Un fascinoso (non)luogo acustico senza alcuna netta collocazione audio-temporale: Hotel Tivoli. Quartetto proveniente dal trevigiano, Non Voglio Che Clara, manifesta la propria umbratile und melliflua compiuta opera d’esordio tramite la “Piccola ma curata etichetta Pop” Aiuola Records. Dal personale et spessamente più che sentimentale conciso e fugace (neppure 25 primi) audio-scrigno fuoriesce dirompente una elegante quanto significativa sobrietà scrittoria, accompagnata da una ragguardevole et raffinata magniloquenza musico-espressiva: doti pressoché rare (se non irrintracciabili) tra le nuove leve del quotidiano, troppo spesso vacuo, panorama pop cantautorale tricoloreggiante.
Interdiscono piacevolmente le sette tracc(i)e substanzianti l’alloggiante operina in quaestionem; tonalità vocali parecchio intimiste e appassionate/nti, vieppiù sussurrate quanto garbate, suono-atmosphere rarefatte, vellutate ed al contempo pregevolmente intense composte da eleganti e traslucidi tessuti permeati e fitti di soffici nonché soffusi, teneri ritmi: il lavoro strumentalmente si delinea e dipana mirabilmente tra sporadiche dosi di tenue quanto morigerato pianofortame, elegiache punteggiature fiatistiche nonché cordistiche, leggiadre chitarre (acustiche e non) e (scarsamente percosse) percussioni; il tutto dolcemente accarezzato, spesso anche solo sfiorato con perizia nonché parsimoniosa sonoro-intellighenzia: “Quello con la telecamera” (a dispetto del titolo non trascendentale) è uno dei brani più gradevoli sentiti in questo ambito da tempo immemore. Parrebbe quasi d’aver l’occasione di riassaporare e/o auscultare per la prima volta un classico e cantautorale “disco d’altri tempi” riaffiorato per caso da chissà quale polveroso et obnubilato baule soffitteo: i subliminali rimandi sono a tutta (la integerrima, of course) tradizione POP (non solo) nostrana: Mina - ripresa peraltro in uno dei suoi classici minori - Paoli, Tenco, del quale dichiarano un amore spassionato, und tutta la genìa illuminata del cantautorismo dei tempi che furono hanno significato più che qualcosa nella formazione artistica e scrittoria dei quattro suono-aggraziati Bellunesi.
Traggono linfa vitale da quanto sopra richiamato ma (e per fortuna) abilmente non giocano, tantomeno si limitano, allo sterile riciclo o ricalco pedissequo verso le proprie muse ispiratrici (si senta, in questo senso, la limpida e felpatamente jazz “Il Nastro Rosa” ): un vetero-affresco a tenui tinte (diciamo così) rivitalizzato (today) nella sua distinguibile raffinata formula espressiva. Oramai risalente alla prima metà del 2004, il “Tivoliano” debutto, aujourd’hui, può esser vagliato quale intrigante biglietto da visita per il nuovo intero lavoro, preannunziato per il prossimo mese di marzo 2006: nel (probabile) caso dovessero esser mantenute sulla lunga distanzia le stupefacenti premesse poste nel testè de-commentato succinto discherello potremo trovarci in prossimità di un insperato e davvero felice, intenso “fuori programma” nell’agonizzante pop-scene, Sanremo-devastata, nostrana. Vietato calpestare le aiuole (please).
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