Diciamocelo subito, era praticamente impossibile cadere più in basso della tripletta "Load", "Reload" e "St. Anger", quindi da questo punto di vista i 'Tallica partivano consapevoli di questo "bonus".
L'abdicante Bob Rock in favore di Rick Rubin alla consolle, il recupero del vecchio logo e una promozione via-web fatta di riff centellinati e video "rubati" in studio non hanno fatto altro che creare ulteriore curiosità dietro l'evento. Quel poco che si riusciva a carpire sembrava scacciare via i nuvoloni grigi gonfi di imprecazioni rivolte ai 4 miliardari di Frisco. Forse stavolta è davvero la volta buona...
Al primo ascolto sorridi come un bambino: sound tagliente, finalmente un rullante con una cordiera e la chitarra di Kirk Hammet che torna a fare il proprio mestiere. Poco importa se, durante l'ascolto ti trovi a dover ascoltare ancora riff di matrice "Loadiana" o titoli come "Unforgiven III" (di cui ci piacerebbe davvero tanto capirne il senso, visto che poco o niente ha a che spartire coi precedenti capitoli). Finisci di ascoltarti il disco e pensi che questo "Death Magnetic" ha veramente scacciato via i fantasmi del passato recente. Sei convinto che i Metallica siano tornati a fare quello che sapevano fare dannatamente bene. Però...
Però ripensi al disco che hai appena ascoltato e ti rendi conto che fatichi a ricordati almeno venti secondi di fila di un qualsiasi brano. Ti rendi conto che James Hetfield ha lasciato la voce probabilmente tra le righe del "Black Album". Ti rendi conto che questo "Death Magnetic", composto da una valanga di riff e da pezzi che sforano i sei/sette minuti di durata, forse non ha nè capo nè coda. Lo riascolti e stavolta tutte le belle sensazioni della "prima volta" lasciano libero sfogo alla verità. E la verità è notoriamente spietata: tanti, troppi deja-vu, ci sono in queste tracce. Non basta autoconvincersi con concetti come "marchio di fabbrica" o "Stile-Metallica", tantomeno un anacronistico "Sound della Bay Area". Questo è un disco "copiaincollato" di una band che plagia se stessa.
Rimetti il cd nella custodia, salutandolo quasi come se tu fossi certo di non rivedervi per un bel pezzo. E intanto maledici il momento in cui hai strisciato il bancomat per versare un pò di fieno nella sconfinata cascina di una band che - diciamocelo con sincerità - avendo finito le idee (e probabilmente la voglia) tira a campare raschiando con le unghie il fondo di un barile già piuttosto consumato.
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