Ci si aspettava l'ennesima opera d'arte da parte del quintetto svedese, e l'attesa dei fan è stata sicuramente ben ripagata. Per quanto mi riguarda è ancora difficile per me giudicare a pieno questo lavoro, il nono in studio per gli "Opeth". Bisogno sicuramente ascoltarlo e riascoltarlo molte volte soprattutto per una band come questa. Ma posso sicuramente dire che è un lavoro di straordinaria bellezza, ed è straordinario come un genio come "Mikael Akerfeldt" riesca sempre a tirar fuori dal cilindro cose sempre nuove ed innovative sia nel modo di suonare, sia nel modo di cantare e scrivere.

Sette traccie, per un totale di quasi un'ora di grande musica. Si inizia con "Coil". Canzone molto melodica, molto led zeppeliana e cantata con grande maestria sia da "Akerfeldt" sia dalla voce soave della cantante folk svedese "Nathalie Lorichs". Tre minuti bellissimi, che riascolterete senza mai stancarvi. Ma dopo la calma arriva il botto forte con "Heir Apparent". E' un pungo allo stomaco, bellissimo il riff iniziale raggiunto poi da quel growl di Mikael quasi diabolico. Tutta la song è cantata con voce growl ma ci sono anche intermezzi melodici in questo pezzo da quasi nove minuti. Passiamo alla terza traccia "The Lotus Heater". Dopo una traccia solo con voce clean e una solo con voce growl in questa traccia si alternano entrambe le voci, vero marchio di fabbrica di casa Opeth. Bello l'intermezzo intorno al minuto 5.50 in pieno stile "Jehtro Tull". Con l'ascolto della canzone successiva "Burden" si capisce quanto sia importante ed essenziale il Progressive per "Mikael". Bellissima questa song, chitarre molto melodiche con un Per Wiberg che finalmente si fa sentire con un bell'assolo di tastiera in pieno stile Progressive anni 70. Finalmente arriviamo al primo singolo estratto dall'album registrato anche in un video all'interno del Bogesund castle a Waxholm in Svezia. Anche qui nulla da dire, si riconoscono perfettamente gli Opeth caratterizzati da tutti gli elementi che li hanno resi famosi. Armonia, oscurità, melodia bravura tecnica da parte di tutti i componenti della band. "Hessian Peel". Mamma mia che canzone, la più lunga dell'album con i suoi 11.26 minuti una delle più belle canzoni scritte dagli Opeth, non aggiungo altro. Terminiamo l'album in bellezza con "Hex Omega", bellissimo il riff iniziale come così tutto il resto della canzone. tastiere cupe e sempre presenti come in tutte le song di questo lavoro e un cantato sempre diverso e splendido quello di Mikael aiutato anche da Per Wiberg.

C'era molto attesa per questo disco, per vari motivi; innanzitutto per il fatto che era il primo album registrato da Martin "Axe" Axenrot e da Fredrik Akesson che deve ricoprire un vuoto incolmabile lasciato da Peter Lindgren, e lo stesso per "Axe". Complimenti a tutti cinque i musicisti, sono rimasto molto colpito dal nuovo chitarrista che mi piace molto devo dire, e anche da Martin Axenrot che è cresciuto notevolmente, veramente un gran bel lavoro fatto dai due nuovi membri. Per Wiberg cresce da album in album ed è una crescita continua dal suonare al cantare. Su Martin Mendez c'è poco da dire, è un gran musicista che accompagna sempre molto correttamente ora la chitarra ora la batteria. Di Mikael non devo dire nulla. straordinario come sempre, dallo scrivere, al cantare e al suonare in maniera divina. Un complimento va anche alla Roadrunner Records, capace come è stato anche nel caso di "Ghost Reveries" di fare una pubblicità all'album e al gruppo perfetta, partendo dal fatto che è gia disponibile scaricare gratuitamente l'mp3 di "The Lotus Heater" e dal fatto che gli Opeth hanno già fatto due video su due album da quando sono alla Roadrunner. Copertina come sempre infinitamente bella, disegnata come sempre da "Still Life" a oggi da quell'artista di "Travis Smith".

Il mio voto è 5. Gli Opeth ritornano sui loro passi come era stato per "Ghost Reveries". Non per forza bisogna esserci un cambiamento radicale per far sì che un album sia bello. "Damnation" è stato una bellissima variazione nella stilistica Opeth, ma se continuano a suonare come hanno sempre fatto non sono sicuramente da condannare. Nove album, mai un passo falso di questa band che non ha mai sbagliato un colpo e anche questa volte gli Opeth hanno vinto.

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