Bene, mi accingo a scrivere la recensione su un album di un artista molto famoso in ambito musicale, un artista di fama internazionale, un cantante e showman che ha regalato emozioni a più di una generazione, attraverso quattro decenni. Di chi sto parlando? Sto parlando di Peter Gabriel, artista affermatosi nei primi anni '70 grazie al suo ruolo di leader nella progressive rock band che conoscete tutti, i Genesis, e grande interprete di canzoni più orecchiabili negli anni successivi, dal 1976 in poi. In 40 anni, il nostro Peter si è guadagnato la fama mondiale grazie a molti album da solista di grande successo commerciale e di elevato impatto artistico.

Dopo aver lasciato i Genesis, nel 1975, Peter pubblica il suo primo album di inediti. Tale lavoro non ha un titolo ben preciso  e per comodità gli venne dato nome "Peter Gabriel", anche se a volte viene chiamato "Car" o "Rain" a causa della copertina nella quale il cantante è seduto all'interno di una macchina bagnata dalla pioggia. Il veicolo appartiene a Storm Thorgerson, direttore dello studio di grafica Hipgnosis. Il compito di progettare la copertina per l'album è affidata proprio a Storm Thorgerson che già aveva disegnato covers per artisti del calibro dei Pink Floyd. Il ruolo di produttore per il disco viene affidato a Bob Ezrin, attore e cantante, che anni dopo collaborerà per l'album The wall dei Pink Floyd e il relativo film. Non scordiamoci della collaborazione di Bob Ezrin agli ultimi lavori dei Pink Floyd ("A Momentary Lapse of the Reason" - 1987).

Uscito sotto etichetta Charisma, l'album presenta 9 tracce. La prima canzone del lato A si intitola "Moribund the Burgermeister", un bel pezzo rock a cui segue uno dei pezzi più amati dell'artista, "Solsbury Hill", bel brano dall'atmosfera goliardica che presenta un testo nel quale Peter Gabriel riflette sulla sua scelta di lasciare i Genesis. "Modern Love" è un bel brano, uscito anche come singolo, nonostante non sia stato non molto fortunato in ambito commerciale. In questo brano si sente molto la chitarra elettrica di Robert Fripp, chitarrista e leader dei King Crimson, progressive band militante dal lontano 1969 (l'anno di "In the Court of the Crimson King") in poi. "Excuse Me" è un pezzo, scritto da Peter Gabriel in collaborazione con Martin Hall, scanzonato e divertente. La seguente "Humdrum" è una composizione molto struggente, nella quale Peter sfoggia la sua abilità di poeta. "Slowburn", canzone che apre il lato B, ci riporta ai vecchi Genesis, i nostri cari vecchi Genesis che tanto ci hanno emozionato e ci emozionano con la loro musica epica e progressiva, dai molteplici cambi di tempo. Il brano che segue, "Waiting for the Big One", è un bel blues in cui prevale il pianoforte in un piacevole ragtime; la voce di Peter è molto dolce e nel testo egli ci mostra un pover'uomo che, mentre beve litri e litri di birra al bar, aspetta l'anno nuovo, la svolta nella sua vita. Il pezzo che segue, "Down the Dolce Vita", è introdotto dalle trombe e dal caro amato organo che tanto caratterizzò l'era progressive dei Genesis. Il pezzo forte arriva con l'ultima canzone dell'album, "Here Comes the Flood", un pezzo struggente che esplode nel ritornello con un coro imponente e spiazzante, che lascia senza fiato l'ascoltatore. "Qui arriva il diluvio" ... possiamo dire pure addio alla carne e  al sangue ... l'Apocalisse è ormai giunta, la fine del mondo, quell'evento tanto temuto, tanto terribile, che pone fine  all'umanità. Eppure questa fine del mondo è vista come un modo per liberarsi del corpo, dei vizi terreni, dei  peccati.

E con questo pezzo da novanta si chiude il primo album di Peter Gabriel, grande artista che ci ha dato emozioni e certo ce ne darà, con un nuovo album se Dio vuole: non sarà certamente bello come quelli dei bei tempi andati, ma apprezzabile.

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