Vogliate scusarmi innanzitutto per la ripetizione, mi scusi in particolare Suarez degnissimo autore della precedente recensione, ma rivivere quest'album mi fa sempre vibrare di risate e di emozioni particolari, e così, dopo un prolungato ascolto, ho scritto nella speranza di integrare con mie parole le informazioni e un commento già esistenti. Chiedo venia.

L'omonimo secondo album di Paolo Conte è opera assai sbalorditiva, sgraziata e acida, un turbine, un universo certamente da esplorare. L'avvocato di Asti nel 1975 era ancora fradicio di una dissacrante ironia forense e non arrossiva, né si risparmiava critiche per ogni cantone, era lontano dall'artista compito e rigoroso che si presenta sui palchi, davanti a noi, oggi. Niente piani a coda lunga e neri, niente smoking, niente serate di fasto, solo un sonnacchioso sornione che non mancava di mettere a nudo  il mondo "triste" dell'avvocatura, della società bene come di quella miseranda e provinciale, di tracciare profili di donne su cui si potrebbero spendere ora pagine intere. Proprio con un ritratto di femminilità tutta contiana muove i primi passi quest'istrionica carrellata di immagini all'italiana, in tutta la loro coloritura e goffaggine post-bellica. "Avanti Bionda" è una realistica marcetta che dipinge l'avvilimento, nei lontani anni '50, di certi rapporti tra uomo e donna. Segue, "Chi Siamo Noi?" canzonetta nella quale si ritrova già un'apertura di sogno verso le fertili e vergini terre d'oltreoceano, a quel SudAmerica che nella carriera dell'avvocato tornerà con incantata e ironica solerzia. Al bigio e uggioso umore del Piemonte venivano così contrapposte immaginifiche visioni…

Era già così quando Bastian Caboto andava in pieno mare
intorno a lui la curiosità spalancava allora in un sospiro
il suo ventaglio di meraviglie americane
e si calmava in una rumba senza fine… 

Si prosegue con il cinico secondo capitolo della saga del mocambo, "La Ricostruzione del Mocambo", sempre ricco di tinte tristi e una compagna dagli accenti teutonici, bella metonimia a rappresentare, ancora una volta, l'incomunicabilità di genere di quegli anni e con probabilità anche attuale. "La Topolino Amaranto", è capitolo che corre velocissimo all'inseguimento di un intricato giro di basso. Splendida perla di sintesi descrittiva, visuale su una domenica pomeriggio di paese, dove l'auto fungeva da porta verso un sogno immediatamente fruibile, verso l'istantanea felicità. … se le lasci sciolta un po' la briglia mi sembra un'Aprilia rivali non ha! Poi ancora "Pittori della Domenica" dedica di Conte alla sua seconda grande passione, l'arte pittorica, guardata con quell'auto ironia tormentosa, espressa tramite un uso disagiato e barbuglioso della voce. "Naufragio a Milano" è invece omaggio dell'Avvocato alla lingua napoletana, che rincontrerà poi, lungo la carriera, anche in tempi a noi prossimi. A "Genova per Noi" andrebbe dedicata una singola recensione. Uno dei ritratti più arguti e puntuali che Conte fece dei cugini liguri, che nella loro selvatichezza e ombrosità finivano per somigliare e comprendere i vicini parenti piemontesi, gli uomini chiusi dell'entroterra; dove però - l'astigiano non ha mai mancato di sottolineare - le sere d'estate, come seducente e irresistibile richiamo, si può sentire l'odore del mare. .

Eppur parenti siamo un po' di quella gente che c'è là
che come noi è forse un po' selvatica
ma la paura che ci fa quel mare scuro
che si muove anche di notte e non sta fermo mai…
Lasciaci tornare ai nostri temporali
in un'immobile campagna con la pioggia che ci bagna
i gamberoni rossi sono un sogno
il sole è un lampo giallo al parabrise…

Che in mezzo a tanta truce e beffarda ironia ci fosse uno squarcio di rosa, di romantico, di poesia, inaspettato, non ce lo si poteva certo immaginare, almeno sino ai primi versi di "Luna di Marmellata". Qui troviamo un Conte a noi più vicino, il pianismo egregio, lo chansonnier garbato, l'artigiano che si fa, per qualche istante di sublime poesia, un poco artista…

Ti prepari ad abitare questa stanza come fosse
 una casa e io che aspetto
mentre metti nei cassetti la tua roba e anche la mia
 e al di là della finestra c'è una luna strepitosa 
che ci guarda con tristezza…
luna di marmellata per noi due

La voce rimane sempre triste e tristi sono i paesaggi evocati, triste è la tematica dell'immigrazione, trattata però con grande sensibilità ed intensità, in mezzo a questo nugolo di serpida ironia. Il punto più alto del cinismo contiano giunge solo all'approssimarsi della fine. La decima traccia del disco è una impietosa descrizione di uno di quei conviti di classe o di partito, di leva o di albo. Ecco per voi l'imperdibile e graffiante descrizione di una generazione, di un'epoca, che risuona con così bella attualità in una infinita marea di riunioni e situazioni...

Ci sono certi nodi di cravatta
che dietro c'è la mano di una moglie
ma dietro ad ogni moglie c'è una amante senza mutande
Nel gruppo manca mai qualche avvocato
a lui tocca di fare il bel discorso
la faccia sua collerica si accende e ci confonde…
Ma come parla bene, e poi ci spiega
-di ferro è questa classe - battimani -
ma uno con la testa fra le mani lo guarda fisso, senza una piega

La facce rosse rosse, ormai si canta
a squarciagola senza intonazione
nessuno sentirà chi si è perduto in mezzo al brindisi gridando aiuto
Ma poi c'è sempre uno che si apparta
si mette a scorreggiare e tira avanti
del resto da tre ore siamo a Sparta, e siamo in tanti…

Se mi toccasse d'incarnare, rendere in natura e materia il concetto di Ironia, lo farei tramite questa piccola e sagace opera. Un pamphlet, un libretto infamante e allo stesso tempo appassionato della vita di provincia, con i suoi altari e altarini, tratti di vita degni di nota e talora indegni di vita, donne incomprensibili, auto e immagini da sogno; un vinile sorretto per l'occasione da un set di musicisti unici, di grande caratura (Nando Francia e Danilo Penone per citare i più illustri).

Il primo Conte, a chi ne è digiuno, può fare un certo effetto, può fare addirittura paura, può orripilare, sghembo e deforme, ad un primo ascolto. Con il tempo questo lavoro disvela al contrario un'inseparabile miscela di note e parole, di satira e poesia, pone salde radici su cui poggerà la successiva poetica contiana, serba molti eloquenti tratti della futura opera dell'Avvocato del Jazz. Può far ridere e può far piangere e, come i lavori più appassionati, far ridiscutere i confini dell'Arte.

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