in fondo sempre gli stessi, per quanto ci si possa ammantare di post-modernità o di altre mode del momento.
Il 12 dicembre ricorda ogni anno che lo Stato NON siamo noi da sempre. E che da sempre, ognuno di noi è in lotta innanzitutto per la propria vita, non solo per viverla, ma per riaverla nelle proprie mani insieme agli altri.
 
TROPPO TEMPO

Da troppo tempo la discussione latita su questi lidi del Comindeb. Come diceva il Grande Timoniere con parole più alte delle mie, i reazionari hanno interesse a propagandare ideologie, religioni o stronzate idealistiche per mantenerci nell'ignoranza e nella fede di una realtà fissa e immutabile, che fosse dentro al mondo o al di fuori di esso. E così tra chi pensa alla Scienza come un dogma capace di spiegare tutto e di migliorare la nostra vita di per se stessa e tra chi decide di saltare sulla ruota tanto di moda del cazzo di Samsara o di qualche altro credo del cazzo, in questi tempi di crisi Noi ci troviamo in minoranza. Ma queste crisi degli ultimi, il nostro arrancare, questo ridicolo quasi-nulla di un virus che paralizza il nostro sistema e anche i nostri nervi quando addirittura non abbatte alcuni di noi ci dimostra che abbiano sempre avuto ragione. Magra consolazione in certi momenti come questo. Il 25 Aprile di per se stesso, nella sua natura, anche lui è dialettico e contraddittorio. Divide la società e unisce i cuori di molti che magari nemmeno tra loro però sono d'accordo. Perché in questa data c'è la rabbia di molti per ciò che si vive in questo mondo di merda, ma si rivive anche la gioia di una libertà non più condizionata per un ISTANTE dall'oppressione di qualcuno o qualcosa. È il movimento forse l'unica nostra fede. Il movimento di questa unica e sfaccettata materia che attraverso se stessa ci fa apparire le forme dello spazio e del tempo che ormai modifichiamo e arrucchiamo con le nostre mani in un continuo susseguirsi di messa in pratica e di ritorno alla teoria. Non credo nel progresso come non credo nel tempo ciclico, ma sappiamo che tutti che fanculo Dio, qualsiasi cosa essa sia, la nostra libertà sta nelle nostre mani e anche una volta conquistata non ci si potrà fermare in un socialismo mondiale. Niente resterà mai fermo, nemmeno la Nostra Utopia, se mai la realizzeremo. Buon 25 Aprile a tutti.
io ero sandokan
 
Slingshot Hip Hop (part 1/6)
Le oppressioni, l'emarginazione, le ingiustizie sociali conformano e rendono simili nella lotta di classe popoli culturalmente diversi. Quello che è stato per i neri dei ghetti d'america il veicolo di dissenso e rottura dagli schemi e dalle gabbie mentali di una società razzista e xenofoba è, nel nuovo millennio, lo stesso veicolo adottato dal popolo palestinese: il Rap. La regista arabo-americana Jackie Reem Salloum nel 2008 ha prodotto un documentario sulla scena hip hop palestinese dal titolo “Slingshot Hip Hop”, dove emerge chiaramente la consapevolezza che questa nuova e potente arma, caricata col potere delle parole, sia un mezzo straordinario per rispondere alle forme d'oppressione fascio-israeliane e per affermare la propria identità palestinese. Qui postata la prima di sei parti del docu-film.
 
Pillole della NOSTRA (?!) Storia (11)

"La GIUSTIZIA di Dio è una sorta di COMUNANZA CON UGUAGLIANZA. Il cielo, esteso ugualmente da ogni parte, abbraccia in giro tutta la terra. La notte manifesta allo stesso modo tutte le stelle; e il sole, principio del giorno e padre della luce, Dio lo ha effuso dall'alto sulla terra, uguale per tutti quelli che lo possono vedere (e questi lo guardano tutti allo stesso modo): poiché Egli non distingue ricco o povero o capopopolo, stolti o assennati, maschi o femmine, liberi o schiavi. Nemmeno in rapporto agli esseri irrazionali opera contro questa norma: anzi a tutti gli animali ha effuso, uguale e comune, il sole, e con ciò rende salda la giustizia per buoni e cattivi, poiché nessuno può avere di più o sottrarre al vicino, per raddoppiare la propria parte di luce impossessandosi anche della sua. Il sole fa sorgere comune nutrimento a tutti gli animali, essendo con ciò distribuita in misura uguale a tutti la sua comune giustizia...Viceversa, le leggi nostre, INCAPACI DI PUNIRE L'IGNORANZA DEGLI UOMINI, insegnarono a trasgredirle: infatti il loro particolarismo ha frantumato la comunanza della legge divina e la corrode... (Dio) in comune per tutti creò le viti, che non sono protette contro passeri né ladri; così il grano così gli altri frutti. Ma LA MESSA AL BANDO della comunanza e dei criteri di uguaglianza PRODUSSE IL LADRO di pecore e di frutti."

Da "Sulla Giustizia", opera del II secolo d.C. scritta della setta eretica dei Carpocraziani (a quanto pare, tolto Dio, Compagni ante litteram). Il frammento è riportato da Clemente Alessandrino, padre della chiesa, nei suoi Stromati.

@[macaco]
 
visto che finalmente l'avete mandato in Siberia dedicagliomi una canzone popolare.

Dina Vierny Vaninskiy port (Ванинский порт)

KOLYMA (IL PORTO DI VALINO)

Mi ricordo il porto di Valino,
E la vista del triste battello
mentre salivamo per la passerella
a bordo, nelle sinistre e fredde stive

La nebbia si stendeva sul mare
urlavano le onde
sulla strada di Magadan
Capitale della regione della Kolyma.

