Dissonanze feroci aprono squarci di luce nella notte...
E illuminano, per un attimo, un attimo che si allarga all'infinito, la verità nuda e cruda.
Illuminano, si. Illuminano e scavano.
Scavano la terra santa della classicità folk/blues, quasi a volerne rivelare, una volta per tutte, la vera natura di malattia dell'anima.
Che quasi ti sembra di trovarti vis a vis con una specie di folle cabaret espressionista....
Con una messa in scena dall'intensità quasi insopportabile....
Con un pugno in faccia ben assestato al posto del solito soffio di eternità....
Che per quel che mi ricordo son queste queste le lande sonore del primo Nick Cave.
Le ho amate quelle lande, pur avendole frequentate pochissimo. Non si va volentieri a spasso per l'inferno.
Ma il mio ricordo è, credo, un po' confuso, e ha appigli (o approdi) più certi solo in alcune istantanee, che, pur essendo passati millenni, sono ancora ben vive nella memoria.
Penso al piano di “From her to eternity” e a quel suo prendere a calci l'anima...
Penso al Cohen estremo di “Avalanche”... la voce spiritata e baritonale... e i graffi sul muro di una rumoristica che è come il ribollire di una pentola
Penso alla annunciazione di Tupelo e alla leggenda salvifica del rock'n'roll.
Il tutto incredibilmente cupo, ma non raggelante come la wave aveva finito per essere- E proprio il ritorno al calore disperato del blues era la cosa avvicente.
Un esperienza in fondo simile a quella del capitano, senza nulla di caricaturale o parodistico però, che qui l'immersione/adesione è totale
Ma il mio Nick Cave è in “Kicking against the pricks”...e non importa se è solo una raccolta di cover...
Si, si, è questo il mio Nick Cave...
Che me lo ricordo ancora il balzo dalla sedia, a metà ottanta, quando ascoltai per la prima volta “Muddy Waters”, il brano che apre il disco.
Poche note di piano, una voce mai così bella, quei cori che pochi come i Bad Seeds sanno fare e un fantastico interludio da musichetta metafisica.
Niente più sabba...e il tutto meravigliosamente prosciugato...due passi nell'eterno...e un crooner, appena appena (appena, appena?) fuori di testa...
Anche se poi un pochino di sabba torna subito dopo, con il blues tutto angoli e spigoli di “I'm gonna kill my woman”, tutto pause e suspance....e sempre quella voce e sempre quei cori...
Oh dio, cosa si può fare del blues...
Che poi chi ha inventato gli angoli e gli spigoli?, Forse Thelonious Monk in una notte di luna piena, ma Thelonius Monk non c'entra un cazzo con Nick Cave.
Oppure c'entra qualcosa?
Ma le magie non finiscono qui...
E vanno da brani che virano verso un folk spiritato (e classico) che si concede solo vaghi accenni (diciamo quelli che servono) dell'espressionismo del passato....
A altre bizzarrie tipo canzonacce da marinai... o bignamini folkie declamati con devozionale rispetto, anche se sempre, sempre, sempre molto alla Cave....
Il Cave nuovo però, quello che parte esattamente da qui e che, per la prima volta, si avventura verso il regno delle ombre con il segno meno...
Togli, togli, togli...togli e ritogli...ovvero quella cosina cosuccia che si chiama essenzialità...
Che poi, sorpresa delle sorprese, oltre a traditionals e a classici del folk/blues, c'è pure il rock.
Canzoncine da niente come “Hey Joe” e “All tomorrow's parties”...
Con Hendrix restituito con un blues ipnotivo e marziale... e i Velvet...
I Velvet resi in un modo che mi mancan le parole...e allora vi rifilo, tanto per dir qualcosa una formuletta: epica malata e sferragliante (può andar bene?)
Ma c'è posto anche per lo zucchero filato...ed è forse questo alla fine il vero colpo di genio
Non male prendere una caramellina pop come “Something gotten's hold of my heart” e dopo averla succhiata e risucchiata restituirla esattamente come era prima.
Che poi, esattamente come era prima si fa per dire, Nick Cave non è Gene Pitney
E solo Nick Cave poteva portare lo zucchero filato nel regno delle ombre....
Carico i commenti... con calma