Un altro importantissimo capitolo del nostro rock progressivo va dedicato ai romani Metamorfosi, interessante gruppo a quattro elementi, che ruotava soprattutto intorno alla figura del bravissimo tastierista Enrico Olivieri, accompagnato dal cantante e flautista Jimmy Spitaleri, dall’interessante bassista e chitarrista Roberto Turbitosi e dal batterista Gianluca Herygers.

Inferno è il loro secondo disco ed esce nel 1973 per la casa discografica Vedette.

E’ un’interessantissima rilettura in chiave moderna della Divina Commedia dantesca, con l’inserimento dei personaggi tipici della società attuale nel contesto dell’inferno dantesco a gironi. Ritroviamo così lo strozzino, lo spacciatore di droga, il razzista, lo sfruttatore, i politicanti, tutti soggetti alle pesanti sanzioni, denunce dei mali della società, di cui la voce di Spitaleri è evocativamente portatrice, a tratti poetica a tratti super partes, quasi incarnata in quei meandri infernali.
Il lavoro di mellotron e tastiere è a dir poco fantastico, con fughe e incursioni degne dei migliori tastieristi italiani dell’epoca, e mai fini a se stesse. Curioso ascoltare nella breve strumentale “Fossa Dei Giganti” una ripresa per mellotron del tema degli inni nazionali americano e russo.
La sezione ritmica è molto efficace a confezionare il tutto, risultando compatta e solenne, specie in alcuni passaggi di basso.

Le prime due tracce “Introduzione” e “Selva Oscura” risaltano subito il sound della band, ed iniziano a trasportarci epicamente in quella bolgia: si passa per “La Porta Dell’Inferno” (“Lasciate ogni speranza o voi ch'entrate, anime dannate, al caldo e al gelo soffrirete!”) e grazie a “Caronte” ("Caronte demonio, occhi di fuoco nel buio") si giunge, attraverso i gironi, allo "Spacciatore Di Droga" (“le illusioni che tu davi non avrai”), al “Terremoto” che precede l’arrivo nel “Limbo”, ai “Lussuriosi” (“perversi ed invertiti, amanti proibiti, voi non ritornerete indietro mai!”), agli “Avari” (“Non ho mai pregato io, il mio denaro era il mio Dio”), ai “Violenti” (“Rosso scorre il sangue tra i sentieri dove è fragile la vita”), alle “Malebolge” (“Volti bianchi, sguardi assenti, occhi segnati dall'odio”), dove incontriamo gli “Sfruttatori” (“Con le mani da padrone hai sfruttato la mia gente, ma in un lago di sudore ora affondi lentamente”) e i “Razzisti” (“Uomini mascherati, setta di dannati, infissi a queste croci adesso voi bruciate!”), per poi varcare la “Fossa Dei Giganti” e vedersi apparire “Lucifero (Politicanti)” (“Signori presidenti, con la vostra politica avete tessuto ogni inganno e tradito l'ideale dell'uomo”). La “Conclusione” ("...e fu così che noi tornammo a riveder le stelle”) è breve e lisergica.

Nel complesso il prog delle Metamorfosi è molto originale, poco influenzato dall’ondata anglosassone se non in qualche emersoniana visione riscontrabile in alcuni momenti tastieristici, un po’ sulla scia delle Orme, un po’ sulla scia del Banco del Mutuo Soccorso. L’unica pecca di questo disco è che il tentativo di originalità a volte può ricadere nelle ingenuità, cosa comune a molti gruppi progressive italiani, ma con pochi ascolti imparerete ad apprezzarle.

Dopo questo "Inferno", il gruppo si scioglierà per riformarsi solo nel 1995, attorno alle figure di Olivieri e Spitaleri, e dopo varie apparizioni live giungerà, nel 2004, alla realizzazione di "Paradiso", secondo capitolo riguardante la Divina Commedia.

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