In piedi sulla spalla dei giganti. Conoscendo i Gallagher, è superfluo sottolineare quali siano i giganti in questione (giganti a forma di scarafaggio, per intendersi).

Il disco più enigmatico e sofferto della loro carriera (l'ultimo interamente firmato Noel Gallagher ad eccezione della piano ballad "Little James", parto nemmeno troppo sofferto del fratello-coltello Liam), concepito in piena tempesta rinnovatrice (via "occhio a palla" Bonehead e Paul "Guigsy" Mc Guigan, dentro l'ex Heavy Stereo Gem Archer e Andy Bell dagli ottimi Ride) e praticamente suonato quasi per intero dal padre padrone Noel, questo "S.O.T.S.O.G." è l'album accolto più freddamente nella decennale carriera degli amati-odiati fratellini. Perché?

Beh, in parte ha pagato la smania di cambiamento del Gallagher maggiore (fu ridisegnato persino lo storico logo per mano del neoentrato Gem), in considerazione che le smash-hits nel disco non mancano di certo ("Go Let It Out" e la ballatona "Sunday Morning Call", entrambe entrate di diritto nel novero dei classici del combo mancuniano). Nel resto del lavoro, infatti, quasi nulle sono le concessioni al rock‘n roll fresco e sbarazzino dell'esordio-capolavoro "Definitely Maybe" (forse la sola "I Can See A Liar"- grezza, chitarrosa e dotata di un "Sex Pistols flavour" molto piacevole - ) o al british pop di classe di "(What's The Story) Morning Glory?", ma il tentativo è quello di riuscire a ricoprire i pezzi di una patina psichedelica che renda le composizioni meno immediate ma al contempo ugualmente ben fruibili ed assimilabili dopo non molti ascolti.

Esaustiva in tal senso "Who Feels Love?" (l'altro estratto), che incastra una linea vocale tipicamente Oasis su un tappeto sonoro dalla ritmica vagamente tribale; le sonorità sono allucinate, portate all'estrema dilatazione. Anche l'opener strumentale "Fuckin' In The Bushes" sorprende in maniera positiva, risultando una sorta di patchwork sonoro variegato e volutamente confusionario (puntuale è arrivato il pieno apprezzamento degli "amici di famiglia" Chemical Brothers).

Completano l'opera midtempo marchiati a fuoco Noel Gallagher (la stonerosesiana "Where Did It All Go Wrong?", che avrebbe dovuto dare il titolo al disco, o "Gas Panic!", che però "droga" il tutto con una sei corde pesante ed acida), la solita "cover non autorizzata" ("Put Yer Money Where Yer Mouth Is", riff pressoché identico alla doorsiana "Roadhouse Blues") ed il lentone di chiusura "Roll It Over", in cui Liam Gallagher mostra una versatilità vocale sorprendente.

Un lavoro di transizione dopo la batosta di successo dei primi tre lavori, che ha "riposizionato" gli Oasis su un binario differente dal precedente, ma sicuramente ancora piuttosto qualitativo.

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