Ha spazzato via tutto quello che c'era, in me. L'ho ascoltato a ripetizione, riscoperto, dopo che per anni aveva atteso il suo momento. Esce nel '95, ma per me è come se fossimo nell'87. Quello è il suo anno. Questa opera dei Massimo Volume guarda il tutto in retrospettiva. Sa come sono andate a finire le cose, analizza tutto il dramma della Bologna anni '80. Filtra l'esibizionismo e quello che c'era di estroverso, riproponendo i veri sentimenti che sono rimasti di quel decennio, solitudine, paranoia, l'indecifrabilità di quei momenti. In bilico tra il voler parlare a tutti e il non sapere cosa dire.
Echi di CCCP, Sonic Youth e Slint che si fondono in uno stile estremamente personale, avvolgente, ma tutt'altro che rassicurante. E' l'angoscia a farla da padrona, il vuoto che ritorna come un'ossessione, il tempo che scorre e ci lascia sempre meno tempo per fare quello che volevamo. Poesia distillata, forte, spigolosa, ma sempre estremamente impulsiva e d'impatto. In poche parole Clementi dipinge scene, racconta vicende, condivide sensazioni. L'incredibile espressività di questo disco è davvero il culmine creativo di un gruppo ha indiscutibilmente scritto una pagina fondamentale della musica italiana. L'ha fatto "parlando" all'ascoltatore, in maniera sia intima e veritiera che astratta e visionaria. Tutto il disco si regge su arpeggi trascinati da un incedere pressante di batteria e basso, e quella voce ossessionante riempie i vuoti non solo musicali, ma soprattutto emotivi.

Non è un caso che spesso si parta da piccole avventure quotidiane e si finisca per leggerci dentro una metafora di vita, dal ben più ampio respiro, come se dietro ogni insospettabile e insopportabile rutine si nasconda dietro la vera essenze di quel che ci resta da vivere.
Resto affascinato, lo risento, ancora. Mi resta dentro, e mi sento come probabilmente si sente ogni ascoltatore, come ogni persona che ha vissuto quelle esperienze, come ogni persona che ha vissuto a Bologna nell'87, "mi sento come il soffitto di una chiesa bombardata", e ancora una volta, non so perché.

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