"In Utero" è l'ultimo album dei Nirvana, eppure Cobain disse che era come un ritorno alle origini...
Siamo nel 1993: i fasti commerciali di "Nevermind" hanno portato il gruppo ad assumere una popolarità mai vista per una band che veniva dall'ambiente alternativo. Ma dopo due anni, la speranza di Cobain, e cioè che la stessa popolarità, tanto maledetta, potesse almeno rafforzare la sua indipendenza artistica, diventa più concreta grazie anche ad un produttore come Steve Albini. In effetti, "In Utero" non è niente di ciò che potrebbe essere definito come seguito di "Nevermind".
L'album inizia già con una recusatio: "teenage angst has paid off well, now i'm bored and old..." ("La rabbia giovanile mi ha ben pagato, ora sono annoiato e vecchio"): in questo senso, dunque, traspare la volontà, da parte del gruppo, di lasciarsi alle spalle il carico di "Nevermind" per affrontare un nuovo discorso musicale. Se canzoni come "Smells Like Teen Spirit", "Come As You Are", "Territorial Pissings" erano diventati inni generazionali, considerati espressione di un sentire comune, in "In Utero", quasi programmaticamente, come si evince dal titolo, non troviamo niente di tutto questo. I brani dell'album, in modo inequivocabile, esprimono soprattutto sentimenti e stati d'animo personali, che mai potrebbero essere considerati a livello generale o applicati a fasce generazionali.
"In Utero" è l'album di Cobain, della sua vera rabbia, del suo vero dolore, ma anche del suo vero amore: per sua moglie ("Heart-Shaped Box") e per sua figlia, della sua tenacia nel difendere questo suo piccolo mondo d'affetti, troppo spesso offeso dai media e dalla gente comune ("Rape Me"). I pettegolezzi su di lui, il ruolo conferitogli dalla fama acquisita, quel ruolo di "portavoce" di una generazione che Cobain volle sempre rifiutare, lo avevano messo fortemente a disagio. Non si riconobbe mai in quel ruolo, anche perché non era nella sua natura. A detta di molti, Cobain era piuttosto silenzioso. Non amava mettersi in mostra. Tutto il rumore intorno alla sua persona, alla sua musica, gli dovettero sembrare come una tremenda contraddizione. Uno dei motivi del suo suicidio fu certamente questo, anche se mai potremo capire il senso di quel gesto. Cobain aveva tutto per vivere felice, eppure non lo era. "In Utero" in questo senso, può essere considerato come un drammatico campanello d'allarme di quello che sarebbe avvenuto pochi mesi dopo.
L'album è pieno di riferimenti alla questione "fama", anche se il tutto viene circonfuso da sottile quanto amara ironia. Il titolo che era stato scelto in origine era "I Hate Myself And I Want To Die", ma poi venne modificato: Cobain disse che la gente non lo avrebbe capito, in quanto sarebbe stato un titolo del tutto ironico: si sentiva già uno stereotipo del rock 'n roll, a cui, come nella tradizione, non doveva mancare una tragica morte per overdose. Evidentemente, l'unico modo per superare lo stereotipo gli sembrò aderire allo stereotipo stesso.... Il suo suicidio fu un gesto ironico in fondo, seppur tragico, e allo stesso tempo, l'unica via d'uscita, di catarsi, l'unico espediente capace di annullare ogni cosa, di riportare tutto ad una primeva situazione di purezza: quella appunto rievocata dal titolo scelto in definitiva.
Dal punto di vista musicale, il disco si configura come l'estremo sviluppo del grunge, un genere, forse mai esistito e quanto mai ancorato al suo periodo di gloria, ma allo stesso tempo ne rappresenta il suo superamento. Lo schema è sempre quello: i Nirvana sono un gruppo punk-rock di base, che fonda la sua originalità nel servirsi delle molteplici esperienze musicali che hanno caratterizzato la storia del rock. E questo vale anche per il disco in questione, ma non completamente. Con "In Utero" infatti, ci troviamo di fronte ad un nuovo rock la cui raffinatezza si fonda, in alcuni casi, sulla sua estrema semplicità ("Pennyroyal Tea", "Dumb", "All Apologies"), in altri sull'estremo senso di straniamento tradotto da alcuni brani come "Milk It", "Tourette's", "Radio Friendly Unit Shifter": tranquillità e straniamento dunque, quasi ad imitazione dei moti interiori dell'animo, espressi da una chitarra distorta, cupa, molto più vicina al basso e ormai già molto lontana dai cliché del punk-rock.
È già post-rock quello di "In Utero", il vero "denial" dei Nirvana, un disco che rinnegando i meccanismi che avevano portato in auge il grunge, pone fine al movimento stesso, cosa che diverrà poi definitiva con la morte di Cobain, la cui esperienza musicale e di vita è perfettamente sintetizzata nel disco: autenticità, purezza, voglia di vivere...come un feto nell'utero di sua madre.
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