La danza macabra di un abituale fumatore d'oppio è un viaggio ad alto tasso allucinogeno dentro paesaggi sonori alterati e malatamente disturbati, da individuare (se preferite) tra i vicoli di una Londra di squartatori, puttane e pendagli da forca. E abissi psichedelici da Horror Movie d'ambientazione vittoriana si apriranno a voi, che sprofondando lascerete ogni speranza.

Paul Roland - qualunque fonte vi capiterà di consultare, non troverete mai una definizione univoca su quest'uomo. Cantautore? Scrittore? Esperto di esoterismo ed occultismo? Ricercatore del paranormale? Di sicuro, uno in possesso di un'immaginazione che fa spavento, uno con una mente da studiare ben bene, magari a partire dai mostri (in tutti i sensi) che questa mente ha partorito negli anni. La sua arte è una remota periferia del rock ancora sconosciuta per la maggior parte, qualcosa che definire "gothic rock" sarebbe fin troppo riduttivo. 

Ci provo con le parole degli altri. Uno come Robyn Hitchcock (badate bene) diceva che se Kate Bush fosse nata uomo, sarebbe nata Paul Roland. Banale allusione? Entrambi legati all'occultismo e alla magia, certo. Ma c'è di più. I due sono nati e cresciuti a pochi chilometri di distanza, laggiù nel Kent, sulla Manica, e forse la casa natale di Paul somigliava a quella in cui la giovanissima principessa si sedeva al piano e, tasto dopo tasto, modellava con certosina passione una bellezza rivelatasi al mondo nel 1978. Nel 1978, invece, Paul Roland era ancora un signor nessuno, se non per (pochi) addetti ai lavori. Appena qualche singolo per sconosciute labels londinesi, il Punk e la New Wave imperanti guardati da un angoletto in disparte - senza farsi notare. Anche perché, tanto per complicare le cose, amava nascondersi dietro denominazioni tipo "Weird Strings" e "Midnight Rags", con pochi anonimi collaboratori a dar vita al suo primo LP - "The Werewolf Of London", 1980, per la Ace, oggi cimelio per collezionisti. Poi un silenzio di qualche anno, singoli sparpagliati e collaborazioni di studio in cui è difficile mettere ordine, e un lavoro che si rivolge soprattutto alle colonne sonore. Nel 1985, il ritorno. Che poi, è l'inizio del Roland che più conta.

A sgomitare in quell'underground neo-psichedelico dagli incerti confini c'erano personaggi diversissimi, tutti o quasi accomunati dall'immagine sfuggente ed enigmatica che li rappresentava. Gli Egyptians hitchcockiani, quel Nick Saloman che stava dietro al progetto "The Bevis Frond", c'erano i floreali e beatlesiani Dukes Of Statosphear di Mastro Partridge, c'era un Julian Cope che dopo gli Explodes ne aveva già fatta, di strada. E a parte, dentro una stanza scura di cui era solitario inquilino, c'era Paul. Che nel 1987 scrive, esegue e incide (per la Bam Caruso) questo paranoico sotterraneo capolavoro di art-rock ottantiano. Anche se non è tutta farina del suo sacco, perché poi scorrete la tracklist e incontrate, fra l'altro, una "Matilda Mother" quasi a tempo di valzer, al cui comparire s'accende la lampadina: si, è il tributo al Maestro di uno fra i più barrettiani del decennio, la classica ciliegina in un disco di cui si può dire "ma in fondo bastavano gli originali, non c'era bisogno d'altro". E invece serviva il sigillo, quel necessario richiamo al pifferaio di vent'anni prima, perché questi solchi diventassero indimenticabili.

Torbido, visionario, morboso, stregato da Walpole e Poe, folgorato da Lord Byron, ossessionato dalle elegie cimiteriali. Col modello di Roy Harper sempre presente. Il Roland di "Danse Macabre" è un alchimista capace di fondere assieme tutti gli elementi indispensabili al progetto, l'architetto sublime di un equilibrio che somiglia a un perfetto castello di carte, sempre in procinto di cadere ma mirabilmente in piedi. E' un folk per chitarra e organetti striduli, aperture tastieristiche maestose e ululati di acidissime chitarre elettriche; "progressivo" nell'ispirazione, decisamente DARK e New Wave negli esiti - MOLTO "liverpooliana" l'ossessività di alcuni momenti, a richiamare non casualmente Echo & The Bunnymen. Ballate acide, strane marcette alla "Madame Guillotine" (occhio, occhio ai testi - a cui sarebbe da dedicare una recensione a parte), le movenze insolitamente vellutate di "Still Falls The Snow" e quella "Gabrielle" che è quanto di più vicino a una "Hit" (!!!) il Roland abbia mai prodotto - meraviglioso l'assolo d'organo. E fra una balalaika e un violoncello, fra storie di bucanieri e caccia alle streghe, vi capiterà di imbattervi nei quasi sei minuti di "In The Opium Den" - e qui, sopra suoni di un altro mondo, i fantasmi potranno manifestarsi in tutta la loro evidenza - a proposito, Roland ha una sua teoria sull'esistenza degli spiriti vaganti... su cui ha scritto un intero libro.

Barrettiani, dark-wavers, psichedelòmani in genere: ecco un gioiello raro per voi.

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