'H3+' è la molecola più presente nell'universo: il catione idrogenonio. È una particella instabile ma non riesce a legarsi perché è isolata nel vuoto spaziale. Una dimensione in cui Paolo Benvegnù ha dovuto lanciarsi, prima di essere riportato a terra dai suoi colleghi musicisti (Luca Baldini, Ciro Fiorucci, Andrea Franchi, Marco Lazzeri, Michele Pazzaglia e la collaborazione eccezionale di Steven Brown), e uno stato da cui è voluto concettualmente partire nella composizione del terzo capitolo della 'trilogia dell'H' dopo 'Hermann' (2012) e 'Earth Hotel' (2014).

Se 'Hermann' si snodava sul tema centrale dell'uomo e della sua storia e della sua evoluzione intorno a cui si muove un mondo fatto di immagini, intuizioni letterarie e fantasia concreta; se 'Earth Hotel' era una riflessione profonda sull'amore e i luoghi in cui esso si espande e si consuma e i viaggi che ne acuiscono la distanza o la riducono, i tempi brevi o lunghissimi che ne scandiscono i ritmi, 'H3+' (Woodworm) è dedicato alla perdita, all'abbandono e alla rinascita, dove la 'grazia' costituisce la molecola alla base della vita e quella che riempie gli spazi tra le emozioni, conservando la memoria di quelli che siamo stati e quello che saremo.

Il risultato è un disco capolavoro (ennesimo) e nel quale sono combinate visioni concettuali e filosofiche importanti con una scrittura che non conosce pari a livello internazionale con degli arrangiamenti che sono carichi di quella già richiamata grazia e bellezza emozionale. Tra rimandi ai suoi storici maestri come David Sylvian ('Victor Neuer', 'Boxes', Quattrocentoquattromila') e a una certa wave sperimentale ('Slow Parsec Slow', 'Goodbye Planet Earth') il disco si sofferma sui principi della meccanica ('Macchine') prima di aprirsi del tutto in quelle che sono canzoni di una bellezza indescrivibile: 'Olovisione in parte terza', 'Se questo sono io', 'Astrobar Sinatra', 'No Drink No Food'.

Benvegnù scrive sostanzialmente sempre lo stesso album sin dai tempi di 'Rosemary Plexiglass', una specie di film in continuum con la vita. 'Hermann' per la sua stessa natura richiedeva di restare attaccati al nostro pianeta, 'Earth Hotel' considerava comunque la Terra come la sua ambientazione ideale e una specie di spazio chiuso. Questa volta invece è stato necessario staccarsi dalla Terra e raccontare il viaggio del suo alter-ego, Victor Neuer, esploratore nell'ignoto spazio profondo di Werner Herzog e che dopo averlo raggiunto al termine di un viaggio tanto avventuroso e di una esplorazione interiore che Paolo ha voluto definire 'salgariana', spinto da quel sentimento che chiamiamo 'nostalgia' si compie con un ritorno ideale a casa con una nuova consapevolezza e con la quale guardiamo a quello che ci circonda con occhi nuovi e la convinzione che tutto quello di cui abbiamo bisogno è già attorno a noi.

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