Non una canzone, ma solo un lamento
da ogni petto si levava
Addio per sempre, continente
Soffiava il vecchio piroscafo scassato.

Per il beccheggio, gemevano gli internati
Abbracciati come parenti, come fratelli
E solo, a volte dalle labbra
scappava una sorda maledizione

O Kolyma tu sia maledetta
Che sei detta pianeta meraviglioso
Qui per forza tutti impazziremo
E il ritorno di certo non c'è.

Cinquecento chilometri di taiga,
gli uomini barcollano come ombre
Le automobili non arrivano quaggiù
solo le alci si imbattono da queste parti.

Qui la morte è amica dello scorbuto
gli ambulatori sono già pieni
Invano in questa primavera
attendo la risposta della mia amata

Lo so che ormai non mi aspetti
E che non leggi le mie lettere
Non verrai mai a cercarmi
e se mi incontrassi, non mi riconosceresti.

Addio, madre e sposa,
e addio, miei cari figli
Sappiate che su questa terra
ho dovuto bere l'amaro calice fino in fondo. Canzoni contro la guerra - Я помню тот Ванинский порт
 
Ingrandisci questa immagine cambiamo immagine del gruppo? Diaframma: Siberia
 
Diamo il nostro benvenuto al compagno @[kloo] Dopo anni questo è ancora l'unico gruppo che si arricchisce di nuovi elementi. La luce di Verità del Materialismo Dialettico è troppo forte per non esserne sedotti. Avanti verso il De-Socialismo!
 
Come entrare a gamba tesa e con chiarezza disarmante sui concetti di internazionalismo e nazionalismo (lasciate IN PARTE perdere l'esperienza a cui si fa riferimento. L'analisi è valida al di là del contesto particolare: riflettere soprattutto sulle primissime e ultime righe.):

"Non si diventa comunisti in un giorno. Il nazionalismo è sempre stato un concetto a me estraneo e la variante estremista con cui si palesò in Lituania alla fine degli anni Ottanta per me era inaccettabile. I miei genitori erano contadini, eravamo poveri e se non ci fosse stato il potere sovietico non avrei mai lasciato questa casupola di campagna in cui adesso io e lei stiamo conversando. Avrei fatto il bracciante e avrei vissuto tutta la mia vita qui, vicino alla fotografia dei miei genitori a questa icona che quando sono nato era già appesa qui. Ho potuto studiare, ho visto crescere la Lituania economicamente e culturalmente. La Lituania, come scrisse l'intellettuale Saloméja Néris, era una "corda vibrante" all'interno dell'Unione Sovietica e le cose funzionavano, ma i nazionalisti hanno distrutto tutto e questa non è una malattia soltanto Lituana: ora anche in Russia si grida "la Russia ai russi" proprio come da noi un tempo gridavano "la Lituania ai lituani". Questo non va proprio bene."

(Juozas Kuolelis, ex capo del dipartimento ideologico del Partito Comunista Lituano, intervistato dalla giornalista Galina Sapoznikova, autrice de "La Congiura Lituana", da cui è tratto questo brano)
 
L'amnistia del 1946

Il 22 giugno 1946 entra in vigore il “Decreto presidenziale di amnistia e indulto per reati comuni, politici e militari” avvenuti durante il periodo dell'occupazione nazifascista. La legge è stata proposta e varata dal ministro di Grazia e Giustizia del primo governo De Gasperi, Palmiro Togliatti, segretario del PCI.

L'amnistia, che prenderà il nome dal suo promulgatore, comprende il condono della pena per reati comuni e politici condannati a un massimo di 5 anni. Nelle intenzioni del legislatore, dunque, reati gravi e gravissimi non sono inclusi nel provvedimento, che tuttavia subirà – in particolare dopo l'estromissione dei comunisti dal governo, nel febbraio 1947 (terzo governo De Gasperi) – un'estensione indiscriminata, anche dovuta alla mancata epurazione della magistratura.

Scopo del decreto era, in un primo momento, quello di giungere quanto prima a una pacificazione nazionale, per evitare che l'epurazione rallentasse ulteriormente la ricostruzione materiale del paese. Con l'amnistia vengono scarcerati migliaia di fascisti, che si sono resi responsabili, anche, di vere e proprie atrocità, tuttavia non considerati tali dai giudici: è il caso, ad esempio, dello stupro di gruppo ai danni di una partigiana, ritenuto dalla magistratura una semplice offesa al pudore e all'onore, e quindi amnistiato.

Il provvedimento di amnistia scatena fin da subito malumori e tensioni, soprattutto nel nord Italia, dove la lotta di Liberazione è stata più duratura, e quindi più intensa, rispetto ad altre parti del paese. Le polemiche provengono soprattutto dall'associazionismo partigiano e dai perseguitati politici antifascisti, che non accettarono di buon grado la scarcerazione dei loro aguzzini, soprattutto se nel contempo restano in carcere partigiani arrestati per azioni compiute durante l'occupazione o subito dopo la liberazione. Anche la base del partito contesta duramente il segretario del PCI.

Fabrizio Tavernelli "Figlia di Guerra" L'amnistia cosiddetta Togliatti sarà seguita da altri provvedimenti, che amplieranno la casistica dei crimini condonabili. Nel 1948 vengono estinti; nel 1953 l'amnistia, accompagnata dall'indulto, è applicata a tutti i reati politici commessi entro il giugno 1948.

(fonte: M. Franzinelli, L'amnistia Togliatti. 22 giugno 1946: colpo di spugna sui crimini fascisti, Milano, Mondadori, 2006)