I Marlene Kuntz arrivano al settimo LP in studio. “Uno”.

Prima di recensire il disco credo che sia giusto fare il punto della situazione perchè da "Catartica" (1994) a "Bianco Sporco" (2005) qualcosa era gia cambiato. La band, infatti, aveva già iniziato da tempo questa nuova ricerca del suono pulito, della melodia con risultati sia pessimi che ottimi. Ad oggi infatti i Marlene Kuntz non posso più essere etichettati come gruppo aspro, pieno di rabbia ma bensì un gruppo rock melodico.

In un'intervista recente Godano ha detto che per realizzare questo album non si sarebbero più ispirati ai Sonic Youth (a cui noi eravamo abituati) ma che avrebbero usato un approccio in studio stile Radiohead. Ed ascoltando il disco dobbiamo dire che l’hanno fatto, e il risultato è “Uno”. Il disco esteticamente si presenta veramente bene (per alcuni può essere una cosa da niente ma io la ritengo importante), la copertina infatti fa parte di un bellissimo servizio fotografico, fruibile dal sito del gruppo, che è senza ombra di dubbio è un lavoro degno di nota. All’interno del libretto, poi, troviamo oltre ai testi anche delle note di artisti di rilievo, il che non guasta, anzi fa venir più voglia di avere tra le mani quest’opera.

Il cd parte molto bene, infatti anche se la prima canzone è un po’ anonima, ci si presenta subito dopo “Musa” una canzone abbastanza particolare (soprattutto per essere dei Marlene) di piacevolissimo ascolto, oltretutto questa canzone è quella che si avvale della presenza del grande Paolo Conte che fa notare la sua saggezza con il pianoforte. Subito dopo arriviamo a “111” canzone che per me vale il disco, ascoltandola si sente la nostalgia di “Ho Ucciso Paranoia” ebbene sì, in questa canzone c’è la rabbia di un tempo però espressa in chiave molto matura. “Canzone Ecologica” nonostante il titolo poco piacevole è anche lei una perla dell’album, forse troppo melodica, ma Godano riesce a valorizzarla tantissimo con la sua poesia.

Le restanti canzoni si fanno ascoltare ma senza darti troppo, ti regalano sia momenti interessanti che momenti un po’ troppo “annacquati”. Altro particolare del disco sono le basi elettroniche presenti qua e là che danno una ventata di freschezza al tutto. L’album si chiude con “Uno” che insieme alle canzoni citate sopra danno valore al disco.

Quindi abbiamo tra le mani un buon disco di musica rock italiana, nel quale si sente vagamente l’ombra dei Radiohead ma soprattutto di Giovanni Lindo Ferretti nella voce, sia nella melodia che in alcuni testi. Un disco di buona qualità. Da comprare.

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