La centesima finestra aperta sulla realtà che viviamo, con un tocco di meticolosa attenzione ai particolari.

Non parlerò del gruppo in sè per sè, non interessa a nessuno sentirsi ripetere erudite e superflue informazioni su i membri di questo gruppo.
Quante sono le persone che mi daranno addosso se definisco la musica dei massive attack, la vera essenza della realtà urbana e metropolitana del nuovo millennio? Quanto si puo avvicinare un disco come quello in questione, ad una totale rottura col passato ed alla creazione della porta per la musica del futuro?

La risposta non è immediata, ma si percepisce ascoltando "Future proof", la "prova del futuro".
Ma dove ci porta questo futuro? Ad una lenta distruzione o ad un processo di rinascita? Non è certo con canzoni come "Special Cases" che sapremo la risposta, anche se sembra volerci incoraggiare a prender fiducia in noi stessi: "The deadliest of sin is pride-makes you think that you're always right".

Sono però canzoni dettagliate e quasi scientifiche come "Small time shot away" e "Butterfly Caught" che con lentezza riaprono le ferite della guerra, della distruzione dell'essenza interiore intrecciando amore e morte con enigmatica freddezza, presentando a mò di flusso di coscienza una carrellata di immagini che accostate tra di loro formano un'armonica decadenza.
In "A prayer for England", i Massive denunciano sporchi assassinii e oscuri delitti che si compiono tra la gioventù inglese e, accusando gli insegnanti della loro non-curanza all'interno delle scuole nei confronti di queste violenze, formulano questa canzone-preghiera rivolgendosi a "Jah" che si può interpretare come "Jhvh" ovvero "Dio", oppure può essere inteso come Jah alla maniera di Bob Marley, "Jah People".

Le altre canzoni non sono certo da meno, ma non vorrei fare un'attenta ananlisi di ogni canzone, dunque mi sono soffermato solo su quelle che mi hanno colpito di più. Stupenda e delicata come sempre la voce di Sinead O'Connor, che collabora col gruppo dall'abbandono da parte della Nelson del gruppo, che insieme a Horace Andy e Robert Del Naja completa il trio di vocalist che si alternano all'interno del disco.

Molto più studiato e pieno rispetto a "Mezzanine", suo precedente, "100th Window" risultà però meno commerciale e più sperimentale, mostrando la nuova via intrapresa dai Massive Attack, dimentichi, anche se non del tutto, delle proprie radici ("Blue Lines") e fermamente decisi ad evolvere il proprio suono rendendolo mutevole ad ogni stimolo proveniente dalla società, dalla cultura, e dal mondo stesso.

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