I Metallica sono tornati dopo 5 anni. Immagino avrete notato che un lustro rappresenta lo standard creativo della band da ormai molto, moltissimo tempo quindi non c'è più granchè da commentare a riguardo. "St.Anger" seminò, a suo tempo, molta delusione fra i fans e, da un paio d'anni, i Four Horsemen si sono fatti carico, più o meno esplicitamente, della promessa di un ritorno al glorioso passato. Tralasciando ciò che questo comporta, mi appresto a valutare "Death Magnetic".

La produzione e il sound sono decisamente buoni e, per la sorpresa dei più, Robert Trujillo rappresenta uno dei due principali punti di forza del lavoro; per inciso, l'altro è la chitarra ritmica. Purtroppo, le linee vocali non sono altrettanto convincenti come del resto anche gli assoli. Questi ultimi risultano in molti casi esagerati o, più semplicemente, di dubbio gusto.Un'altra nota dolente è la batteria: seppur discreta nei cambi di tempo, la velocità inadeguata all'aggressività di alcuni passaggi e la varietà limitata compromettono il giudizio della performance di Ulrich.
Non credo stupirà poi molto sapere che i testi sono blandi e, a volte, banali ma fa riflettere che, come afferma lo stesso Hetfield in un'intervista, la loro scrittura abbia occupato ben 2 anni di impegno.

"That was just your life", l'apertura, può vantare un'intro accattivante e, se vogliamo, abbastanza thrash; ma niente di più. Questo stesso pregio non fa che lasciare l'amaro in bocca una volta ascoltata la canzone per intero e dopo aver appurato quanto essa sia scarna. A seguire, senza particolare criterio, "The end of the line" che con i suoi riff da rock cafone e intermezzo melodico mediocre è spesso una pena per le orecchie. Fortuitamente sono proprio queste prime due tracce a contendersi il titolo di peggiore in assoluto. Ora l'album può prendere lentamente quota con la ritmata e ben orientata "Broken, Beat & Scarred": non si può gridare al miracolo, questo è certo, ma un respiro di sollievo possiamo permettercelo. "The day that never comes", il primo singolo, è una ballata in classico stile Metallica che parte abbastanza sottotono con una melodia relativamente sempliciotta per poi dimostrarsi un pezzo sicuramente da non sottovalutare in termini di groove. Giungiamo così alla traccia più pretenziosa dell'album: "All nightmare long". E' caratterizzata infatti da riff corposi composti, lo si percepisce facilmente, proprio per colpire e, non a caso, sono inclusi palesi spunti spagnoleggianti.Questa numero 5 è una delle composizioni migliori, nonostante sia appesantita da un ritornello non altrettanto brillante.

Prosegue la prova "Death Magnetic" con "Cynadine", la canzone decisamente più equilibrata fino a questo momento: definisce la reale dimensione su cui (vorrebbe) orbita(re) l'album.Qui tutto il gruppo sembra, per una volta,concentrato e ammalgamato nel modo giusto. Si inciampa senza preavviso nell'evitabile terzo capitolo di una vecchia conoscenza: "The Unforgiven III". Un'intro epica che omaggia il celeberrimo Ennio Morricone per una canzone orecchiabile, non c'è molto da aggiungere; ma "The Judas' Kiss" è dietro l'angolo. E' la traccia in assoluto meglio riuscita, senza dubbio superiore alle altre. Per intenderci, se l'intero CD fosse stato di questo livello, ci si sarebbe potuti addirittura commuovere di fronte a del metal così ben fatto in questi anni bui per il genere. Riff veramente incisivi, buoni assoli e un Hetfield che pare ringiovanito di una decina d'anni sono quello che "The Judas' kiss" ha e che si trova arduamente nella restante ora di musica. Da sottolineare anche che se questa pista merita di durare ben 8 minuti, non vale lo stesso per le altre,se non forse per una in particolare: "Suicide&Redemption". La strumentale che mancava all'appello ormai da esattamente 20 anni è ora proposta in questa forma molto fascinosa anche se, ahimè, non priva di falle. Lo spunto melodico dell'interludio non è affatto ispirato e c'è bisogno dell'impegno di tutta la band per risollevare le sorti del pezzo...basti pensare che è proprio qui che Lars effettua il suo unico assolo impegnato di batteria! Umorismo a parte, si tratta di un discreto exploit per il batterista che fin'ora aveva stupito poche volte. E' giunto il momento di concludere e, come nella tradizione metal più comune, lo si fa in fretta con il secondo singolo: "My Apocalypse",  riff galoppanti e rabbiosi per la canzone con i più evidenti debiti verso le vecchie pietre miliari del quartetto. Non molto solida ma di qualità, comunque, sufficiente.

Tengo a precisare una questione per concludere questa recensione. Ho volutamente tralasciato l'analisi con la quale avrei potuto paragonare "Death Magnetic" ai vecchi monoliti perchè penso che chi è interessato sinceramente ad un album dei Metallica nel 2008, sia già abbastanza afflitto dalla nostalgia.

Carico i commenti... con calma