Sono andato senza sapere nemmeno se sarei riuscito a tornare a casa, e ne è valsa la pena. Non so se avete presente Azzano X. E' un paesino in provincia di Pordenone, a pochi chilometri dal Veneto, circondato esclusivamente da campi di pannocchie e rare casette, servito unicamente da un pullman di una compagnia privata che fa su e giù da Pordenone a Portogruaro dalle sette di mattina alle sette di sera, domenica esclusa. Non avrei mai pensato di raggiungere questo posto così mal collegato se non fosse per il fatto di aver vinto due biglietti per il concerto del 9 luglio: Moby + A Certain Ratio. Così, io e un mio amico decidiamo di partire all'avventura, consapevoli del fatto che la domenica era stato indetto uno sciopero generale dei treni.

La Fiera della Musica è praticamente una mostra del disco/sagra organizzata all'interno di una specie polo multifunzionale per studenti. Poco dopo esserci sistemati centrali davanti al palco, parte il gruppo spalla i A Certain Ratio, un gruppo indie/post punk degli anni 80 che spazia dal jazz, al funky e all'elettronica psichedelica e sperimentale. Il gruppo purtroppo è costretto a improvvisare parecchie volte durante il concerto, siccome un paio di black out totali all'impianto lasciano il gruppo in versione acustica ad improvvisare dei pezzi di samba. Il gruppo suona per un'oretta e poi bisogna aspettare un bel po' prima di vedere Moby ed il suo gruppo sul palco.

Dopo innumerevoli soundcheck, si spengono le luci e attacca l'intro di God Moving Over the Face of the Waters e, in tutta la sua malinconica poesia fa entrare Moby ed i suoi musicisti, che partono con una versione house di It's Raining Again. Moby sul palco è poliedrico e professionale. Non si ferma un attimo, passa dalla chitarra, ai bonghi e alle tastiere con una velocità incredibile. Il gruppo che lo accompagna, composto quasi esclusivamente da elementi femminili (una violinista, una tastierista, una bassista e un'ottima cantante di nome Joy Malcolm che dimostra di avere una dinamica della voce ampissima) ma anche da un sosia del cantante come batterista. Il gruppo mescola e rivede i grandi classici di Moby come Honey, Why Does my Heart Feel so Bad, Porcelain, Honey, Disco Lies e Go in una forma continuativa che cerca di coinvolgere di più il pubblico puntando sull'aspetto live in una maniera molto diretta. Degna di nota è una buona versione di We Are All Made of Stars fatta in versione dance anni 70. Moby dimostra di essere un personaggio vitale sul palco, oltre che un buon chitarrista. Non rinuncia ai suoi passati da dj ai rave con una lunga jam session finale sulle note di Feeling so Real, suo cavallo di battaglia nei primi anni 90. Moby incita e ringrazia un pubblico abbastanza fermo, magari preparato ad uno spettacolo più ambient e che si scatena soltanto verso il finale, sul ritornello della hit Lift Me Up. Il musicista si dimostra anche un'ottimo rocker coverizzando la solita ma mai noiosa Whole Lotta Love in una versione che parte quasi blues per poi diventare epica. Un ottimo live fatto da un'ottimo spettacolo di luci e musica durato quasi due ore, vario e coinvolgente, che tralascia le sonorità quasi da colonna sonora degli ultimi album per regalare al pubblico un'ottima somma dei suoi più grandi successi.

In ogni caso non ci troviamo ancora sulle statali del Friuli. Per un colpo di fortuna siamo riusciti ad avere un passaggio fino a casa, per chi fosse ancora interessato a sapere che fine avessimo fatto. 

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