Il secolo scorso in particolare è ricco di storie drammatiche legate al colonialismo ed al post-colonialismo. Parliamo di eventi tragici e dove le responsabilità sono molteplici e sono state chiaramente amplificate poi a seconda dei contesti geopolitici internazionali. Oltre che dalla visione deviata dell'uomo bianco e la sua perversione e inadeguatezza nell'introdurre in maniera più o meno strumentale sistemi di vita "moderni" in contesti e civiltà oggettivamente impreparate e prive di alcuna cognizione relativa come affrontare queste novità. Mike Resnick, uno dei massimi autori della fantascienza contemporanea e grande studioso del colonialismo in particolare (conosce la realtà del continente africano direttamente ed è anche saggista) conclude la sua trilogia dedicata ("A Chronicle Of A Distant World") all'"Inferno" e più specificamente sul mondo di Faligor, dove il cartografo Arthur Cartright ottiene dal suo dipartimento la possibilità di instaurare una collaborazione con la popolazione indigena (i "giasoni", così chiamati per il loro caratteristico manto strato colore dell'oro) per la predisposizione di una piccola colonia agricola. Animato dalle migliori intenzioni e memore di drammatiche esperienze precedenti, Cartright sogna di fare di Faligor quello che definisce come un vero e proprio "diamante", ma ancora una volta l'uomo commetterà errori irreparabili e darà il via a una serie di eventi che porteranno a conseguenze tragiche.

Dopo una prima fase positiva, l'introduzione di scuole e università, medicine e ospedali e la diffusione di moderni sistemi di agricoltura e la scoperta di preziose miniere (sfruttate con l'ingaggio di manodopera qualificata, gli abitanti di un pianeta "sotterraneo", chiamati comunemente le "talpe") e chiaramente l'introduzione del sistema monetario, a seguito di pressioni interne, una spinta democratica e la volontà di entrare a pieno titolo a fare parte dei mondi della "Repubblica", vengono indette le prime elezioni e si instaura il primo governo planetario (in un mondo storicamente diviso in tribù in forte contrasto tra di loro), che presto degenera in corruzione e eccessi di personalismi e poi in una sanguinosa dittatura militare. Cartright, che vive sulla propria pelle ognuno degli avvenimenti, si convincerà ogni volta di potere porre rimedio ai suoi errori e ai suoi errori di valutazione, anche impegnandosi in prima persona e fino alla della sua esistenza in un pianeta oramai devastato e dove i pochi superstiti si ritroveranno a vivere in condizioni di estrema povertà e dopo avere smarrito nel giro di una sola generazione ogni identità e consapevolezza della propria natura, così come ogni vantaggio acquisito nella prima fase del contatto con gli uomini.

Chiaramente una ennesima prova straordinaria di Mike Resnick, la storia raccontata, più che le altre nei due capitoli precedenti, appare così "concreta", persino densa - per la sua ristrettezza temporale e perché così sanguinosa - da farci dimenticare che stiamo leggendo un'opera di fantascienza. Le situazioni raccontate richiamano avvenimenti tipici e che di sono verificati sistematicamente nell'Africa post-coloniale: la persecuzione delle "talpe", accusate di essersi arricchite in maniera complottista ai danni dei faligoriani, ai fini propagandistici e nella ricerca ossessiva di continui nemici da combattere, è solo una delle brillanti ricostruzioni dell'autore. Come non considerare del resto il perfetto ritratto di Idi Amin Dada ("L'ultimo Re di Scozia", che poi è anche un bellissimo film interpretato da un magnifico Forest Whitaker) nella sua versione faligoriana, il dittatore Gama Labu, gigantesco e potente, tanto quanto avido e spietato, dotato di una astuzia e un fascino magnetico che nel caso di Amin fu definito "contadino". Una astuzia che non corrisponde alla definizione di intelligenza, ma che è dovuta a innate capacità psicologiche e dettata da un magnetismo quasi ancestrale e che forse alla fine possedeva anche il personaggio più determinante quanto grossolano della pagina peggiore della nostra storia. Difficile fare una scelta, ma forse questo capitolo conclusivo è veramente la rappresentazione dell'inferno e idealmente nella sua stessa conclusione, vi possiamo riconoscere quella "miseria" della fine dell'esperienza del colonialismo e il suo lascito di devastazione e smarrimento che perdura ancora oggi in molte regioni del nostro pianeta.

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